COSENZA «Sei libero solo quando smetti di credere nella ‘ndrangheta. Sei ‘ndraghetista per diritto di successione, ma piano piano ho iniziato a credere all’amore». Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia, interviene nel corso di Buongiorno Regione per raccontare la sua «conversione», il passaggio «all’altra riva». Nel libro “Passiamo all’altra riva. Switchare la vita?”, impreziosito dalla prefazione di Papa Francesco, Benito Giorgetta dialoga con Luigi Bonaventura che accende una scintilla per fare antimafia: seminare la cultura della non violenza, dopo un tortuoso e complicato processo di purificazione e nuova integrazione.
«Non credere nella ‘ndrangheta è già una forma di pentimento, l’avvio di un percorso di crescita nella conversione», aggiunge il collaboratore di giustizia. Che poi rivolge un pensiero alle donne della sua vita: «il loro contributo nella lotta alla mafia è importante, bisogna sostenerle e incoraggiarle. Mia mamma e mia moglie mi sono state accanto e insieme alla donna della mia vita ho dato vita ad una associazione che aiuta e sostiene i collaboratori di giustizia. Non si tratta di un’associazione di pentiti, ma di sostenitori che combattono per i diritti dei loro familiari». «nasci ‘ndranghetista», continua Bonaventura, «mi sono ritrovato in quella realtà criminale e me ne sentivo parte integrante, il mio era un cuore buio ed ero portato a credere che i soldi servissero ad ottenere il potere». Poi la decisione di chiudere con il passato torbido e di ricominciare per amore dei suoi cari. «Oggi sono felice, mi sento un buon cittadino e un buon cristiano. Non abbandonerò mai la Calabria». Bonaventura, conclude l’intervista confessando di avere un rimorso: «Avrei preferito nascere in una famiglia non legata alla ‘ndrangheta. Il destino non si cambia, ma si può scegliere come vivere».
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