COSENZA La vicenda trae origine dalla contestazione di sostanza stupefacente a carico di Maria De Rose, Marcello Bennardo e Francesco Noblea, quest’ultimo oggi collaboratore di giustizia. Secondo la Procura di Cosenza il gli imputati avrebbero ceduto in diverse occasioni sostanza stupefacente nell’area di Cosenza centro. In particolare, durante il processo di primo grado era stata sentita una “madre coraggio” (anche in sede di confronto con l’imputata De Rose Maria) la quale aveva riferito di avere effettuato prelievi per estinguere i debiti nei confronti di chi aveva ceduto la sostanza stupefacente al proprio figlio e vessava lo stesso con pressanti richieste di saldo e minacce di ritorsione.
Tra le accuse, non quella relativa allo spaccio ma anche le presunte minacce rivolte alle vittime per estorcere denaro. Sono trenta gli episodi di cessione di sostanza stupefacente contestati ai responsabili, in particolare cocaina e marijuana. Dall’inchiesta emersero le minacce proferite contro i genitori degli assuntori per indurli a pagare i debiti dei figli. Dalle intercettazioni acquisite dagli inquirenti, in una occasione un uomo si sarebbe rivolto alla madre di un assuntore dicendo che senza il saldo del debito «il figlio avrebbe rischiato molto». In un’altra occasione, un intermediario si sarebbe rivolto al genitore di un “cliente” sottolineando: «non salgo sopra a picchiare per rispetto a voi che vi siete messa in mezzo», costringendola poi a consegnare la somma di 700 euro divisa in due tranche di 400 e 300 euro.
Il 28 ottobre 2019 al termine del processo svoltosi davanti al gup di Cosenza (Letizia Benigno) i tre furono condannati a pene significative. Francesco Noblea alla pena di quattro anni e 14.000 euro di multa, De Rose alla pena di quattro anni di reclusione, Marcello Bennardo a due anni. Le difese hanno proposto appello chiedendo di censurare la sentenza di primo grado per insufficienza di prove e mancanza di elementi, e richiedendo la riqualificazione del fatto nell’ipotesi di “lieve entità”, per via del modico quantitativo di sostanza ceduta oggetto delle accuse mosse. Noblea non era stato visto scambiare nulla con altre persone, non essendo stato fermato con nessun tipo di sostanza o intercettato. Allo stesso Noblea, non è mai stata sequestrata della droga e in casa non sono mai stati rinvenuti strumenti idonei alla pesatura ed alla suddivisione della sostanza stupefacente. La Corte di Appello di Catanzaro (Presidente Saullo) oggi ha riqualificato il reato in contestazione nell’ipotesi di lieve entità, rideterminando la pena inflitta a De Rose (difesa dall’avvocato De Marco) in 2 anni e 2 mesi, e dichiarando di non doversi procedere per intervenuta prescrizione a carico di Noblea (difeso dal legale Michele Gigliotti). (f.b.)
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