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«Lettera aperta al commissario alla Sanità calabrese»

«Esimio commissario Occhiuto,cresce ogni giorno la domanda di partecipazione ai temi e problemi della sanità calabrese. Rammento la recente proposta, del medico e consigliere regionale di opposizi…

Pubblicato il: 21/01/2022 – 16:12
di Emiliano Morrone
«Lettera aperta al commissario alla Sanità calabrese»

«Esimio commissario Occhiuto,
cresce ogni giorno la domanda di partecipazione ai temi e problemi della sanità calabrese. Rammento la recente proposta, del medico e consigliere regionale di opposizione Ferdinando Laghi, di riassetto delle aziende sanitarie con ambiti più piccoli di quelli attuali, definiti nel 2007 su base provinciale. Alludo pure alle richieste dei comitati civici di Cariati e di Soveria Mannelli, che da molto si battono per la riapertura e il potenziamento dei rispettivi ospedali. Mi riferisco anche a particolari appelli lanciati via Internet, come la petizione intitolata «Salviamo l’ospedale di San Giovanni in Fiore», che al momento ha superato le 850 firme. In sintesi, in un clima di conflittualità attenuata, cittadini e rappresentanti popolari esprimono un desiderio, un bisogno espansivo di riorganizzazione dei servizi sanitari, legato alle peculiarità e alle esigenze dei singoli territori. Il Piano di rientro e i vincoli di spesa conseguenti all’unificazione monetaria, infine appesantiti dal Patto di bilancio europeo, hanno comportato la chiusura di ospedali e reparti; in altri casi una riduzione accentuata delle loro attività. Per molti versi, proprio a causa del rientro dal disavanzo sanitario regionale, i decreti commissariali sulla rete dell’assistenza ospedaliera sono rimasti lettera morta. Infatti non esistono le dotazioni ivi previste. Ad esempio, gli ospedali montani non hanno mai avuto i cinque anestesisti assegnati sulla carta. Ancora, i vecchi Atti aziendali, approvati da precedenti delegati del governo, rimangono in larga misura inapplicati, oltre che inattuali. Ciò intanto perché le risorse disponibili sono insufficienti ad assumere i profili occorrenti, specie nelle aree interne e più disagiate. Inoltre, non si trovano medici disposti a lavorare negli ospedali periferici o nell’emergenza-urgenza, settore ancora poco remunerativo e con diversi professionisti in precariato.
Come noto agli addetti, risultano datati, quindi inadatti, i criteri di determinazione dei fabbisogni di medici, infermieri, Oss et cetera; il che dovrebbe indurre a iniziative unitarie anche in Conferenza Stato-Regioni. Essi non permettono di coprire in maniera soddisfacente le gravi carenze di organico dovute al lungo blocco del turn-over e ai pensionamenti, talvolta perfino anticipati. Né consentono di reclutare tanti giovani neolaureati, che sarebbero fondamentali in virtù delle loro maggiori energie, od altre figure già presenti nelle graduatorie attive, in potenza utili anche a garantire il rispetto della legge sui turni e i riposi obbligatori.
Insomma, la coperta resta corta, nonostante i 180 milioni in tre anni stanziati nella seconda legge Calabria, soggetti all’approvazione del Programma operativo. Questa insufficienza di risorse dipende dall’entità inadeguata della quota parte del Fondo sanitario, ricavata dal calcolo della popolazione pesata invece che, come da anni auspichiamo, dai dati di morbilità e dallo stato di vulnerabilità sociale nelle regioni e nelle province autonome; da insistenti incapacità gestionali, già rilevate dalla commissione ministeriale Serra-Riccio nell’aprile del 2008; dai contenziosi milionari; dall’impenetrata nebulosità dei bilanci di quasi tutte le aziende del Servizio sanitario regionale; da costose rendite di posizione a livello locale, sprechi diffusi, appetiti criminali, “doppioni” di pubblico e privato e, sottolineo, dalla ricorrente spinta – alquanto speculativa e favorita da imposizioni ambientali – alle cure dei pazienti nel Centro-Nord, specie per le patologie del cuore e per i tumori. È più che mai palpabile l’attesa collettiva di un cambiamento di rotta e direzione che possa migliorare la qualità e completezza dell’offerta sanitaria in Calabria. La sua nomina a commissario ad acta, presidente Occhiuto, ha sancito il ritorno nelle mani della politica della conduzione del Piano di rientro. Nel contesto presente, tuttavia, a molti calabresi, anche politici, non è ancora chiara l’evoluzione del quadro normativo della sanità, che, insieme allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, ha generato, soprattutto altrove, nuovi modelli organizzativi e operativi: con differenziazioni delle cure, con il progressivo affinamento delle varie reti e con i tentativi, non sempre efficaci, di integrare l’ospedale, dedicato in prevalenza alle acuzie, con il Territorio, perlopiù vocato alla prevenzione e all’assistenza dei pazienti cronici.
Il punto è che in Calabria prevale un campanilismo intriso di nostalgia per il passato, che impedisce di vedere e conoscere la realtà, di avanzare proposte ragionevoli e innovative, di superare gli schemi dettati dall’Agenas e in parte dal Pnrr, in Calabria impraticabili per motivi geografici, infrastrutturali ed epidemiologici; per le lunghe (e pericolose) percorrenze stradali, per le rigidità climatiche, per l’interno montuoso che ha natura di altopiano. Corigliano Rossano ha due ospedali in uno Spoke, piuttosto che un Hub. Diversi sindaci predicano la riapertura di presìdi ospedalieri chiusi e perfino il ritorno del Punto nascita sotto casa, ma non l’assistenza delle donne in gravidanza sino al parto. Alcuni miei colleghi rievocano i tempi delle Usl, dimenticano il sistema vigente dei Drg, la compiuta aziendalizzazione della sanità e l’inaccettabile cedimento del diritto alla salute alla tenuta degli equilibri di finanza pubblica. Altri eletti – ormai rassegnati al concetto vuoto dell’essenziale, appiattiti su battaglie per il tranquillizzante elisoccorso, che non è risolutivo, per una manciata di medici in più o per un’ambulanza di ultima generazione – non distinguono gli ospedali inseriti nella rete dell’emergenza-urgenza dagli ospedali di comunità. Nella confusione dominante, poi, credono che il Pnrr sia la panacea di ogni male. In sostanza lo reputano uno strumento per finanziare qualsivoglia progetto, a prescindere dalle misure fissate nello stesso Piano, sovente sconosciute. Altro aspetto singolare è che noi calabresi siamo divisi e divisivi sulle questioni della sanità. Sui social si leggono sciocchezze virtuali senza alcuna prospettiva. Si rincorrono animosità e incontinenze verbali riconducibili a quelle «cause leggere» di cui si accontenta il cuore, secondo Fabrizio De Andrè. In breve, ci manca una visione comune e condivisa sul futuro della sanità, come l’animo di superare un’organizzazione dei servizi rimasta piuttosto identica a trent’anni fa; anche per resistenze granitiche di certi poteri, che ad esempio provarono ad ostacolare l’opera di formazione professionale avviata a Catanzaro dal primario neuroradiologo William Auteri.
Sul decreto ministeriale numero 70/2015, che articola gli standard ospedalieri, non c’è una reazione compatta perché sia riscritto in modo da garantire le zone interne della Calabria. Molti politici tendono a considerare non redditizio l’impegno per questo tipo di aggiornamento necessario, così come per l’abrogazione del decreto con cui il commissario Cotticelli limitò la chirurgia dei tumori al seno, riservandola alle sole Breast Unit per via di indicazioni ministeriali che non tengono conto degli interventi chirurgici eseguiti fuori regione. Ci sono realtà isolate che hanno bisogno di una Chirurgia generale con terapia intensiva, nonché di maggiore (e migliore) assistenza ospedaliera e territoriale. E ci sono idee valide anche per l’Oncologia. Per esempio una del primario oncologo Pierpaolo Correale, che immagina un rafforzamento delle strutture periferiche e l’ultra-specializzazione degli ospedali Hub, secondo un modello che ricorda il movimento e l’occhio dell’uragano: dall’esterno al centro, dalle zone marginali agli ospedali di massimo livello.
Credo, presidente e commissario Occhiuto, che sia importante, appena possibile, avviare una ricognizione sulle esigenze e sulle carenze dei singoli territori, anche attraverso l’ascolto dei sanitari, delle rappresentanze locali e della società civile. Intanto per creare convergenze politiche in senso ampio, ora più che mai necessarie, e per sconfiggere la cultura del sospetto, dell’invidia e della frammentazione che tanto ha danneggiato la nostra Calabria, spegnendo il dialogo e la fiducia e concorrendo allo spopolamento dei Comuni. La ringrazio molto per l’attenzione e la saluto cordialmente».

*giornalista

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