CASTROLIBERO C’è un primo step ufficiale nella vicenda delle presunte molestie di un docente nei confronti delle studentesse dell’Istituto Valentini-Majorana di Castrolibero: oggi arriveranno gli ispettori del ministero dell’Istruzione. Gli uffici del ministro Patrizio Bianchi hanno chiesto una relazione alla dirigente scolastica Iolanda Maletta che aveva annunciato nei giorni scorsi l’inizio di un’indagine interna. Per effettuare l’accertamento stamattina è arrivata nell’istituto l’ispettrice dell’Ufficio scolastico regionale Loredana Giannicola. L’intervento dell’Ufficio scolastico allo scopo di verificare i fatti denunciati era stato chiesto anche dai genitori degli studenti.
Intanto, dall’interno della scuola arrivano storie e testimonianze. Le ha raccolte Repubblica. Il decano delle materie umanistiche, Francesco Cirillo, spiega: «Se fosse vero anche solo il 10% di quello che le studentesse hanno raccontato, quel docente andrebbe radiato dalla scuola». Una delle questioni aperte dal docente investe direttamente la crescita del liceo: «In questo istituto abbiamo perso il rapporto con gli studenti. Grazie al lavoro della dirigente le iscrizioni sono esplose. Avevamo due sezioni, ora sono 12 e questo comporta un diradamento dei rapporti. Questa storia delle molestie non l’avevamo avvistata. Non ho elementi per dire che la preside l’abbia nascosta, certo ne ha gestito male la comunicazione come aveva fatto quando, a fine ottobre, un ragazzo di 14 anni era stato pestato a sangue da due balordi».
L’Istituto, infatti, è lo stesso del feroce pestaggio (foto sopra) raccontato dalle cronache nell’ottobre 2021. Una brutale aggressione denunciata dalla madre dello studente. All’epoca furono la famiglia e il legale di Emanuele a rivolgere un appello alla comunità scolastica perché si potesse ricostruire quel terribile episodio.
Oggi le denunce partono dai social e sfociano nell’occupazione dell’istituto. A parlare per prima è stata Diana, 21 anni, oggi studentessa di Fashion design a Milano. Ancora a Repubblica, la giovane spiega di aver dato un senso «al disagio che mi accompagnava» proprio dopo aver cambiato ambiente. Solo allora avrebbe capito «cosa mi era successo al liceo e cosa mi aveva fatto quel professore. A me e a decine di altre ragazzine». I commenti sessisti e le allusioni sessuali sono riportati sulla pagina Instagram che ha dato il via allo scandalo. «Ogni spunto della lezione era un’allusione porno. Dal secondo al quarto anno ha perpetrato una costante violenza nei confronti miei e delle mie compagne. Nessuna di noi, immerse come eravamo nella cultura sessista di quella scuola, ha pensato potessero essere violenze». Quello che Diana racconta oggi è un ambiente nel quale, dopo la diffusione di un video intimo da parte di un compagno con cui era fidanzata, a una richiesta di aiuto le sarebbe stato risposto con una risata. «La maturazione – dice – è avvenuta a Milano, in ateneo. Ho preso a frequentare ragazze più grandi, un collettivo femminista. Mi hanno fatto capire che tutto ciò che una donna subisce, tutto ciò per cui non è consenziente, è violenza».
È l’ambiente il nodo che lega le storie, la cui concretezza è ora sottoposta a un’inchiesta aperta dalla Procura di Cosenza (che procederà parallelamente a quella disposta dal ministero dell’Istruzione) dopo le denunce raccolte dai carabinieri di Castrolibero. La dirigente scolastica, nei giorni della protesta, ha detto di aver aperto l’inchiesta interna per ascoltare le istanze dei ragazzi e, comunque, di essere all’oscuro della situazione. I docenti spiegano di non aver intercettato i casi raccontati e il disagio crescente in un istituto che conta centinaia di iscritti. Diana, invece, dice che – per una segnalazione – i vertici della scuola si limitarono «a sospendere il prof per un mese, poi a cambiargli plesso. Passò dal Valentini al Majorana, lo stesso edificio. Aveva offerto al professore nuove prede e le vecchie continuavano a incontrarlo in corridoio». Tre verità profondamente diverse. (redazione@corrierecal.it)
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