CATANZARO Il sostituto procuratore di Catanzaro Debora Rizza ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione nei confronti di Santo Mirarchi, collaboratore di giustizia accusato dell’omicidio di Luigi Grande avvenuto il 12 agosto 2009. Dell’omicidio si è autoaccusato lo stesso Mirarchi, davanti all’attuale procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, nel corso dei primi 180 giorni di collaborazione
L’omicidio di Luigi Grande si inquadra nella sanguinosa faida consumatasi nel territorio di Borgia e Roccelletta, tra il 2005 ed il 2010. Sono gli anni in cui emergeva la figura di Massimo Falcone, esponente di spicco della famiglia Cossari, killer conosciuto per la sua capacità criminale e per la significativa spregiudicatezza. Falcone stava trascorrendo in Sila, all’interno del villaggio Lagomar, la sua latitanza quando fu raggiunto da due killer e giustiziato assieme al cugino Davide Iannoccari. Questo evento ha dato inizio al sanguinoso scontro tra il gruppo Cossari e la falange ‘ndranghetista guidata da Nando Catarisano.
Quest’ultimo a sua volta è stato vittima di un tentato omicidio che ha visto coinvolta anche la figlia, lievemente ferita. Catarisano riconobbe Giuseppe Fraietta tra i propri assalitori.
La risposta di Catarisano non si fece attendere. Ed infatti L’8 agosto 2009 fu dapprima sequestrato e poi ucciso Giuseppe Fraietta, cognato di Santo Mirarchi il quale a seguito di indagini scoprì che la sera dell’8 agosto ad assistere al sequestro di Fraietta vi era proprio Luigi Grande, amico di vecchia data della vittima, che vantava uno strettissimo legame con il clan guidato da Catarisano. Santo Mirarchi fece numerose domande a Luigi Grande per conoscere la verità su quanto accaduto ma soprattutto per ritrovare il cognato scomparso da giorni.
In data 12 agosto dopo aver prelevato Luigi Grande dalla propria abitazione, Mirarchi si recò insieme alla vittima in località Manganella di San Floro, dove consumò il suo proposito delittuoso, malmenando Grande con un pezzo di legno, legandolo col fil di ferro, al fine di conoscere i dettagli del rapimento e il nome degli autori. Una volta ottenute informazioni utili e ben comprendendo che lo stesso Grande avrebbe reagito attraverso il gruppo di Nando Catarisano, sparò due volte in testa alla vittima per poi provare a bruciarne il cadavere, ritrovato in forma scheletrica solo nel novembre del 2009.
Compiuta l’azione omicidiaria Santo Mirarchi ha raccolto i bossoli, ripulito completamente la scena del crimine, distrutto il dispositivo cellulare del grande, per poi consegnare i propri indumenti al suo sodale Rosario fera affinché fossero bruciati. Fece addirittura un bagno a mare per ripulire la pelle dalle tracce di polvere da sparo rilevabile attraverso l’esame stub. Dopo aver fatto ciò si disfece delle armi, in particolare della 765 utilizzata per uccidere Luigi grande, e si diresse a San Luca presso la casa di Domenico Strangio al fine di rifornirsi di armi e droga, avendo la convinzione che il gruppo Catarisano non avrebbe reagito.
Davanti al gup Antonio Battaglia il pm Rizza ha contestato l’aggravante delle sevizie e della crudeltà. Aggravanti alle quali si è opposto il difensore di Mirarchi, l’avvocato Michele Gigliotti, ritenendole non più contestabili perché formulate dopo l’ammissione del rito e inoltre perché i fatti erano già conosciuti e per questa ragione le aggravanti sarebbero dovute essere contestate prima. Parti civili nel processo sono i familiari della vittima, rappresentate dall’avvocato Anselmo Torchia.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 18 marzo, data in cui è prevista la sentenza.
(a.truzzolillo@corrierecal.it)
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