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«Quirinale, Amato ottima “riserva della Repubblica”»

Secondo un’antica tradizione – più scaramantica che nobile – alla carica di Presidente della Repubblica non ci si candida, ma in virtù di alchimie, equilibri, veti contrapposti, accordi e, talvolt…

Pubblicato il: 16/01/2022 – 10:26
di Saverio F. Regasto

Secondo un’antica tradizione – più scaramantica che nobile – alla carica di Presidente della Repubblica non ci si candida, ma in virtù di alchimie, equilibri, veti contrapposti, accordi e, talvolta, pressioni esterne (si pensi all’elezione di Scalfaro o, anche, a quella quasi unanime di Cossiga e Ciampi) finiscono per convergere (e far convergere) le elettrici e gli elettori, spesso senza disciplina di partito o di gruppo, su una personalità, politica o tecnica, che incontra il maggior consenso (o il minor dissenso).
La recente storia delle elezioni quirinalizie (non diversamente da quelle che si celebrano a qualche centinaio di metri di distanza, nella Cappella Sistina, nelle quali vi è però l’intervento dello Spirito Santo) è costellata da numerose personalità entrate a Montecitorio da Presidenti e uscitene da semplici cittadini. Ecco perché in molti preferiscono tenere un comportamento riservato e “tessere” alleanze, accordi e patti volti a far emergere, con i tempi e le modalità ritenute più opportune, la propria candidatura.
Le elezioni del 2022 – come è noto il Parlamento in seduta comune è convocato per il 24 gennaio – confermano e smentiscono queste prassi politiche, perché vedono, a un tempo, tanti candidati navigare sotto il pelo dell’acqua (Casini, Franceschini, Prodi, Bindi, Casellati, Frattini, per fare qualche nome) e tanti altri, al contrario, vittime o protagonisti di una sovraesposizione mediatica (a partire da Silvio Berlusconi, al quale non sarà sembrato vero di poter gareggiare, passando per Draghi, indicato talvolta come Presidente tanto del Consiglio, quanto della Repubblica).
È davvero difficile azzardare il benché minimo pronostico, ma si può senz’altro riflettere ad alta voce (o, come in questo caso, per iscritto) sul contesto nel quale si celebreranno le elezioni. Il quadro politico appare devastato (anche) a causa di una legge elettorale che nel tentativo (riuscito) di evitare la vittoria dell’allora partito di maggioranza relativa, ci ha consegnato un Parlamento frammentato e un ceto politico (scelto dai compilatori delle liste e non purtroppo dai cittadini, immaturo, talvolta incapace, di sicuro autoritario, populista e sovranista (nel senso più deleterio dei termini)). Segni tangibili di tale contesto sono stati i due governi Conte (presieduti da un non parlamentare) e quello Draghi (una sorta di grande ammucchiata informe, coordinata da un tecnico che fonda la sua forza non sulla esperienza politica, ne è del tutto privo, quanto sulla credibilità istituzionale, interna e internazionale), lo sciagurato secondo (parziale) mandato a Napolitano (molti di noi scrissero allora della pericolosità del precedente e, oggi, sette anni dopo e nonostante la formale indisponibilità dell’inquilino, viene richiesta a Mattarella una ulteriore disperata disponibilità). Insomma, esaurita la generazione della Resistenza e quella dei Costituenti, oggi bisogna necessariamente fare i conti con candidature di politici (alcuni di lungo corso), di tecnici (esterni alla politica in senso stretto) o di personalità che nel loro curriculum possono vantare tanto l’una appartenenza, quanto l’altra, che hanno l’indubbio vantaggio della competenza (tecnica) e della sensibilità (politica). Fra queste personalità può senz’altro essere annoverato Giuliano Amato, Professore ordinario emerito di Diritto Pubblico comparato, attuale giudice della Corte costituzionale, che ha ricoperto, nella sua lunghissima carriera, una infinità di incarichi, sia nazionali che europei. Paga, forse troppo pesantemente, l’aver messo le mani nelle tasche degli italiani con un prelievo forzoso nel luglio del 1992, l’esser stato Vicesegretario del PSI di Bettino Craxi – mai neppure sfiorato dalle vicende di tangentopoli – e, più di recente, l’esser stato indicato da Berlusconi quale candidato alla Presidenza della Repubblica nel 2015 (entrò, appunto da Papa e ne uscì da Parroco). Credo, tuttavia, che l’enciclopedica cultura istituzionale e giuridica, la certa vocazione europeista, non disgiunte da una sensibilità politica, peraltro nel campo progressista, lo rendano una “riserva della Repubblica” di particolare qualità, almeno agli occhi di molti parlamentari.
Ma come è sempre accaduto, chi si lancia in un pronostico verrà di sicuro smentito dai fatti e dalle circostanze!

*Università degli Studi di Brescia

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