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l’udienza

Processo a due sacerdoti, la teste: «Dissero a mio padre: “Ti mando i miei cugini di Nicotera”»

Oltre alla presunta estorsione don Maccarone avrebbe mandato messaggi amorosi alla teste. «Non è riuscito ed è passato alla parte debole, mia sorella»

Pubblicato il: 14/02/2022 – 20:08
di Alessia Truzzolillo
Processo a due sacerdoti, la teste: «Dissero a mio padre: “Ti mando i miei cugini di Nicotera”»

VIBO VALENTIA Prima l’apertura di un locale a Parghelia, sul corso del paese, gestito insieme al padre. Dopo un annetto minacce e attentati, poi gli affari che vanno male e l’impossibilità di pagare i creditori, in particolare di pagare chi aveva fornito gli arredi, il signo Sergio Politi. La richiesta di aiuto alla chiesa che manda la famiglia Mazzocca a parlare col segretario particolare del vescovo il quale dice di prendere in carico il problema e risolvere tutto. Ma i problemi invece di arrivare a una risoluzione raddoppiano perché politi continua a chiedere la restituzione del denaro e anche il sacerdote – che nelle more avrebbe intrattenuto una relazione “intima”, fatta di scambi di messaggi e foto hard con una delle figlie di Mazzocca – pretende la restituzione del debito, minacciando di «mandare i suoi cugini di Nicotera» contro Mazzocca.

Gli attentati al locale e la richiesta di aiuto economico al sacerdote

Ma procediamo con ordine. Nel corso del processo che vede imputati di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose, don Nicola De Luca, ex reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea e don Graziano Maccarone, ex segretario personale del vescovo dimissionario di Mileto, Luigi Renzo, è stata sentita una delle figlie di Mazzocca, colei che aveva aperto il locale a Parghelia insieme al padre. Il locale non andava benissimo ma «si poteva mandare avanti la giornata», racconta la giovane. Poi ci si sono messi gli atti intimidatori.
«Facevano piccoli attentati: i proiettili al vetro, i manifesti strappati e pitturati, o magari scritto, scusate il termine, “sei una puttana”. Sono stata minacciata anche io con lettere di morte, con benzina all’interno dell’auto. Questo dopo un annetto che avevamo aperto», spiega la teste nel corso dell’udienza del processo che si è tenuto oggi davanti al Tribunale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Tiziana Macrì.
Le difficoltà economiche incombono, Politi chiede i soldi e «tramite un sacerdote di Tropea siamo andati a Mileto e ci hanno detto “andate lì che molto probabilmente vi danno una mano”». Il sacerdote in questione era don Nicola De Luca che inizialmente ha cercato di aiutarli, poi «le possibilità non erano molte, quindi ci ha detto di andare a Mileto da questo suo conoscente. Inizialmente siamo andati all’interno della chiesa, dove si chiedevano dei prestiti, poi visto che la somma non poteva coprire quello che a noi serviva ci hanno mandato da lui». Lui in questo caso è don Graziano Maccarone, l’ex segretario dell’ex vescovo. A Mileto la teste ricorda che erano lei, sua madre e suo padre. Maccarrone, dopo avere voluto sapere i particolari della vicenda ha detto – ricorda la teste – «non vi preoccupate che me la vedo io». L’accordo era che Maccarone avrebbe dato l’intera somma a Politi. Il sacerdote si sarebbe fatto dare i contatti di Politi. La teste ricorda che loro non presero denaro perché il patto era che Maccarone sarebbe intervenuto direttamente col creditore. «Dopo qualche giorno ci ha chiamato e ci ha detto “non vi preoccupate che ho saldato io tutto”», racconta la figlia di Mazzoca.

«I messaggini amorosi nei miei confronti, poi è passato a mia sorella»

L’ex segretario particolare dell’ex vescovo di Mileto-Tropea comunicava prevalentemente con il padre della ragazza anche se, testimonia la figlia di Mazzocca, il sacerdote inizialmente «ha tentato di fare qualche messaggino amoroso nei miei confronti solo che non c’è riuscito ed è passato alla parte più debole, mia sorella».
Rispondendo alle domande della parte civile, l’avvocato Daniela Scarfone, la teste ha specificato che nei messaggi Maccarone diceva che li avrebbe aiutati con molto piacere «perché ha visto che eravamo una famiglia per bene e quindi l’aveva fatto con il cuore. Però se qualche volta, a tempo perso, volevo prendere un aperitivo, qualcosa, sotto le stelle, al mare». Messaggi ai quali la teste afferma di non avere risposto. La «parte più debole», ovvero la sorella della teste «non è mai stata abbastanza lucida, ha sempre avuto dei problemi», dice la testimone rispondendo alle domande dell’avvocato di parte civile Michele Gigliotti. La giovane, in aula, afferma che la sorella «soffre di crisi epilettiche» e che don Maccarone «faceva delle avances a lei dopo che aveva provato con me».
I due si sarebbero scambiato messaggi il cui contenuto la teste dice di non conoscere e di non essersi accorta di quanto stava accadendo anche perché lei non viveva in famiglia ma per conto suo. Solo in seguito, «messa alle strette», la sorella ha confessato quanto stava accadendo col prete che aveva fatto loro il prestito.
«Abbiamo parlato in famiglia, mio padre, mia madre e mia sorella. Poi sono stata “mandata via” perché erano messaggi molto pesanti che non faceva bene né a me né a mio fratello – che aveva 5/6 anni – sentire».

Le minacce di Maccarone: «Ti mando i miei amici di Nicotera»

Don Maccarone, ricorda la teste, aveva rapporti con Politi e diceva ai Mazzocca di non preoccuparsi che era «un problema suo adesso».
«Politi era soddisfatto?», chiede il sostituto procuratore della Dda Irene Crea.
«No, perché successivamente venne a dirci che non era stato saldato nulla», tant’è che Politi tornò dai Mazzocca a chiedere il denaro altrimenti «avrebbe agito in un altro modo».
La giovane non ricorda se Politi abbia intrapreso azioni legali per riprendersi i soldi.
«Ricorda se è venuto mai nessuno al locale a cercare di prendere le cose che c’erano dentro?», chiede il pm.
«È venuto qualcuno sì – risponde la figlia di Mazzocca –, poi ha mandato altre persone. Eravamo molto disturbati». Nonostante il padre della teste rispondesse che il debito doveva essere stato pagato ma don Maccarone «lui sosteneva che non era così».
«Sa se Maccarone voleva pure lui i soldi?», chiede il pm.
«Maccarone aveva chiesto dei soldi ma non l’intera cifra che avevamo accordato che ci prestasse».
Ad un certo punto sia Politi che Maccarone chiedevano soldi a Roberto Mazzocca. Secondo la teste, Maccarone chiedeva i soldi «non in modo gentile». «A ogni fine chiamata vedevo mio padre molto turbato», racconta la giovane. Diceva alla figlia: «Mi ha minacciato dicendo che voleva indietro i soldi altrimenti gli avrebbe mandato qualcuno». Questo qualcuno erano «gli amici di Nicotera» del sacerdote.
«Quando le ha detto “i suoi amici di Nicotera”, lei che cosa ha capito?», ha chiesto il pm.
Secondo la teste «quando si dice in questo modo vuol dire che la situazione non era chiara e leggera» e questi amici non sarebbero state persone «semplici e tranquille». La figlia di Mazzocca ha percepito che questi “amici” erano «qualcuno per fargli del male».
«Mio padre mi disse – racconta la teste – che gli mandava i suoi cugini, parenti che erano della malavita. E, sinceramente, detto da un sacerdote non sono sante parole». La giovane ricorda che le minacce sono arrivate l’estate dopo che avevano chiuso, e loro avevano chiuso il locale nel 2012.
Maccarone, dice la teste, ha detto al padre «“ti mando i miei cugini di Nicotera”, evidentemente lì ci sarà qualche malavita». Quando ha sentito le parole riferite al padre da don Maccarone la teste ha detto di essersi «intimorita» perché «al “ti mando i miei cugini di Nicotera e poi ti sparo”, credo che alcune parole abbiano un peso. Perché mio padre è stato minacciato dicendo “ ti mando i miei cugini di Nicotera e ti sparo”. L’ho saputo quando abbiamo chiuso l’attività con mio padre perché lo vedevo turbato e ho chiesto». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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