COSENZA Nuova udienza celebrata dinanzi al Collegio giudicante del Tribunale di Cosenza del processo scaturito dall’inchiesta denominata “Overture” (LEGGI QUI). Il procedimento mira a far luce sulle presunte estorsioni, danneggiamenti, intimidazioni e reati contro la persona ed il patrimonio commessi nel capoluogo bruzio e nei comuni limitrofi. La mala cosentina – secondo gli investigatori – aveva messo le mani sui lavori di ampliamento dell’Ospedale “Annunziata”, sugli interventi di ammodernamento del sistema di illuminazione del campus universitario Unical di Rende e sulle opere di restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila, attraverso una intensa attività estorsiva nei confronti delle imprese assegnatarie dei lavori. Attività peculiari della storica cosca di ‘ndrangheta “Perna-Pranno” sgominata all’alba del 25 gennaio 2020 proprio grazie all’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Cosenza e coordinata dal Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che portò al fermo di 21 persone. Gli investigatori documentarono i tentativi di “riorganizzare” la cosca sul territorio cosentino. E per farlo, tutti furono concordi nella necessità di mostrare i muscoli ed imporre il rigido controllo del territorio anche attraverso l’esecuzione di furti compiuti ai danni di esercenti commerciali della zona.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Alfredo Ferraro, lo scorso 3 maggio aveva deciso il rinvio a giudizio tutti gli indagati che avevano scelto il rito ordinario: Alfonsino Falbo, Massimo Imbrogno, Massimo Fortino, Vincenzo Laurato, Giuseppina Carbone, Gianfranco Fusaro, Giulio Salvatore Oliverio, Attilio Pate, Riccardo Gaglianese, Manuel Forte, Egidio Cipolla, Cesare Quarta, William Castiglia, Antonio Lucà, Vittorio Imbrogno, Dimitri Bruno, Gaetano Bartone, Francesco Amendola, Gianluca Stocchetti, Gianfranco Sganga, Pietro Mazzei, Ottavio Mignolo, Carmine Lio, Luca Imbrogno, Umberto Mazzei, Silvio Donato, Alfredo Fusaro, Mario Esposito, Alessandro Esposito, Francesco Le Piane e Claudio Altomare. Il rito abbreviato è stato scelto invece dall’ex collaboratore di giustizia Alberto Novello, Sergio Raimondo ed Emanuele Apuzzo.
Chiamato a testimoniare, nell’odierna udienza, il collaboratore di giustizia Giuseppe Zaffonte (in collegamento dal sito protetto) ha risposto alle domande del Pm e degli avvocati difensori. Zaffonte si è pentito nel mese di febbraio del 2020, prima faceva parte del gruppo Lanzino ed era legato ai fratelli Di Puppo. Nel sodalizio criminale, si occupava di spaccio di droga ed estorsioni ma in passato era finito in carcere per rapina. «Su Rende mi occupavo dello spaccio, a Cosenza c’erano altri gruppi: Porcaro, Scanga, Perna, gli Zingari, i Banana e Piromalli. Noi smerciavano la droga e la prendevamo da uno di Paola». Il Pubblico ministero chiede a Zaffonte di raccontare quanto a sua conoscenza in merito alla figura di Riccardo Gaglianese, imputato nel procedimento e difeso dall’avvocato Antonio Quintieri. «Mi dissero che era stato battezzato in carcere e spacciava marijuana e fumo. Ho saputo del battesimo da un’altra persona», confessa il pentito che aggiunge: «L’ho conosciuto meglio in carcere anche se eravamo in due padiglioni differenti e prima non avevamo rapporti». Di Gaglianese però Zaffonte ricorda un particolare. «Mi ha chiesto della cocaina perché erano rimasto senza, era il 2015. Da me venne il cognato, Vittorio Pino, che conosco da tempo». Per approfondire l’episodio l’avvocato Quintieri dopo aver formulato una serie di domande a Zaffonte, ha richiesto l’escussione di Vittorio Pino e di tale Marco D’Alessandro altra figura comparsa nei racconti del pentito.
«Della droga non ne ho mai voluto sapere, non facevo mai domande». Luciano Impieri esordisce così nel corso della sua testimonianza resa nel corso dell’odierna udienza. Collabora con la giustizia dal 2018, dopo essersi allontanato dal gruppo Rango-Zingari all’interno del quale si occupava di estorsioni. «Della droga, invece, si occupava Ettore Sottile e degli altri gruppi attivi «ricordo Alfonsino Falbo che mi è stato presentato nel 2013 quando sono uscito dal carcere da Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti». «Falbo – aggiunge – stava sempre con noi, ma faceva parte del gruppo Perna-Pranno e spacciava per conto suo». Impieri nel 2014 decide di lasciare il gruppo a cui apparteneva, Rango-Zingari, «perché non ne potevo più». Qualche anno dopo verrà arrestato prima della decisione di collaborare con la giustizia. Su Riccardo Gaglianese, Impieri sa poco o nulla: «non ho mai visto cedergli delle partite di droga, sapevo che lo faceva perché a dirmelo è stato Daniele Lamanna che gli ha venduto anche una macchina, una Panda». Alla domanda se vedesse spesso Gaglianese, Impieri risponde: «Lo vedevamo in un bar a Cosenza e parlavamo. Ma niente di più».
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