LAMEZIA TERME «Ma pure Antonio, due o tre mila euro, sono buoni», «No, guardate qua… a me ha assicurato che cinque mila euro li raccoglie». È il 9 marzo 2015 quando gli inquirenti intercettano una telefonata intercorsa tra Antonio Moro, indagato nell’inchiesta “Geenna”, e quello che all’epoca dei fatti era il vicario parrocchiale della Parrocchia Maria SS. Assunta di San Giorgio Morgeto, non indagato. Questo quanto emerge, in uno dei passaggi contenuti nelle oltre 800 pagine di motivazioni della sentenza del processo “Geenna”, svoltosi con rito abbreviato.
Per gli inquirenti i due chiaramente si riferiscono ad una precedente conversazione avuta con Nicola Prettico, candidato (e poi eletto) a maggio del 2015 nel consiglio comunale di Aosta, condannato a 8 anni con giudizio abbreviato, e alla ricerca dell’appoggio elettorale della comunità “sangiorgese” in Valle d’Aosta. Per cercare di “convincere” il vice parroco, Prettico gli chiede di partecipare alla serata inaugurale della discoteca “Prince”, l’occasione migliore per “presentarsi” ai calabresi originari di San Giorgio Morgeto residenti in Valle d’Aosta, con una promessa: devolvere parte dell’incasso alla parrocchia.
Si tratta di una parte cruciale dell’inchiesta, ovvero quella che riguarda l’elezione per il Comune di Aosta nel 2015 e che, per gli inquirenti, certifica il condizionamento della locale di ‘ndrangheta degli ambiti politici e amministrativi delle istituzioni locali e regionali. Sono infatti numerose, già a partire da gennaio, le conversazioni captate dagli inquirenti con protagonisti gli appartenenti alla locale di Aosta, impegnati a procacciare voti per Nicola Prettico. E, come è emerso dall’inchiesta, anche chiedendo l’appoggio del parroco.
Impegno che il vicario della parrocchia accetta di buon grado, senza tirarsi indietro, consapevole della propria influenza: «Qualche voto – dice – glielo diamo davvero se lo vuole». E non lo nasconde ad Antonio Moro, parlando al telefono. Conversazione intercettata dagli inquirenti: «Ma tu dici che “quaglia” qualche cosa, Antonio?» chiede il prete a Moro, che gli risponde: «Qualcosa esce, non vi preoccupate». «Ha detto che vuole fare questa serata, giustamente dice questi mandano sangiorgesi e io raccolgo voti», «eh sì, lui questo vuole, voi ditegli di sì, l’importante che porta la pagnotta».
Nei giorni successivi, l’11 marzo 2015, gli inquirenti captano un’altra importante conversazione tra Michele Moro e Antonio Raso, titolare del locale “La Rotonda” e, secondo gli inquirenti, con un ruolo centrale nella tessitura delle relazioni tra il sodalizio e gli esponenti politici ed amministrativi e per questo già condannato a 10 anni. In quel frangente i due discutono ancora dell’intenzione di Prettico di organizzare la serata di “beneficenza”, ma con il solo scopo di raccogliere consensi. «Vuole dare una mano ai preti… capisci, poverini (…) vuole dargli un poco di soldi, quando apre la discoteca, farà una serata di beneficenza (…) e l’incasso glielo dava perché… per la squadra del pallone di giù». Questo è quanto dice Moro a Raso, che risponde: «Pare che non lo so, l’importante che arriva qualcosa!». (redazione@corrierecal.it)
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