SAN FERDINANDO A riguardare le immagini si ha come una sensazione di déjà-vu. Molte delle persone presenti oggi all’ormai ex tendopoli nella seconda zona industriale di San Ferdinando avevano solcato questo stesso terreno già negli anni precedenti. Non da ultimo, qualche mese dopo lo sgombero del 6 marzo 2019. «Quell’operazione venne annunciata come la soluzione ai problemi di Rosarno e della Piana, ma avevamo pronosticato che non sarebbe stato sufficiente. Oggi quella consapevolezza è confermata», dice Oliviero Forti, referente nazionale ufficio Immigrazione della Caritas Italiana. C’era anche lui nella visita di maggio 2019, successiva allo sgombero, quando le persone erano state spostate dall’ex baraccopoli qualche centinaio di metri più avanti. C’era il sindaco Andrea Tripodi così come il diacono Vincenzo Alampi, che questo 24 gennaio accompagna monsignor Giuseppe Schillaci, vescovo della diocesi di Lamezia Terme dallo scorso ottobre, nella visita all’insediamento. L’incontro era stato richiesto nei giorni scorsi proprio dal vescovo delegato dalla Conferenza Episcopale Calabrese per Caritas e Migrantes.
Da qui la presenza non soltanto di Forti ma anche dei delegati regionali delle associazioni. «L’appello alle istituzioni è per il riconoscimento della dignità della persona in sé. Chiediamo riconoscimento degli altri, accoglienza, capacità di essere propositivi». Schillaci argomenta così il senso della visita odierna, che si presenta come «gesto di solidarietà», ma si sforza di mettere in campo iniziative e proposte pratiche onde evitare di finire nel nutrito archivio degli appelli fini a se stessi per il superamento degli insediamenti (formali e informali) di migranti nella Piana di Gioia Tauro. Uno spazio lungo almeno dodici anni.
Prima dell’ingresso nell’area che ospita oggi la nuova baraccopoli, Pino Fabiano di Migrantes Calabria legge l’appello siglato insieme a Caritas e al delegato Cec in collaborazione con monsignor Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido-Palmi. «È sempre più urgente programmare un intervento che miri al superamento di questa realtà». Il leitmotiv rimane la necessità di non trattare più la problematica a livello emergenziale. Alle Istituzioni locali e nazionali viene chiesto «un provvedimento deciso e definitivo che garantisca dignità nell’accoglienza delle persone e non sia più l’ennesima struttura emergenziale che diventa poi soluzione definitiva». Ma l’appello delle associazioni guarda anche alle «imprese sane della Piana e di tutta la regione perché garantiscano condizioni dignitose e redditualmente accettabili ai migranti, per consentire loro il reperimento con maggiore facilità sul mercato privato di immobili in locazione». Alla comunità civile e religiosa è invece rivolto l’appello a «superare il pregiudizio e la diffidenza con slancio generoso» affinché ai migranti sparsi per gli insediamenti venga riconosciuta non soltanto la dignità in quanto persone, ma anche come lavoratori sempre più essenziali, non più soltanto nella filiera agricola.
«C’è da rimanere scioccati», dice Schillaci pochi passi dopo l’ingresso nell’area dell’ex tendopoli. (QUI L’APPROFONDIMENTO) La vecchia cabina d’ingresso è stata ormai del tutto eliminata e le persone entrano ed escono senza sottoporsi ad alcun controllo. Gli ospiti odierni vengono scortati da un nutrito gruppo di forze dell’ordine, soprattutto agenti di polizia che rimangono a presidiare l’area insieme ai vigili del fuoco. L’ultimo incendio, arrivato a coinvolgere una ventina di baracche, risale alla notte di San Silvestro. La situazione appare abbastanza tranquilla salvo le rimostranze di qualcuno alla vista delle telecamere. Tutti gli altri presenti accolgono vescovo e associazioni e chiedono subito aiuto per aspetti burocratici legati a documenti e permessi o per la riattivazione della corrente elettrica «che manca da circa due mesi». L’acqua scorre fredda nei container adibiti a bagni. L’insediamento è oggi abitato da circa 350 persone. «Non sono condizioni in cui un uomo possa oggi dimorare, un uomo ha diritto ad altro. – aggiunge Schillaci – L’accoglienza esige altro e questo non è il modo giusto per far sì che una persona esprima tutte le sue ricchezze». Così ribadisce: «Serve un intervento delle istituzioni, a partire dalle condizioni minime di vita. Oggi stiamo cercando di capire cosa significa attenzione pura ai bisogni dei più fragili ed indifesi. Bisogna quantomeno dare una possibilità a queste persone». Le baracche sono ormai più delle tende, molto più logore rispetto a qualche anno fa. «L’emergenza – dice il referente nazionale Caritas Forti – è un fenomeno che si presenta in un arco di tempo molto limitato. Qui sono oltre dieci anni che viviamo una situazione fuori controllo. Oggi vedo una situazione addirittura peggiore di quella di dieci anni fa, il che significa che gli interventi immaginati e portati avanti non sono stati assolutamente sufficienti». Il referente Caritas richiama le Istituzioni a una responsabilità che non funga comunque da esimente per gli altri attori in campo: «Da parte nostra cerchiamo di dare il supporto minimo necessario per restituire dignità a queste persone, ma ci rendiamo conto che è una goccia nel mare. Se non troviamo il coraggio di trovare una soluzione più ampia non si uscirà mai da questa situazione».
Oltre dodici anni sono passati dalla rivolta di Rosarno e poco meno tempo è trascorso dalla nascita del primo insediamento nella zona industriale di San Ferdinando. L’ultimo protocollo stipulato in prefettura prevede la creazione di foresterie, che dovrebbero migliorare, almeno in parte e in via temporanea, le condizioni di vita dei migranti, soprattutto di quelli che lavorano nei campi della Piana. Come anticipatoci dal sindaco Andrea Tripodi, il Comune era in attesa della nomina dell’assessore regionale di riferimento per poter cominciare a muoversi a livello operativo. Figura individuata nella leghista Tilde Minasi, che vive oggi nel “limbo” tra Senato e Regione dopo il subentro in uno dei seggi rimasti vacanti a Palazzo Madama. «Abbiamo programmato già per domani un incontro col delegato dell’assessore Minasi per verificare la possibilità di realizzare la foresteria qui nel territorio e cominciare a dare una prima risposta», dice Andrea Tripodi.
Individuati per la foresteria sarebbero alcuni immobili nel territorio del comune, che il sindaco aveva già proposto per lo stesso fine all’allora governatore Mario Oliverio. Al tempo era stata esclusa la possibilità di fare una foresteria nel sito, ma oggi, auspica il primo cittadino, potrebbero trovarsi condizioni più favorevoli. Altri interventi coordinati dalle 12 diocesi calabresi vengono invece annunciati dal delegato regionale Caritas Bruno Di Domenico: «Tutte le diocesi in sostegno di quella di Oppido-Palmi vogliono dimostrare la loro vicinanza promuovendo un tirocinio, una borsa lavoro e un’accoglienza dignitosa attraverso una casa e un lavoro per alcune delle persone che abitano questi insediamenti. Questo chiediamo: non risposte emergenziali che creino “ghettizzazione”, ma un’accoglienza diffusa dove ogni persona può essere sostenuta». (redazione@corrierecal.it)
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