CASTROVILLARI Dichiarazioni spontanee rese da Pasquale Forastefano (difeso dall’avvocato Cesare Badolato), questa mattina, in udienza al Tribunale di Catanzaro. L’imputato è coinvolto nel procedimento scaturito dall’indagine denominata “Kossa” che lo vede coinvolto insieme ad altre persone. Pasquale Forastefano (che ha optato per il rito abbreviato) ha risposto alle contestazioni mosse dall’accusa nei suoi confronti, con riferimento alle presunte condotte estorsive. E poi, ha riferito sul suo rapporto con il padre Domenico e sul suo presunto ruolo di reggente richiamando quanto contenuto nella pagina 43, rigo 25 dell’ordinanza dell’inchiesta dove la procura si focalizza sulla «partecipazione al sodalizio criminale di Pasquale Forastefano».
Tre anni di indagini (dal 2016 al 2019) della squadra mobile di Cosenza, guidata dall’allora vicequestore Fabio Catalano e dal Servizio centrale operativo della polizia, e dirette dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal Pm antimafia Alessandro Riello. Ventisei le persone finite nel registro degli indagati e ritenute a vario titolo vicine, contigue o intranee al gruppo criminale della famiglia Forastefano. Protagonista nei comuni di Cassano allo Ionio, Rossano e Corigliano (oggi città unica), tra la fine degli anni 90′ e il primo decennio del 2000, di una sanguinosa guerra con il clan rivale degli “zingari” facenti capo alla famiglia Abruzzese. Tutti episodi finiti nelle carte delle inchieste “Timpone Rosso”, “Lauro”, “Lauro 2” e “Omnia”. Al sangue ed ai proiettili, le famiglie avrebbero poi preferito il business e il denaro scegliendo di sotterrare l’ascia di guerra a favore di una pax mafiosa che avrebbe consentito alla famiglia Forastefano di rimanere presente soprattutto nel comune di Cassano allo Jonio. (f.b.)
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