CATANZARO Centinaia di migliaia di euro consegnati in nero in «sacchetti della spazzatura» per pagare l’acquisto di un terreno il cui importo reale ammonta a 600mila euro ma che, sulla carta, è stato pagato 250mila euro. E il resto dei 350mila?
«Lui veniva e si prendeva centomila alla volta nei sacchetti della spazzatura», racconta Carmelo Bagalà a uno dei suoi fedelissimi, Domenico Aragona. Il terreno è quello sul quale sarebbe dovuto risorgere l’Hotel dei Fiori (in foto), un vecchio fabbricato che stava decadendo tra le sterpaglie in località Cartolano di Falerna, a due passi dal mare.
Ad acquisire il terreno, con queste modalità non proprio cristalline, è stata la società Calabria Turismo srl – sottoposta ieri a sequestro preventivo su decreto del gip Matteo Ferrante – che il 12 luglio 2006 ha acquistato dalla Fin.Mar srl il vecchio fabbricato e il terreno circostante.
Secondo gli investigatori la Calabria Turismo srl «è certamente la più importante tra le società riconducibili a Carmelo Bagalà», fittiziamente coperta da una coltre di prestanome per evitare interdittive antimafia. Ma nonostante gli schermi giuridici, secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Lamezia Terme, il vero dominus era sempre Bagalà che ne parlava come di una cosa propria.
Il 23 marzo 2015 la Regione Calabria – dipartimento Turismo – ha erogato un finanziamento in conto capitale alla Calabria Turismo S.r.l. di 299.849,25 euro a titolo di 50% anticipazione di un contributo di 599.698,51 euro, pari al 40% di un investimento complessivo quantificato in 1.499.246,27 euro. Non solo.
Qualche mese dopo, il 24 novembre 2015, Francesca Bagalà ha effettuato un ulteriore versamento in conto capitale a favore della società per 350mila euro, a titolo di finanziamento infruttifero. Secondo le indagini patrimoniali svolte, aveva ricevuto 100mila euro da cognato Andrea Giunti, 100mila dal padre di questi, Paolo, e 150mila euro da Matteo Frattini. «Il denaro è stato utilizzato per avviare una faraonica ristrutturazione dell’Hotel dei Fiori», scrive il gip Matteo Ferrante.
Ma è dalle intercettazioni su Carmelo Bagalà che si apprende come il capocosca avesse beneficiato di denaro ricevuto da terze persone. «Andrea non dice niente ma ha messo anche lui quasi quattrocentomila euro!», racconta Bagalà riferendosi al genero Andrea Giunti, marito di Maria Rita Bagalà.
Altre 200mila euro sarebbero frutto di un mutuo bancario: «Un altro mutuo abbiamo fatto presso una banca». Novanteseimila euro li avrebbe ottenuti dalla figlia Maria Rita: «Cento ne aveva Maria Rita… novantasei… e me li sono presi pure».
«Centomila euro… un altro poco… me li sono fatti dare… dall’Eurolido», dice riferendosi al gestore della struttura, Vittorio Palermo.
Infine, Bagalà affermava che un’altra parte di liquidità, indicata in circa 50mila euro proveniva da un’estorsione da lui perpetrata ad una non meglio individuata impresa, che aveva realizzato la condotta fognaria.
Carmelo Bagalà, Maria Rita Bagalà, Francesca Bagalà, Antonio Gedeone, Umberto Gedeone, Alessandro Rubino e Remo Cardamone sono accusati di concorso in trasferimento fraudolento di valori. Al centro di questa vicenda c’è la società Calabria Turismo srl, costituita il 25 gennaio 2006, i cui soci erano Francesca Bagalà (10% delle quote), Umberto Gedeone (45%) e Alessandro Rubino (45%). Il 3 luglio 2006 la Cardamone Group acquista il 20% delle quote da Rubino e Gedeone. Ma, secondo l’accusa, i soci agivano come prestanome «creando uno schermo formale, che consentiva ai soci occulti di avvantaggiarsi, in maniera sistematica e continuativa, della ripartizione degli utili societari, eludendo, al contempo, possibili misure di prevenzione».
Ma che la società fosse, in realtà, cosa di Carmelo Bagalà lo dimostrerebbero alcune emblematiche intercettazioni nel corso delle quali il boss ribadiva l’assoluta subordinazione dei soci formali della Calabria Turismo (Cardamone e Rubino): «Perché tanto Rubino sta con due piedi in una scarpa […] Si, ma a Cardamone glielo dico io, va… di… fai quello che devi fare, perché tu… tu non avanzi un cazzo, … sono soldi miei questi».
In un’altra conversazione Alessandro Rubino si mostrava completamente ignaro della situazione di Falerna e dello stato dell’Hotel dei Fiori, principale investimento della Calabria Turismo, tanto che chiede a Bagalà: «Ma ora l’albergo è sbloccato? Non l’hanno bloccato? L’albergo non te l’hanno bloccato…».
«Rubino – annotano gli investigatori – si dimostrava financo all’oscuro dei diversisequestripenali che, nel corso del tempo, avevano interessato l’Hotel dei Fiori».
Secondo il gip «dall’analisi dei profili patrimoniale e reddituale emerge come il nucleo familiare negli anni abbia costituito imprese, effettuato investimenti immobiliari ed acquistato beni in assenza o incapienza di redditi ed entrate formalmente dichiarate».
Per quanto riguarda la Calabria Turismo srl il giudice rimarca che «va necessariamente sottoposto a confisca tutto il complesso delle quote sociali e dei beni aziendali, senza distinzione tra capitale originariamente lecito e capitale di provenienza illecita immesso successivamente, posto che l’impresa ha avuto la possibilità di espandersi e di produrre reddito proprio grazie all’uso distorto (in quanto squisitamente “mafioso”), che è stato fatto dei suddetti beni». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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