REGGIO CALABRIA La Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto alla Corte d’Assise d’appello la riapertura dell’istruttoria dibattimentale del processo ‘Ndrangheta stragista che vede imputati il boss del rione palermitano di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca di ‘ndrangheta Piromalli di Gioia Tauro. In primo grado entrambi sono stati condannati all’ergastolo per il duplice omicidio degli appuntati dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria all’altezza dello svincolo di Scilla. Quell’attentato, secondo l’accusa, rientrava nella strategia stragista con la quale Cosa nostra e ‘Ndrangheta volevano piegato lo Stato. Nell’udienza di oggi, il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, applicato al processo, ha sintetizzato i nuovi atti depositati nelle scorse settimane. In particolare, il pg ha chiesto di acquisire la sentenza “Italicus bis” e si è soffermato sulla sigla “Falange Armata” utilizzata per rivendicare non solo gli attentati ai carabinieri.
«Fu Totò Riina, durante il vertice di Enna, tra il 1991 e il 1992, a comunicare ai presenti che ogni attentato attuato da Cosa Nostra doveva essere segnalato con la sigla Falange Armata, sigla utilizzata in Calabria per la prima volta il 9 agosto 1991 con l’omicidio del sostituto procuratore della Cassazione, Antonino Scopelliti». Lo ha detto il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, nel corso del dibattimento di appello in cui sono imputati il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e Rocco Santo Filippone, individuato dagli investigatori come “uomo di fiducia” dei Piromalli di Gioia Tauro, già condannati in primo grado all’ergastolo per il duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo. Il processo è in corso a Reggio Calabria. Secondo il magistrato, «un’entità dei servizi deviati autorizzò ‘ndrangheta e Cosa nostra a utilizzare la sigla». Lombardo ha approfondito, alla luce dei verbali dei collaboratori di giustizia Antonio Schettini, «uomo di fiducia per il narcotraffico del clan Papalia», Annunziatino Romeo e Antonino Fiume, la cointeressenza tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra in ordine al periodo delle stragi, e l’origine della sigla Falange armata, «nota come Falarm – ha detto Lombardo – che insieme al Gos (gruppi operativi speciali) e Nac (Nucleo azioni coperte), costituiva la sezione K della settima divisione del Sismi e la Gladio».
Il rappresentante della pubblica accusa, «a seguito della deposizione dell’ex ambasciatore Francesco Paolo Fulci nel corso del processo di primo grado ed all’approfondimento delle dichiarazioni dei collaboratori», ha comunicato che saranno resi a disposizione della Corte d’Appello, presieduta da Bruno Muscolo, «i sedici nomi che ne gestivano le attività. Qui non si tratta di responsabilità istituzionali – ha sottolineato Giuseppe Lombardo – ma di precise responsabilità individuali». La pubblica accusa, inoltre, ha tratteggiato il legame strategico della “componente riservata” della ‘ndrangheta, costituita «dai Piromalli, i De Stefano, i Mancuso e i Papalia», che a Nicotera, in un villaggio turistico – secondo quanto riferito dal pentito Franco Pino – si incontrarono nel 1992, per valutare la richiesta di Cosa Nostra di partecipare alle stragi di quegli anni. «Falange Armata – ha detto Lombardo – è la sigla usata anche per confondere le ragioni vere dell’omicidio dell’operatore carcerario Umberto Mormile, assassinato su mandato del boss di Platì, Domenico Papalia». Mormile, ha detto il magistrato, «si rifiutava di rilasciare relazioni di servizio in favore della condotta di Papalia». Lombardo ha dedicato un capitolo della sua relazione anche al doloroso periodo dei sequestri di persona. «I proventi di quella attività criminosa – ha affermato – venivano divisi al 50% tra la ‘ndrangheta e i cosiddetti “poteri occulti”, fino a che non fu deciso di rinunciare definitivamente a quel tipo di reato per “disposizioni dall’alto”».
In sostanza, secondo il pg è necessario spiegare «se è vero quello che dice Schettini che parte dei fondi riservati utilizzati per il pagamento dei sequestri di persona andavano alla componente mafiosa e parte ad una componete diversa. Dobbiamo spiegare ancora se all’interno di determinate dinamiche quei rapporti sono andati avanti ancora per anni e abbracciano anche l’esplosivo rinvenuto a Palazzo San Giorgio. Qui beneficiamo delle dichiarazioni del collaboratore Antonino Parisi. Dobbiamo approfondire anche se è vero che i Papalia sono stati coloro i quali per primi o tra i primissimi ad avere rapporti con appartenenti ai servizi di sicurezza nonostante la loro carcerazione. Rapporti che poi portano all’uccisione dell’educatore del carcere di Opera Umberto Mormile. Noi riteniamo che siano presenti in atti le tracce indispensabili in questa sede ad andare a verificare la fase antecedente al cosiddetto protocollo Farfalla».
Sul fronte della cosca Piromalli e sulla vicenda di Angelo Sorrenti, infine, Lombardo ha sottolineato come la seconda integrazione istruttoria servirà alla Corte, «a quella parte di ricostruzione che riguarda i rapporti con Fininvest e quindi con il gruppo Berlusconi nel momento in cui ci si intrattiene lungamente nel processo di primo grado su quello che è il ruolo di Forza Italia, in un tristissimo disegno che guarda caso si conclude proprio nel momento in cui Forza Italia diventa una componente politica effettiva nel panorama italiano».
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