LAMEZIA TERME Fece scalpore, a settembre 2016, il matrimonio con tanto di giro in elicottero e atterraggio nella piazza centrale di Nicotera. Ne parlarono tutti i giornali sottolineando i particolari di quella cerimonia con le transenne poste per permettere le manovre del velivolo nel centro storico del paesino vibonese. Quello che allora non si sapeva era il fatto che i carabinieri del Ros e la Dda di Catanzaro stessero monitorando le fasi prodromiche dell’evento e seguendo i preparativi del matrimonio che, secondo l’accusa, nascondevano il lato oscuro di tutta la vicenda, cristallizzato oggi in tre capi di imputazione per estorsione contestati a vario titolo – nel maxiprocesso Rinascita Scott – a Pasquale Gallone (già condannato in abbreviato a 20 anni di reclusione), all’imprenditore Mario Artusa e a Francesco Tomeo.
Qualche tempo prima della cerimonia che ha unito in matrimonio Antonio, nipote di Pasquale Gallone, e Aurora, figlia di Vincenzo Spasari (anche lui imputato nel processo), il 28 giugno 2016, i carabinieri del Ros hanno intercettato un incontro a casa di Gallone, ritenuto il braccio destro del boss Luigi Mancuso. Sono presenti – spiega il tenente colonnello Giovanni Migliavacca, comandante del reparto anticrimine del Ros di Catanzaro – oltre al padrone di casa, Giovanni Rizzo, nipote di Gallone, Mario Artusa e Antonio Lopez Y Rojo, rappresentante ed amministratore di una società di catering. Lopez in questo processo appare sia come vittima di estorsione – nella vicenda che vedremo – che come imputato. È, infatti, accusato di turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione.
Il 28 giugno 2016, Lopez e Artusa arrivano insieme a casa di Gallone. È lo stesso Mario Artusa che gli dà appuntamento con un sms per partire da Vibo alla volta di Nicotera.
Dopo qualche minuto Artusa e Rizzo si allontanano per lasciare soli Gallone e Lopez. «Parliamo di questo matrimonio – esordisce Gallone – so che è venuto mio nipote per il matrimonio».
Per il matrimonio con tanto di giro in elicottero e piazza a disposizione di sposi e invitati lo zio tira sul prezzo: «Vedete quello che potete fare, che ci fate qualcosa di particolare… un prezzicello, per poter far fare questo matrimonio, per aiutarlo, che gli diamo una mano per aiutarlo, lui mi ha detto 115», dice Gallone riferendosi alle indicazioni sul prezzo già formulate da Tomeo.
Pasquale Gallone tira fuori il fatto che il nipote «non si trova in buone acque» perché sta facendo la casa, ma poi aggiunge un sibillino: «Vedete che ci teniamo assai, assai, assai… sia a lui, sia lo zio». L’uomo parla al plurale e si riferisce anche a “lo zio”, come convenzionalmente viene chiamato il boss Luigi Mancuso. Lopez assicura che il catering lo avrebbe gestito lui e che la qualità, nonostante lo sconto, non sarebbe scesa.
Archiviato il discorso sullo sconto, Gallone apre un altro capitolo, partendo sempre in tono minore – «Poi… io vi volevo dire un’altra cosa… dato che… noi, non pretendiamo nulla, non siamo persone che andiamo cercando, che andiamo facendo…» – ma che nella sostanza va a parare, secondo l’accusa, in una richiesta di estorsione: «Se c’era la possibilità, ogni anno, se volete fare un pensiero, per noi, se ce lo volete cacciare un pensiero… se è possibile, se non è possibile, nessuno vi dice qualcosa… oppure ci favorite, per dire… su qualche matrimonio, su qualche… regolatevi voi… un fiore… se è possibile, ce lo date, se non è possibile, nessuno… vedete voi quello che… potete fare… noi, vogliamo restare amici… qui ci sono sempre amici», laddove il “fiore” convenzionalmente, spiega Migliavacca, è il sinonimo di estorsione. Lopez quasi non parla si limita ad annuire: «Assolutamente, certo».
Gallone prosegue: «Di qualsiasi cosa avete bisogno, vi possiamo favorire su altre cose. Per dire, già sul liquore, se voi dite che vi interessa il liquore noi ci facciamo fare un prezzo e magari sopra a quello là, per dire…». «State tranquillo», risponde Lopez.
Non pago dello sconto e della richiesta di un “fiore”, Gallone ne approfitta per chiedere a Lopez di rifornirsi di frutta per i suoi catering da Scrugli, ovvero da Antonio Scrugli considerato dall’accusa colluso con la famiglia Mancuso e reale intestatario della ditta “Naturella Frutta”. Della questione della frutta, spiega il comandante Migliavacca, la cosca ne aveva già parlato il giorno precedente nel corso di un incontro al Cin Cin bar di Vibo tra Gianfranco Ferrante, imprenditore, reale gestore del bar e considerato vicino alla cosca Mancuso, Mario Artusa e Pasquale Gallone. Artusa spiega che Lopez ha un buon giro d’affari e che fa molti matrimoni. A questo punto Ferrante si accerta che la frutta la prenda da chi dicono loro. Il matrimonio che ha fatto scalpore inizia da qui: da richieste di sconti, di mazzette, imposizioni su dove comprare la frutta. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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