CROTONE Approfittare della morte della piccola Ginevra, bimba di 2 anni originaria di Mesoraca, per trovare una soluzione «all’annoso problema della mancanza nella nostra regione di un piano organico per la gestione dell’emergenza urgenza in età pediatrica e, soprattutto, della mancata attivazione di un’unità operativa complessa di terapia intensiva pediatrica regionale». A fare la proposta è il presidente della Società italiana di pediatria sezione Calabria, Domenico Minasi. In nessuno degli ospedali della Calabria esiste l’emergenza urgenza e la terapia intensiva in età pediatrica e per questo la piccola Ginevra, ammalatasi di Covid-19 in forma grave, è stata trasportata al Bambin Gesù di Roma, dove purtroppo è deceduta. Il trasporto a Roma ha richiesto molto più tempo di quanto sarebbe stato necessario se in Calabria fosse stato operativo l’unità complessa di terapia intensiva pediatrica. Il tempo, in alcuni casi, salva la vita del paziente. Magari non sarebbe stato così per la piccola di Mesoraca. La casistica, però, dice che il fattore tempo ha consentito di salvare molte vite umane. Minasi, contattato dal Corriere della Calabria, dice di non volere fare polemiche e di «essere un soggetto costruttivo». Lo dice da primario ospedaliero. Il pediatra, però, il problema serio lo pone quando racconta che «nell’accordo Stato-Regione del 21 dicembre del 2017 e, in particolare, quanto stabilito dal successivo Decreto commissariale 89/2107 firmato da Massimo Scura era stata autorizzata l’attivazione nella regione Calabria di una unità operativa di terapia intensiva ad alta specialità con quattro posti letto. Il Dca di Scura prevedeva anche che, nelle more dell’attivazione e in attesa di individuare dove ubicare l’Unità operativa, venissero attivati alcuni posti nella terapia neonatale dell’ospedale di Cosenza. Questa attività – chiarisce Minasi – avrebbe riguardato bambini di un certo peso corporeo, perché operava nell’Unità neonatale». I posti destinati ai bambini «successivamente sono stati trasferiti nella Terapia intensiva dell’adulto». Del Dca di Scura, quindi, è rimasto solo l’inchiostro usato per scriverlo. Minasi non intende entrare nel merito della scelta e di chi l’ha fatta. Anche se il pediatra non vuole entrare nel merito della decisione che spoglia un santo per vestirne un altro, l’idea che viene fuori fa pensare alla solita gestione calabrese della sanità tendente ad accontentare chi conta di più. Il ragionamento del medico è lineare: si poteva approfittare della presenza del documento emanato da Scura per colmare il vuoto esistente in Calabria per la mancanza di un reparto di Terapia intensiva pediatrica e salvare così la vita di molti bambini senza il disagio del trasferimento in altre regioni. Così non è stato. Sul progetto previsto dal Dca firmato da Scura arrivati anche dei fondi: quelli messi a disposizione dal garante dell’infanzia, Antonio Marziale. Al momento non è dato sapere se i soldi messi a disposizione siano tornati indietro o sono fermi in qualche capitolo di spesa di una delle aziende sanitarie della Calabria. Minasi, quindi, non vuole polemiche e chiede con forza «una riorganizzazione dell’intera rete assistenziale pediatrica regionale, compresa quella relativa all’emergenza urgenza capace di superare le carenze strutturali, tecnologiche ed organizzative esistenti».
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