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L’inchiesta

Truffa per crediti anche dalle Asp calabresi, blitz delle fiamme gialle a Milano

L’inchiesta della Procura meneghina riguarda crediti sanitari di tre regioni. Il valore nominale supera il miliardo di euro

Pubblicato il: 22/02/2022 – 15:33
Truffa per crediti anche dalle Asp calabresi, blitz delle fiamme gialle a Milano

MILANO Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, in un’inchiesta che ipotizza i reati di associazione per delinquere, truffa e corruzione tra privati, sta effettuando perquisizioni e acquisizioni in Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte nei confronti di persone fisiche e società «a vario titolo coinvolte in articolate operazioni di cartolarizzazione di crediti cosiddetti “sanitari”» per un «valore nominale di riferimento pari ad oltre un miliardo di euro». Lo spiega in una nota il procuratore facente funzione Riccardo Targetti. Le indagini, coordinate dall’aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Carlo Scalas e Cristian Barilli, vedono al centro «le modalità di strutturazione di prodotti obbligazionari, con sottostante rappresentato da crediti “sanitari” vantati nei confronti di Aziende sanitarie Locali calabresi, campane e laziali».
Obbligazioni, ossia bond, caratterizzate da “criticità”, data la «cessione dei crediti da parte di società che presentano indici di pericolosità fiscale» e «economico-finanziaria». Crediti, poi, in prevalenza relativi «a prestazioni sanitarie rese ‘extra budget’ e quindi eccedenti i limiti di spesa imposti alle Aziende sanitarie». E ancora: «plurimi processi di ‘ri-cartolarizzazione’, allo scopo di garantire, nei vari passaggi, laute commissioni agli operatori economici intervenuti nel ‘deal’, soprattutto in favore di società italiane ed estere riferibili agli indagati, che hanno svolto funzioni di ‘arranger’ e ‘sub-servicer’».
Altre “criticità” di questi bond sarebbe il «valore nominale di riferimento pari ad oltre 1 miliardo di euro” e il «collocamento presso una vasta platea di investitori istituzionali».

Coinvolto il broker Torzi

C’è anche il broker molisano Gianluigi Torzi, che fu arrestato per il caso dell’acquisto di un palazzo a Londra con denaro del Vaticano, tra i 5 indagati nell’inchiesta milanese che oggi ha portato la Gdf a effettuare perquisizioni e acquisizioni per una presunta truffa da 1
miliardo di euro su “operazioni di cartolarizzazione di crediti cosiddetti ‘sanitari'”.
Torzi, anche già indagato nel fascicolo sulla presunta truffa da 15 milioni di euro alla storica società di mutuo soccorso ‘Cesare Pozzo’ (da cui nasce questo nuovo filone), è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata e corruzione tra privati.

Il sistema della truffa ricalcato dai “mafia bond”

Al centro dell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, coordinata dall’aggiunto Romanelli e dai pm Barilli e Scalas, ci sarebbe il cosiddetto ‘gruppo Torzi’, ossia la ‘piattaforma’ societaria attraverso la quale il broker avrebbe acquistato crediti sanitari, che imprese del settore vantavano nei confronti di Asl calabresi, campane e laziali. In particolare, con operazioni di “cartolarizzazione” avrebbe fatto investire su quei crediti una serie di “investitori istituzionali”. Un meccanismo simile a quello del presunto maxi raggiro ai danni della ‘Cesare Pozzo’. A carico di Torzi e altri, tra l’altro, sono state di recente chiuse le indagini su questa presunta truffa.
Ora inquirenti e investigatori dovranno ricostruire ogni singola operazione per capire se la ‘piattaforma Torzi’ sia riuscita a mettere a segno anche un’altra maxi truffa su quei crediti sanitari per un valore nominale di circa 1 miliardo. Le imprese sanitarie che vantavano i crediti sulle Asl, stando a quanto ricostruito, presentavano profili di criticità «sia fiscale che economico-finanziaria» e li avrebbero ceduti al gruppo Torzi, con uno schema che ricalca quello dei cosiddetti “mafia bond”. A sua volta, il broker per acquistare quei crediti avrebbe reperito le risorse sul mercato da investitori istituzionali, che si aspettavano di riavere indietro capitale e interessi. I crediti sanitari, che una volta riscossi dovevano servire a liquidare gli investitori, erano, però, in gran parte «inesigibili», perché le imprese del settore che li vantavano avevano realizzato delle prestazioni “extra budget” e quindi le Asl non le potevano rimborsare. Con questo schema, in pratica, avrebbero guadagnato sia le imprese sanitarie, cedendo i crediti, che il gruppo Torzi, mentre le risorse versate dagli investitori che si aspettavano dei guadagni sarebbero andate ‘in fumo’. Torzi è accusato anche di corruzione tra privati perché avrebbe versato soldi, secondo l’accusa, al manager di un noto gruppo, il quale a sua volta avrebbe convinto la sua impresa ad investire nella ‘piattaforma Torzi’.

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