LAMEZIA TERME La crisi internazionale, i programmi in vista del Pnrr, ma anche la crisi delle coalizioni sono al centro del nuovo episodio di In Primo Piano, talk di approfondimento de L’altro Corriere Tv in onda su canale 16. I temi vengono sviscerati nel dialogo tra il conduttore Danilo Monteleone e Gaetano Quagliariello, che preannuncia l’uscita del suo prossimo libro dal titolo “La società calda” e, nei giorni scorsi, si è schierato a favore dell’appello contro le querele temerarie, e per la libertà di stampa, lanciato dal Corriere della Calabria assieme ad altre testate, all’Ordine regionale dei giornalisti, al Sindacato giornalisti e all’Unci.
Inevitabile, nel principio del discorso, il dibattito sulla crisi che in queste ore, dopo l’assedio russo in Ucraina, sta sconvolgendo la comunità internazionale. «Il vero rischio è che lancette dell’orologio vengano spostate all’indietro, ad un periodo in cui vigeva un altro ordine mondiale rispetto a quello creatosi dopo il 1991», dice il senatore. «La democrazia e la libertà per alcune popolazioni sono in forse. In prospettiva si potrebbe creare un problema di questo tipo per tutto il Continente e dobbiamo chiederci se oggi siamo disposti a pagare dei prezzi per difenderle, come umanità e come Europa». La crisi attuale non è nata dall’oggi al domani. «Probabile ci siano stati degli errori. – dice Quagliariello –. Forse i rapporti con la Russia avrebbero potuto essere giocati in altro modo e il ruolo dell’Ucraina sarebbe potuto essere immaginato come “ponte” tra Europa e Russia. Ma la storia non si fa con i se e con i ma. Di fatto l’immissione dell’Ucraina nella Nato è stata bloccata e Putin, anziché tornare indietro dando una soluzione alla crisi, ne ha approfittato per invadere, attaccare e mettere in dubbio la stessa esistenza dell’Ucraina come Stato».
Particolare non irrilevante è che «nella conferenza stampa (Putin, ndr) teneva dietro la bandiera della federazione russa e lo stemma dei Romanov. Il suo obiettivo è quello della “Grande Russia” legato al periodo staliniano dove il rapporto di potenza era usato come arma per espandere il Comunismo».
Nel quadro attuale a farne le spese potrebbero essere anche Paesi, come l’Italia, dipendenti dalle risorse russe. Aspetto che secondo Quagliariello era stato già messo in evidenza – e doveva destare fin da allora le opportune contromisure – dopo la “crisi di Crimea”. «Ora è evidente che questa crisi non durerà poco e la risposta dev’essere data con le armi moderne, che sono anche quelle dell’economia. Il tema sarà quello delle sanzioni, non così semplice. La storia ci insegna che per essere effettive devono far male a chi le subisce e devono inoltre comportare un prezzo da pagare per chi le fissa. C’è bisogno di un dibattito approfondito, di una solidarietà tra alleati. Ma il punto è – ribadisce – c’è la volontà di pagare un prezzo per difendere libertà e democrazia? Fatta la premessa bisogna fare in modo di non creare smagliature tra i Paesi che partecipano a questo sistema».
«È necessaria una revisione della politica energetica attuale. Spero che il parlamento non si limiti ad applaudire Draghi. La scelta di dipendenza avrebbe potuto avere una sua razionalità economica in un mondo che avesse conquistato la pace in maniera stabile. Noi avevamo tutti i segnali della crisi Est-Ovest.
Solidarietà che l’Italia aveva saggiato proprio durante questa pandemia attraverso la possibilità di accedere alle risorse del Pnrr, messe a disposizione (condizionata) dagli Stati membri. «C’è bisogno di due cose: di una visione, ovvero come vogliamo spendere questi soldi posto che il concetto “nordico” di sviluppo è stato spazzato via dalla pandemia; di capacità a livello di sindaci, Regioni, ci devono essere degli interventi, soprattutto sulla burocrazia, che permettano di mettere a terra questi soldi su progetti validi». Presupposti interconnessi anche con le altre tematiche che animano l’agenda di governo, ma che rimangono fuori dal Piano di investimenti europeo. Su tutti la statale 106. «Il nostro Paese – dice il senatore – si è concentrato, soprattutto dal punto di vista delle infrastrutture, sulle “grandi opere”. Un concetto di sviluppo che tenga conto delle indicazioni pervenute dalla pandemia, di rivedere la realtà dei borghi, dei Paesi, deve porre il collegamento tra le grandi arterie e il sistema diffuso. Se noi abbiamo un investimento enorme sull’alta velocità che poi arriva in mezzo al deserto non ci sarà un effettivo afflusso di turismo, miglioramenti per i calabresi che tornano quindi ritorno economico degli investimenti».
Positivo il giudizio sui primi mesi del governo Occhiuto in Calabria. Ma il senatore, che ha avuto un ruolo attivo nell’ottimo risultato conseguito dall’esordiente “Coraggio Italia” nella coalizione a sostegno del neo-governatore, ammonisce: «Occhiuto si è dimostrato all’altezza delle sfide poste. La vera prova nei cinque anni, però, è quella di passare a dirigere l’orchestra. Che lui sia un eccellente solista era noto, ma ad oggi (come lista, ndr) ci aspettavamo un maggiore coinvolgimento». Tutto sommato, la coalizione di centrodestra è salda a livello locale. Diverso il discorso a livello nazionale dove la doppia prospettiva da dentro e fuori il governo Draghi degli alleati sta provocando più di una tensione. Qui, nelle parole del senatore, il problema investe una prospettiva più ampia che investe tutte le coalizioni: Bisogna rispettare le scelte fatte davanti agli elettori», dice.
«Io penso che per una serie di fatti che hanno una portata storica come ad esempio la pandemia, il governo Draghi e da ultimo la guerra sia nata nel Paese una richiesta di politica diversa fondata sulla competenza, sulla moderazione, sul rispetto dei vincoli esterni. È nato un bisogno di centralità che si alimenta anche per le insufficienze delle coalizioni che oggi sono più l’espressione di una convenienza aritmetico elettorale».
Anche per questo il senatore guarda in avanti, al nuovo soggetto politico prossimo alla nascita. «Noi metteremo in dubbio “Coraggio Italia” e creeremo una cosa più ampia che chiameremo “Italia al Centro” dentro cui dovranno entrare partiti, liste civiche, associazioni, persino i giornali. Quella parte di società che sente questo bisogno di una politica differente, quindi anche di partiti. Nell’ultimo periodo sono stato impegnato a scrivere un programma per un partito centrale per il Mezzogiorno dopo la pandemia». Un progetto che, nelle parole del senatore, deve rispondere ai bisogni dell’elettore più che fungere da adattamento alla legge elettorale del tempo. «Il maggioritario è oggi indifendibile in Italia. – conclude Quagliariello – Si opta per questo sistema perché il governo venga scelto dai cittadini, ma abbiamo avuto tre governi diversi rispetto alle coalizioni votate. Se vogliamo fare uno sforzo bisogna creare una forza centrale, dobbiamo fare un tentativo indipendentemente dalla legge elettorale perché c’è bisogno di una politica differente. Poi la collocazione dipenderà anche dalla interazione con le altre forze politiche. I grandi temi sono oggi le guerre, il Pnrr, il nuovo sistema sanitario. Le coalizioni non sono un dato etnico soprattutto se viste dalla parte degli elettori, che scelgono in base alle loro sensibilità». (redazione@corrierecal.it)
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