ROMA Il litorale romano terra di conquista di ‘ndrine di «primissimo piano». Una “colonizzazione” del territorio che è passata anche attraverso l’infiltrazione delle amministrazioni locali con l’obiettivo di mettere le mani sul ricco business dello smaltimento dei rifiuti. Un sistema illecito pervasivo che emerge dalla maxindagine della Dda di Roma che oggi ha portato all’arresto di 65 persone accusate anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, che da anni hanno aggredito il territorio utilizzando come grimaldello il narcotraffico.
Nella primavera del 2018, utilizzando consolidati canali con il Sud America, sono stati circa 258 i chilogrammi di cocaina fatti arrivare a Roma e l’obiettivo era di farne arrivare, utilizzando addirittura un veliero, altri 500 kg. Grazie ai proventi dello spaccio su larga scala, le cosche hanno finanziato le loro attività oliando anche funzionari pubblici e utilizzando l’apporto di uomini delle forze dell’ordine infedeli: tra gli arrestati ci sono anche due carabinieri accusati di avere rivelato notizie coperte da segreto.
Proprio oggi i carabinieri del Nucleo Investigativo della Capitale hanno effettuato una serie di perquisizioni negli uffici dei comuni di Anzio e Nettuno con l’obiettivo di acquisire ulteriori documenti che dimostrino contiguità tra gli uomini dei clan e gli amministratori locali in un rapporto che il gip definisce «solido».
«Per quello che abbiamo raccolto in questi anni – spiega uno degli inquirenti – c’è già materiale per un intervento del prefetto della Capitale». Quest’ultimo sta
analizzando le carte trasmesse da piazzale Clodio per avviare, eventualmente, le procedure che potrebbero portare allo scioglimento per infiltrazione mafiosa come già avvenuto, nel 2005, per Nettuno.
Dall’ordinanza di oltre 1.300 pagine del gip emergono i rapporti opachi tra la politica locale e le cosche. Nelle elezioni amministrative del 2018 gli affiliati si sono spesi per fare eleggere Candido De Angelis (non indagato nel procedimento). «Ieri abbiamo vinto le elezioni», dice uno degli indagati intercettato. «Il sostegno si è concentrato nella località denominata Falasche, corrispondente alle sezioni 15-16-17 del comune di Anzio», scrive il gip Livio Sabatini. Il giorno dopo la vittoria di De Angelis vengono captate «tre conversazioni di eccezionale valore probatorio rivelatrici del sostegno offerto dalle famiglie calabresi in favore di De Angelis» sottolinea il gip. «Ha sbancato proprio su tutti»; «Io so qui alle Falasche ancora. Da ieri che sto qua, stiamo spogliando l’ultimo seggio…»; «Candido è il sindaco, ha vinto e basta!».
Anche a Nettuno le cosche hanno cercato di orientare le elezioni del 2019. Per il gip «emerge la contiguità» di alcuni dei principali indagati «con vari esponenti politici» di Nettuno. In occasione delle elezioni comunali uno degli affiliati si era «attivato per convogliare i voti» su uno dei consiglieri eletti nella lista del sindaco Alessandro Coppola (anche lui indagato). In una conversazione Giacomo Madaffari, ritenuto capo di una delle due organizzazioni, «rivendicava la sua amicizia con il sindaco di Nettuno Coppola e manifestava il rischio che sarebbe disceso dall’accostamento della sua persona a quella di Coppola», scrive il gip rimandando a un’intercettazione: «Ci arrestano … e…cacciano pure Coppola». Per il gip, infine, «le intercettazioni dimostrano che i componenti della locale di ‘ndrangheta si sono anche avvalsi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza al vincolo associativo per l’ottenimento degli appalti». In un dialogo uno degli indagati ricorda di aver minacciato un uomo aggiudicatario di un appalto per la manutenzione delle scuole. «E com’è che stai a fare le scuole ad Anzio? – si legge – E’ il primo intervento che fai? Ecco, dico, basta! Devi venire te da Aprilia a fare il malandrino ad Anzio» e lui mi ha risposto: «perché ad Anzio che c’è la mafia?». (Ansa)
In carcere sono finiti:
Ai domiciliari sono finiti:
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