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Cosenza, al via il nuovo processo sul duplice omicidio Tucci-Chiodo

Il fatto di sangue si consumò a Via Popilia, il 9 novembre del 2000. Una delle due vittime fu uccisa per errore. L’unico superstite dell’agguato fu Mario Trinni

Pubblicato il: 21/01/2022 – 14:08
di Fabio Benincasa
Cosenza, al via il nuovo processo sul duplice omicidio Tucci-Chiodo

CATANZARO Al via, dinanzi la Corte di assise di appello di Catanzaro (presidente Caterina Capitò) il processo di seconda istanza sul duplice omicidio Tucci-Chiodo. In apertura di dibattimento, il collegio difensivo ha fatto richiesta di acquisizione di una consulenza redatta che solleverebbe dubbi sul “castello” della pistola ritrovata e non compatibile con l’arma che ha sparato. Il procuratore generale Salvatore Di Maio non si è opposto all’acquisizione dei verbali di udienza del procedimento “Drink Water” del 2004. Che fece luce sulla presenza di un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel Cosentino. Tra i soggetti coinvolti in quell’inchiesta anche Franco Bevilacqua alias “Franchino i Mafarda”. E’ anche grazie alle sue dichiarazioni, se gli investigatori sono riusciti a dare una svolta alle indagini sull’aggressione mortale ai danni di Aldo Benito Chiodo e Francesco Tucci.

La condanna in Corte d’Assise

La Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza, per il doppio delitto, aveva condannato all’ergastolo Fiore Abbruzzese, Antonio Abbruzzese e Celestino Bevilacqua mentre Luigi Berlingieri era stato condannato alla pena di 30 anni di reclusione e Saverio Madio alla pena di 28 anni e 6 mesi. Una prima verità giudiziaria messa nero su bianco dal collegio giudicante presieduto da Paola Lucente con a latere il collega Giovanni Garofalo e i giudici popolari. Un dispositivo di sentenza giunto a distanza di 20 anni dal fatto di sangue consumatosi a Via Popilia, nel cuore di uno dei quartieri popolari di Cosenza, il 9 novembre del 2000. La Dda di Catanzaro è stata in grado di istruire il processo grazie alle rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia, in modo particolare quelli del gruppo degli “Zingari” che nel corso dell’istruttoria dibattimentale hanno poi ripercorso le tappe che portarono alla decisione dell’uccisione di Benito Chiodo. Francesco Tucci, invece, si trovava soltanto al posto sbagliato nel momento sbagliato e i colpi di pistola e di kalashnikov non lo risparmiarono. L’unico superstite dell’agguato fu Mario Trinni, che rimase ferito solo da alcuni proiettili e riuscì a dileguarsi nonostante i killer si fiondarono contro di lui nel tentativo di inseguirlo. 

Le “cantate” di Franchino i Mafarda

Sono state proprio le cantate dell’ex boss dei nomadi ad indirizzare gli inquirenti. “Franchino i Mafarda” ha spiegato come alla decisione di uccidere Benito Chiodo, si arrivò a causa degli attriti tra il gruppo dei nomadi e quello degli italiani, di cui la vittima era esponente. E in modo particolare gli zingari avevano mire “espansionistiche” non sarebbe bastata più la droga ma volevano entrare anche nel business illegale delle estorsioni. Benito Chiodo avrebbe violato i patti di un’alleanza già molto precaria e lo sgarro avrebbe decretato la condanna a morte. Per quanto riferito dal collaboratore di giustizia alla guida della Lancia Thema usata per l’agguato mortale si trovava Fiore Abbruzzese insieme allo stesso Franco Bevilacqua, Gianfranco Iannuzzi (deceduto) e Luigi Berlingieri. A fare da mandante sarebbe stato Antonio Abbruzzese mentre Francesco Madio e Celestino Bevilacqua altro non avrebbero fatto se non da attività di supporto al gruppo di fuoco. La ricostruzione dei fatti resa da Franco Bevilacqua e ribadita poi anche da Franco Bruzzese è stata giudicata in maniera positiva dalla Corte.

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