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Ripresa post Covid, la “bellezza” salverà la Calabria

L’economia culturale rappresenta il 3,4% del valore aggiunto della regione. E con le risorse del Pnrr e di Bruxelles potrebbe spingere la ripresa. Romita: «Invertire le logiche degli aiuti»

Pubblicato il: 29/01/2022 – 7:00
di Roberto De Santo
Ripresa post Covid, la “bellezza” salverà la Calabria

COSENZA È la bellezza la chiave di volta che potrebbe risollevare le sorti della Calabria post Covid. Uno dei temi centrali che riguarda la ripresa economica calabrese devastata dalla crisi pandemica, infatti, riguarda la capacità di far ripartire il sistema turistico locale. Anche e soprattutto sotto un profilo nuovo. Sfruttando appieno le enormi potenzialità del patrimonio culturale nella sua accezione più ampia: dall’arte all’ambiente attraverso la valorizzazione delle peculiarità storiche, delle tradizioni locali e dell’artigianato e delle tipicità di qualsiasi genere. In altre parole quel variegato mondo che fa parte dell’identità territoriale e che fa della cultura e della bellezza i tratti salienti che potrebbero ben rappresentare la Calabria nel mondo. Così a quasi due anni dallo scoppio della pandemia e in vista della ricostruzione economica e sociale della regione, le industrie culturali e creative potrebbero costituire i settori strategici per innescare quel percorso di ripresa e di recupero del gap con i territori più ricchi del Paese.

L’area archeologica sono i resti dell’Heraion Lakinion a Crotone

Una strategia che dovrebbe essere avviata utilizzando al meglio le ingenti risorse provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dai fondi strutturali della nuova programmazione comunitaria, che fanno della coesione territoriale e del recupero dei ritardi economici, tra gli obiettivi principali degli strumenti messi in campo da Bruxelles. 
Ricordiamo che da solo il Pnrr vale 8,13 miliardi di euro – 6,68 finanziati dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, e 1,46 a valere sul Fondo Complementare – dedicati alla Componente 3 della Missione 1 “Turismo e Cultura 4.0”. D’altronde mai come in altri Paesi europei, il turismo in Italia si sposa con la cultura, e la Calabria in questo senso non fa eccezione. Tra siti inseriti nel patrimonio Unesco, luoghi tutelati dal Fai e la miriade di musei, aree archeologiche, borghi antichi e monumenti presenti nella regione se messi nelle condizioni di essere conosciuti e resi fruibili rappresenterebbero il detonatore capace di innescare uno straordinario motore di ricchezza per l’intera economia calabrese. Dando nuova linfa vitale alle attività artigianali, enogastronomiche e creative che rappresentano il cuore pulsante e anche più vero della regione. Quel mondo che viene complessivamente definito il Sistema produttivo e creativo di un territorio.

I bronzi di Riace conservati a Reggio

In Italia il settore vale il 6% dell’occupazione – contando su oltre 1,5 milioni di persone impiegate nel comparto – e prima della pandemia era stato in grado di generare oltre 84,6 miliardi di euro: il 5,7% del valore aggiunto nazionale. Numeri, sciorinati dal rapporto “Io sono cultura” – promosso dalla Fondazione Symbola e Unioncamere in partnership con Fondazione “Fitzcarraldo” e Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, e il patrocinio del Ministero della Cultura – che danno il senso della portata del Sistema produttivo e creativo per lo sviluppo economico del Paese.
Un sistema ancora poco sfruttato in Calabria e che per questo potrebbe divenire terreno fertile per una nuova rinascita della regione.

I numeri del Sistema creativo calabrese

In Calabria, stando ai numeri raccolti dal report, le imprese che operano nel Sistema produttivo culturale e creativo sono 5.861 che rappresentano il 2,13% delle aziende italiane del comparto e l’8,68% di quelle meridionali. Aziende il cui core business è centrato proprio sul ruolo della cultura e della creatività capillarizzata sui territori. Si spazia dall’architettura alla comunicazione, dall’audiovisivo alla musica passando dall’editoria alla stampa per finire alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico locale. Realtà imprenditoriali che se messe nelle condizioni di costruire percorsi virtuosi potrebbero fare la differenza nella ricostruzione socio-economica post pandemia della regione. Una considerazione che sta alla base anche degli atti della Commissione europea che da molti anni sottolinea come «la capacità dell’UE di riprendersi dalla crisi e di vincere le sfide di lungo termine non dipende solo da una solida base industriale, ma anche dalla creatività».

Fonte: Svimez

Un assunto che vale soprattutto per un territorio come quello calabrese che ancora non ha sfruttato appieno le relazioni strettissime che ci sono tra la creatività e lo sviluppo turistico. Come fa emergere anche l’ultimo rapporto della Svimez che segnala la distanza siderale anche in questa materia tra le due aree del Paese. Un’ economia creativa meridionale ancora molto lontana, sotto più profili, da quella del Centro-Nord. Prima di tutto dal punto di vista del valore prodotto. Passando in rassegna questo indice, emerge che nel 2020 (ultimo dato disponibile) il valore aggiunto prodotto dal sistema calabrese è stato pari a 954,2 milioni di euro che rappresentano l’1,1% dell’intero comparto italiano. Ed il peso sull’economia locale è stato pari al 3,4%. Una percentuale che pone la Calabria all’ultimo gradino per peso specifico del segmento, al di sotto della media nazionale pari al 5,7%.
Un sistema produttivo che però è riuscito a garantire nella regione 21mila e seicento posti di lavoro: il 3,4% dell’occupazione complessiva calabrese.  Nonostante l’annus horribilis della pandemia che ha colpito pesantemente l’intero comparto e l’indotto. Stando all’analisi dei dati riportati dal rapporto “Io sono cultura”, emerge che nel 2020 il Sistema produttivo culturale e creativo calabrese ha perso il 7,7% del suo valore aggiunto ed il 3,6% dell’occupazione. Le ingenti somme destinate alla cultura e al turismo e la mitigazione degli effetti della pandemia – con la ripresa della filiera turistica e culturale – potrebbero non solo far invertire questo trend, ma trasformare finalmente le potenzialità in risorse immediatamente spendibili per il riscatto della regione.

Romita: «Patrimonio ricchissimo. Occorre invertire le logiche degli aiuti»

Sulla capacità del sistema creativo e culturale calabrese di innescare un processo di sviluppo vero della regione è pronto a scommettere Tullio Romita, coordinatore del Corso di laurea in Scienze Turistiche dell’Università della Calabria. Ma a specifiche condizioni. Innanzitutto, ammonisce il docente dell’Unical, che il patrimonio culturale e paesaggistico sia «reso pienamente accessibile e fruibile» e che sia «inserito all’interno di prodotti vari che ne stimolino ed incentivino la sua fruizione ed il suo bisogno». Ma soprattutto che si attivi un «modello di policy pubblica di lungo periodo» finora «assente» 

Tullio Romita, coordinatore del Corso di laurea in Scienze Turistiche dell’Università della Calabria

Quanto può contribuire il patrimonio culturale, paesaggistico e creativo calabrese al percorso di ripresa dell’economia dopo la devastazione della pandemia e ad intraprendere una reale strada di convergenza con i territori più ricchi del Paese?
«Il territorio calabrese è, oggettivamente, ricco di risorse culturali e paesaggistiche. Molti popoli nei secoli l’hanno dominato lasciando ognuno rilevanti tracce culturali del loro passaggio, diverse importanti minoranze etniche ancora oggi vi insistono, settecento chilometri di costa e tre parchi nazionali naturali ne testimoniano la ricchezza di elementi floro-faunistici e paesaggistici. Tuttavia, per essere efficacemente utilizzato ai fini di uno sviluppo economico in grado di rendere il territorio calabrese competitivo oltre che a livello nazionale anche a livello internazionale, tale patrimonio deve essere reso pienamente accessibile e fruibile ed inserito all’interno di prodotti vari che ne stimolino ed incentivino la sua fruizione ed il suo bisogno».

Fonte: Fondazione Symbola e Unioncamere

Ma l’economia creativa calabrese resta ancora molto lontana dalla capacità di generare valore aggiunto e occupazione rispetto ad altre aree. Cosa manca per ripianare questo gap?
«Quello che manca, anche e soprattutto, è un modello di policy pubblica di lungo periodo in grado di creare le condizioni affinché lo sviluppo e la proposizione di nuove idee per la crescita della regione possano essere compiutamente accolte e valorizzate ai fini della loro utilizzazione produttiva e che ne affidi l’implementazione alle tante competenti risorse professionali che, anche nel settore immateriale, sono oggi ampiamente presenti nella regione».

Il caso di Matera – che in pochi anni è divenuto un potente attrattore turistico e culturale – è un esempio virtuoso per il Sud Italia. È un modello esportabile anche per la Calabria?
«La positiva situazione attuale in cui versa Matera è, in realtà, il risultato degli investimenti culturali ed economici fatti su di essa negli ultimi sessanta anni, e che hanno visto quale principale protagonista il proprio formidabile centro storico, fatto di edifici e architetture rupestri di affascinante valore culturale e paesaggistico. Più precisamente, se oggi Matera è una città meridionale conosciuta in tutto il mondo e fra quelle del Sud d’Italia in grado di generare rilevanti flussi turistici internazionali, lo deve al capitale sociale di cui, con molta intelligenza e caparbietà, è riuscita a dotarsi negli ultimi cinquanta anni. Questo grazie anche alla capacità di utilizzazione del capitale sociale dimostrata dalla politica locale, ed alla scaltra predisposizione e realizzazione di eventi culturali ed infrastrutture di servizio».

Il Codex Purpureus Rossanensis, conservato a Rossano nel Museo diocesano

Anche la Commissione europea ha sottolineato che la capacità dell’Europa di riprendersi dalla crisi dipenderà non solo da una solida base industriale, ma anche dalla creatività. In questo senso le risorse del Next generation Eu potrebbero essere fondamentali per rilanciare il sistema economico creativo calabrese?
«Certamente sì, ma a patto che si invertano alcune logiche che negli ultimi quaranta anni hanno governato gli interventi finanziati con le risorse dell’Unione europea di sostegno allo sviluppo delle aree europee più depresse e fra queste ha trovato da sempre spazio la Calabria. In altri termini lo “strumento temporaneo per la ripresa” di cui stiamo parlando, è stato pensato per mitigare i danni economici e sociali creati in Europa dalla pandemia da coronavirus in corso. Ritengo che l’obiettivo di rendere anche una Calabria, oltre che un’Europa, più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future, possa essere più agevolmente perseguito quanto più efficacemente si contrasterà la logica assistenzialistica che spesso guida gli interventi della politica».

Le faggete vetuste nel Parco del Pollino

Su quali priorità dovrebbero essere impiegate quelle risorse per potenziare il sistema creativo-culturale calabrese?
«Prioritario dovrebbe essere l’innalzamento della qualità della vita della popolazione calabrese. Se si investe nel miglioramento dei servizi, nell’accesso diffuso alla cultura e nella valorizzazione delle risorse locali a trarne beneficio sarebbe l’economia complessiva della Calabria. Tale miglioramento agirà come moltiplicatore nel sistema economico-turistico rendendo il territorio ancora più attrattivo, con conseguenti ricadute positive in termini sociali, economici e culturali per la regione».

Il parco archeologico di Locri

C’è qualcosa che può fare anche la Regione per valorizzare appieno le potenzialità dell’economia culturale e creativa calabrese?
«Negli ultimi decenni si sono determinati cambiamenti rilevanti nella società, che hanno condotto alla cosiddetta “fine” della modernità, ossia al superamento del periodo storico che avviatosi con la seconda rivoluzione industriale ha tracciato un percorso di crescita della società che si è rivelato inarrestabile sia dal punto di vista produttivo che da quello della mobilità fisica delle persone, e che ha maggiormente segnato il distacco con la tradizione e con l’antico. Oggi, invece, in piena postmodernità, si tende a sostenere come prevalente l’idea che la società contemporanea non ripudi la tradizione, che anzi la ospiti presentandola come un inconsueto riepilogo di memorie e storie, e che si presenti come una società decentralizzata, destrutturata e frammentata, dove spesso è possibile sentirsi spaesati e precari. Per tali ragioni, i luoghi, con i loro più diversi contenuti, che ricomprendono oltre che le risorse storiche, artistiche e culturali, anche quelle naturali e paesaggistiche, e quelle attinenti alle specifiche identità locali, oggi assumono un protagonismo nuovo, energico e rilevante. La Regione dovrebbe quindi concentrare la propria attenzione sulla valorizzazione delle identità locali e sulla organizzazione delle centinaia di comunità di cui il territorio è costituito». (r.desanto@corrierecal.it)

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