COSENZA La Procura di Cosenza chiede il processo per tutte le persone coinvolte nell’inchiesta “Cerchio Magico”, condotta dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza con il supporto della Compagnia di Castrovillari. Il pm titolare dell’indagine, Giuseppe Cozzolino, ha chiesto il rinvio a giudizio per nove tra dirigenti e funzionari della Soprintendenza Abap di Cosenza e costruttori. L’inchiesta coinvolge quelli che un tempo erano i vertici degli uffici. È partita nell’agosto del 2017 e ipotizza l’esistenza di irregolarità nelle procedure di somma urgenza con riferimento a vari appalti pubblici nel settore dei beni culturali. Per quegli appalti, i funzionari ministeriali avrebbero proposto alla Stazione Appaltante l’affidamento diretto delle lavorazioni a favore di due ditte riconducibili allo stesso soggetto economico. Altra ipotesi è quella che il “Cerchio Magico” abbia formulato attestazioni non veritiere, nella contabilità dei lavori, circa l’esecuzione di verifiche sui cantieri che, in realtà, non sarebbero mai state effettuate (o, comunque, effettuate solo da alcuni dei firmatari dell’atto) o il compimento di lavori di fatto non ancora eseguiti.
Alcuni lavori, secondo l’accusa, sarebbero addirittura stati eseguiti prima che la Soprintendenza avviasse la loro procedura di affidamento.
Dai metodi al valore degli appalti: i lavori – è sempre l’ipotesi della Procura – sarebbero stati affidati allo stesso soggetto economico dalla Soprintendenza o dal Segretariato regionale del MiC per la Calabria per l’importo complessivo di circa 4 milioni di Euro, nel periodo compreso tra il 2014 e il 2018. Quel valore corrisponderebbe a circa il 70% di tutti i lavori appaltati nel periodo con violazioni dei doveri di segretezza correlate al proprio ufficio, da parte dei funzionari ministeriali.
L’incipit della storia è legato a una lettera inviata dal ministero dei Beni culturali e protocollata a Cosenza il 15 maggio 2017. Si tratta di una dura reprimenda basata su un’analisi statistica «in merito alle procedure avviate nell’ultimo biennio». Conclusioni: si fa sistematicamente ricorso a procedure negoziate «senza previa pubblicazione del bando di gara»; gli operatori economici sono quasi sempre gli stessi (i funzionari romani parlano di «limitata rotazione») «nonostante le continue raccomandazioni con richiesta di aumento degli stessi ai vari responsabili dei procedimenti»; alle procedure negoziate non partecipano gli operatori invitati «che invece aderiscono a procedure aperte» e, per chiudere, c’è la «continua riproposizione da parte dei responsabili dei procedimenti degli stessi operatori economici che sistematicamente non prendono parte alle procedure negoziate e non producono giustificazioni». Stoccata finale: siamo davanti a una «chiara limitazione del libero mercato e della concorrenza che può generare effetti negativi anche sulla qualità dei lavori da eseguire». Fu il Corriere della Calabria a raccontare il contesto e le segnalazioni giunte da Roma in riva alla confluenza tra Crati e Busento.
Tra le carte spuntano lavori di somma urgenza effettuati tra il 14 aprile 2014 e gennaio 2015. Opere la cui realizzazione è lontana nel tempo ma che, all’occhio dei funzionari, avrebbero lasciato immaginare che il “metodo” dell’assegnazione con somma urgenza fosse parte di un meccanismo consolidato. Questi appalti, infatti, furono assegnati alla stessa impresa per un importo complessivo di circa 500mila euro. E i rup erano quasi sempre gli stessi. (ppp)
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