VENEZIA I Carabinieri di Padova e i Finanzieri di Mirano hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare dal Gip di Venezia a carico di quattro persone considerate aderenti alla ‘ndrangheta, per diversi episodi di estorsione e usura in concorso con metodo mafioso. Nel corso dell’inchiesta son state effettuate diverse perquisizioni locali e domiciliari nelle provincie di Venezia, Padova, Vicenza e Treviso, mentre sull’isola di Mazzorbetto, nella laguna veneziana, è stato posto sotto sequestro preventivo un immobile, “Villa Ducale”, valutato 2 milioni di euro. L’operazione scaturisce dalle indagini “Camaleonte” e “Avvoltoio”, dirette dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia.
L’inchiesta è legata al contrasto dell’attività dell’organizzazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista denominata “Grande Aracri”, che sarebbe stata rappresentata dal gruppo Bolognino, di cui alcuni componenti sono già stati condannati in primo grado.
Gli investigatori in particolare si sono avvalsi di pedinamenti, intercettazioni nonché di controlli bancari e contabili nei rapporti commerciali tra imprese riconducibili agli indagati.
I quattro, secondo la Procura, avrebbero applicato tassi di interesse su prestiti a imprenditori in difficoltà superiori al 200% annuo. Per “recuperare” il denaro non avrebbero esitato a utilizzare metodi mafiosi. Singolare è la vicenda che riguarda “Villa Ducale”, a Venezia. Il proprietario, secondo la ricostruzione degli investigatori, non riuscendo ad onorare i prestiti usurai sarebbe stato costretto a cedere agli indagati la proprietà. Questa sarebbe poi stata proposta, per l’acquisto, a un broker svizzero. Una volta che l’affare non è stato concluso gli indagati sono passati alle vie di fatto estorcendogli, con minacce, 85mila euro, consegnati a più riprese in contanti. Gli episodi contestati avrebbero fruttato agli indagati profitti illeciti per oltre 600mila euro.
I destinatari delle ordinanze emesse dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, accusati di estorsione ed usura con metodo mafioso, sono Antonio Genesio Mangone, Giulio Cuman, Bernardino Cuman e Shaila Ilir che è stato posto ai domiciliari.
Mangone, calabrese residente in Emilia Romagna, ex braccio destro dei conterranei Michele e Sergio Bolognino (già pluricondannati nel processo Aemilia e a Padova per 416 bis) che si trova in carcere a scontare 16 anni e 6 mesi per una lunga serie di estorsioni messe in atto con metodo mafioso tra Padova, Vicenza e Venezia nel 2013. In carcere a Tolmezzo è stato portato Giulio Cuman, 69enne di Schiavon (Vicenza), alla casa circondariale di Voghera è finito il figlio di quest’ultimo, Bernardino Cuman di 42 anni. Shaila Ilir è un imprenditore di origini kosovare residente a Trevignano. Ai quattro si contestano diversi episodi di usura ed estorsione, in concorso tra loro e con metodo mafioso. Tutto ha avuto inizio nell’aprile del 2013 con un’aggressione avvenuta a Galliera Veneta, da lì i carabinieri di Padova hanno avviato agli accertamenti che hanno portato a sgominare una ramificazione della cosca Grande Aracri radicatasi in Veneto sin dagli inizia degli anni 2000. Da quell’indagine scaturirono due sentenze di condanna, una per 116 anni complessivi a più di trenta indagati processati con rito abbreviato, e una seconda finita al tribunale di Padova con un’altra condanna a 77 anni di carcere per il gruppo di testa dell’organizzazione composta da sette persone, tra queste i due fratelli Bolognino e Antonio Genesio Mangone.
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