BRUXELLES È una foto di un ventennio tra recessione e una crescita quasi stagnante quella delle regioni italiane, che emerge dall’8° rapporto sulla Coesione della Commissione Ue. Secondo l’analisi solo la provincia di Bolzano tra il 2001 e il 2019 ha segnato una crescita media del pil pro capite dello 0,63%. Lombardia (0,17%), Emilia Romagna (0,02%) e Basilicata (0,42%) mostrano comunque un segno positivo, mentre tutte le altre hanno una decrescita del pil pro capite. I cali maggiori riguardano Umbria (-0,69%), Molise (-0,50%), Sicilia (-0,48%), Valle d’Aosta (-0,45%) e Campania (-0,41%). L’intero sud si trova poi in una “trappola dello sviluppo”: la Calabria è fanalino di coda con pil pro capite inferiore al 75% della media Ue per un periodo tra i 15 e i 19 anni, Sicilia, Sardegna Campania e Abruzzo con pil inferiore alla media Ue (tra il 75 e il 100%), ma in ‘trappola’ per oltre 15 anni e Basilicata e Puglia tra 75 e 100% della media del pil Ue ma per un numero di anni compreso tra 10 e 14. Le altre regioni italiane hanno un pil pro capite strabilmente (per 15-19 anni) superiore alla media europea (Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Abruzzo) per un periodo consistente (10-14 anni, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Lazio). Sul fronte occupazione, dal Lazio e Abruzzo in giù il tasso di occupazione tra la popolazione tra i 20 e i 64 anni è ai livelli più bassi europei (inferiore al 66%), mentre Umbria, Marche, Piemonte e Liguria si attestano tra il 66 e il 70%, con il resto del Paese tra il 74 e il 78%. Per un’idea del quadro europeo, le regioni meridionali della Germania e della Svezia, ma anche una componente della Lituania viaggiano sopra l’82%.
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