KIEV Da una parte gli sforzi diplomatici sempre più intensi di Emmanuel Macron per una de-escalation, dall’altra l’allarme Usa su un’invasione dell’Ucraina che ormai non sarebbe più imminente ma ormai praticamente avviata. La crisi che oppone il Cremlino all’Occidente si prolunga con dichiarazioni mentre la Bielorussia avverte che truppe di Mosca rimarranno sul suo territorio anche dopo la fine delle manovre congiunte. E nel Donbass si continua a sparare, con i separatisti filo-russi che accusano le forze di Kiev di avere ucciso due civili, i primi dalla ripresa dei combattimenti nella regione. I civili, secondo le fonti dei ribelli, sarebbero morti in un bombardamento di artiglieria nel villaggio di Pionerskoye, nell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, a sette chilometri dal confine russo. I tiri dell’artiglieria ucraina, secondo la stessa fonte, avrebbero distrutto cinque edifici. Ogni incidente come questo rischia di portare a “conseguenze irreparabili”, avverte il portavoce del Cremlino Dmity Peskov. E proprio per questo, nella nuova conversazione telefonica avvenuta oggi tra i due, il presidente russo Vladimir Putin e quello francese Macron hanno concordato che bisogna lavorare alla de-escalation partendo proprio da un cessate il fuoco nell’est dell’Ucraina.
L’annuncio dell’Eliseo è stato confermato dal Cremlino, e successivamente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando anch’egli con Macron, si è detto favorevole all'”introduzione immediata” di una tregua attraverso la convocazione urgente di una riunione del gruppo di contatto trilaterale”, di cui fanno parte Ucraina, Russia e Osce. Nella giornata di lunedì è prevista una riunione d’emergenza di quest’ultima organizzazione e un nuovo colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e l’omologo francese Jean-Yves Le Drian. Puntualmente, a smorzare le speranze di una soluzione diplomatica arrivano gli allarmi diffusi dall’intelligence americana attraverso i media: la Cnn afferma che i russi hanno già schierato il 75 per cento delle loro truppe convenzionali in posizione di attacco, mentre alla Cbs il corrispondente per la sicurezza nazionale David Martin si spinge a dire che i comandanti russi hanno già ricevuto l’ordine di invadere l’Ucraina e stanno mettendo a punto i necessari piani. Un’affermazione che va addirittura oltre quella fatta poche ore prima dalla vice presidente Kamala Harris, secondo la quale, ormai, “Putin ha preso la sua decisione”.
E alla profezia catastrofica del premier britannico Boris Johnson, per il quale Mosca pianifica “la più grande guerra in Europa dal 1945”. “Non c’è alcun motivo per la Russia di attaccare nessuno”, controbatte Peskov, invitando i Paesi occidentali a “tornare a essere ragionevoli”. Ma certo non aiutano ad allentare le tensioni le dichiarazioni del governo bielorusso, secondo il quale la Russia lascerà proprie truppe nel Paese vicino anche dopo la fine delle esercitazioni congiunte durate dieci giorni. Anzi, avverte il ministro della Difesa bielorusso, Viktor Khrenin, Mosca e Minsk hanno deciso di istituire una “task force appropriata, che se necessario è pronta a combattere”. Proclami che secondo l’Eliseo Putin avrebbe smentito nel suo colloquio con Macron. I venti di guerra non smorzano tuttavia la volontà di trovare una soluzione negoziata. Della crisi ucraina e in generale della situazione della sicurezza in Europa torneranno a parlare lunedì a Bruxelles i ministri degli Esteri della Ue. In quest’occasione, il capo della Farnesina Luigi Di Maio vedrà per uno scambio informale il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba, già incontrato a Kiev martedì scorso.
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