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mafia e politica

«Siclari sostenuto dal clan Alvaro nella campagna elettorale del 2018»

Le motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna del senatore di Fi a 5 anni e 4 mesi. Un «patto strategico» con la cosca per aumentare il bacino elettorale

Pubblicato il: 11/02/2022 – 17:32
«Siclari sostenuto dal clan Alvaro nella campagna elettorale del 2018»

REGGIO CALABRIA La cosca avrebbe aiutato il senatore a «espandere» il proprio bacino elettorale. E si sarebbe «impegnata» a sostenere, «alle elezioni regionali del gennaio 2020», il candidato Domenico Creazzo, sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Di più: secondo il gup Maria Rosa Barbieri, tra il parlamentare di Forza Italia e gli Alvaro «fu stilato tra Siclari e gli Alvaro un accordo illecito funzionale allo scambio tra utilità corrisposte dai candidati e sostegno offerto dalla famiglia mafiosa nella specifica campagna elettorale dell’anno 2018». Le motivazioni della sentenza “Eyphemos” tracciano un quadro inquietante dei rapporti tra mafia e politica. Marco Siclari è stato condannato, a conclusione del processo con rito abbreviato, a 5 anni e 4 mesi per scambio elettorale politico mafioso. Per lui il gip aveva disposto gli arresti domiciliari, misura cautelare mai applicata, visto che l’istruttoria avviata dalla Giunta per le immunità parlamentari non si è conclusa con una votazione, seppure sia trascorso un anno e sette mesi.

«La cosca Alvaro gioca un ruolo importante nell’espansione del bacino elettorale di Siclari»

«La cosca Alvaro rappresentata da Domenico Laurendi – si legge nella sentenza – gioca un importante ruolo nella espansione del bacino elettorale del senatore Marco Siclari e si è impegnata attivamente nel sostegno, alle elezioni regionali del gennaio 2020, del candidato Creazzo Domenico, sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte». In sostanza, sarebbe esistito un «patto strategico» sulla base del quale la cosca «votò e fece votare il Siclari che portò a casa un risultato elettorale imponente, addirittura superiore al risultato riportato dal candidato del luogo alla Camera dei deputati nel collegio plurinominale, in quei comuni governati da quella struttura criminale».

I voti raccolti nei Comuni «roccaforte della cosca Alvaro»

Sono (anche) i numeri a raccontare – per il gup – la storia e l’entità di questo sostegno: è «accertato – si legge – che Marco Siclari nelle elezioni politiche del marzo 2018 candidato con il centrodestra ha riportato in Sant’Eufemia d’Aspromonte, ove è stato primo eletto, 782 voti, pari al 46,10% dei voti espressi validamente con uno scarto di 350 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento Cinque Stelle; in Sinopoli, ove è stato parimenti primo eletto, 435 voti, pari al 63,41% dei voti validamente espressi con uno scarto di 300 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento cinque stelle; in Delianuova, ove è stato primo eletto, 637 voti, pari al 49,22 % dei voti espressi validamente con uno scarto di circa 400 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento Cinque Stelle». In quei comuni, «roccaforte della cosca Alvaro», il politico forzista «conseguito una percentuale di voti ben più alta della media provinciale, grazie all’operato di Domenico Laurendi», considerato un boss del clan. Il giudice riporta una frase indicativa del rapporto tra Siclari e Laurendi. Che dice: «Questo qua è in Forza Italia … questo amico mio … questo è un dottore, Marco Siclari, di qua, quello che ha i supermercati qua a Reggio e cose, ed è a Roma! È un amico nostro… è un medico».

Il «patto strategico»

Per il gup non ci sono dubbi: «L’imponente mole di suffragi è sintomatica della circostanza che ci fu un vero e proprio eccezionale colpo di reni che lo fece schizzare ad una percentuale altissima, oscillante dal 46% al 63% in quel comprensorio preaspromontano a fronte di una percentuale conseguita nell’intero collegio elettorale del 39% dei consensi». Un «patto strategico» costato a Siclari una pesante condanna. (ppp)

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