CATANZARO «I giornalisti si trovano maledettamente soli contro chi vuole ridurli al silenzio ed all’accondiscendenza». È un atto di denuncia forte quello che Ezio De Domenico, 63 anni, messinese di origine e catanzarese di adozione, dal 2013 responsabile della redazione della Calabria dell’agenzia Ansa, solleva contro le querele temerarie che definisce un fenomeno «assolutamente scandaloso ed intollerabile». Per questo ritiene che le reazioni registrate alla battaglia promossa dal Corriere della Calabria assieme ad altre testate, all’ordine e al sindacato dei giornalisti, «fanno ben sperare».
Anche se su un cambiamento prossimo della situazione, De Domenico si dichiara «moderatamente pessimista». Un pessimismo legato, secondo il responsabile calabrese dell’Ansa, all’atteggiamento della classe politica «non è molto sensibile su queste tematiche». «Anzi – sottolinea De Domenico – a volte fomenta la sfiducia ed in alcuni casi l’odio che, spesso, circondano i giornalisti».
Giornalisti e testate sempre in prima linea in Calabria per informare e spesso approfondire notizie “scomode”. Devono fare i conti con minacce personali ma sempre più spesso con quelle “velate” rappresentate dalle querele temerarie. Quanto è odioso questo fenomeno?
«Anzitutto diciamo che non ci sono notizie “scomode” o “comode”. Le notizie, in quanto tali, vanno sempre e comunque pubblicate. A prescindere da coloro che possono trarne un beneficio o un danno. Detto questo, aggiungo che più che odioso, secondo me il “fenomeno”, come lo definisci tu, delle “querele temerarie”, è assolutamente scandaloso ed intollerabile. Ci troviamo di fronte, in realtà, ad un evidente tentativo di intimidazione ai danni dei singoli giornalisti e dell’intera categoria, non adeguatamente tutelata, mi dispiace dirlo, dai suoi organismi professionali. Avremmo bisogno di essere protetti da chi vuole ridurci al silenzio ed all’accondiscendenza, ma in realtà siamo soli, disperatamente soli, davanti al dovere cui dobbiamo adempiere di garantire un’informazione corretta e completa. Dobbiamo resistere, però, a qualsiasi intimidazione o, peggio, minaccia. Perché è nostro diritto, e anche dovere, farlo».
Qual è il tuo atteggiamento ogni qualvolta siete raggiunti da una querela che si dimostra palesemente intimidatoria o vessatoria?
«Devo dire che, almeno per quanto ci riguarda, per fortuna capita di rado. Forse ci salva, come giornalisti di agenzia, la nostra, direi quasi maniacale, attenzione ad un racconto rigidamente cronistico dei fatti. In questo senso, inoltre, ci è di aiuto sicuramente anche la circostanza di non esprimere mai opinioni sulle vicende delle quali ci occupiamo quotidianamente. Ma io mi metto nei panni di chi viene querelato o è destinatario di azioni civili risarcitorie. E mi pongo in maniera totalmente solidale nei confronti di questi colleghi ed alle difficoltà che devono affrontare».
Noti che c’è una sorta di pudore all’interno delle redazioni quando si è raggiunti da una querela o da una richiesta di risarcimento danni per una notizia pubblicata. Anche se è supportata da elementi di riscontro.
«Il pudore, in casi del genere, è un atteggiamento totalmente sbagliato. Anzi, quando si è presi di mira in modo così insolente e sfacciato, bisogna farne oggetto di dibattito e di confronto. Perché la solidarietà e la vicinanza non solo da parte dei colleghi ma di tutto il mondo dell’informazione, sono assolutamente indispensabili e non possono che essere d’aiuto in queste incresciose situazioni».
Molti colleghi in gran parte freelance restano ancor più esposti a questo genere di attacco. Devono fronteggiare richieste economiche esorbitanti, praticamente da soli. Come si può ovviare a questo vuoto di tutela?
«Non per nulla, parlavo prima della necessità di tutela e protezione che deve scattare in questi casi. Penso, per esempio, ad una possibile forma di assicurazione che potrebbe essere studiata. Ma temo che i costi per attuare un’operazione del genere sarebbero molto alti. E, in ogni caso, si tratta di una strada difficilmente percorribile se non si ha alle spalle un’azienda editoriale che abbia la forza anche economica per difendere i suoi giornalisti in questo tipo di vicende».
Perché questa battaglia avviata contro le azioni civili e le querele temerarie dovrebbe unire tutti gli addetti all’informazione, ma soprattutto i lettori calabresi?
«Perché i lettori hanno il diritto di essere informati da giornalisti realmente liberi e non condizionati. Il lettore, comunque e per fortuna, ormai nella stragrande maggioranza dei casi è maturo e perfettamente consapevole del livello di professionalità, attendibilità ed autorevolezza di chi scrive e pubblica le notizie, che, si badi bene, non sono mai né brutte, né cattive. Sono solo ed esclusivamente “notizie”, che non hanno né “colore” e né “odore” e, in quanto tali, sempre e comunque da pubblicare perché è nostro dovere farlo. Senza timori reverenziali o, peggio, paure nei confronti di nessuno».
Cosa fare per coinvolgere maggiormente la società civile su questo fronte?
«La società civile, almeno quella che realmente esprime il comune sentire al bene ed alla legalità, è già consapevole di questa situazione e sa da che parte stare. Ed i giornalisti che in molti casi hanno pagato con la vita il loro impegno contro i “poteri forti”, e mi riferisco soprattutto ai poteri criminali, ma non solo a quelli, ovviamente, rappresentano la dimostrazione di quanto sia importante ed essenziale il nostro lavoro».
E per spingere i rappresentati politici ad adottare provvedimenti che tutelino la libertà di informazione contro questo genere di condizionamento?
«Devo dire che, su questo specifico aspetto, sono meno ottimista e fiducioso. La classe politica, nella maggior parte dei casi, non è molto sensibile a queste tematiche perché ha altro a cui pensare. Anzi, a volte fomenta la sfiducia ed in alcuni casi l’odio che, spesso, circondano i giornalisti. Con altrettanta sincerità, comunque, devo dire che fanno ben sperare, in questo senso, le reazioni positive che ci sono state in generale, ed in particolare a livello politico, imprenditoriale e sindacale, all’appello contro le querele temerarie che è stato lanciato nei giorni scorsi da Ordine e Sindacato dei giornalisti della Calabria e da molte testate online, come il Corriere della Calabria, e cartacee».
Sei fiducioso che almeno su questo aspetto le cose possano cambiare al più presto?
«No, purtroppo. Non sono affatto fiducioso. Anzi, sono, diciamo così, “moderatamente pessimista”. Ci vorrebbero una sorta di “sollevazione generale” ed un movimento di opinione molto vasto e qualitativamente elevato contro chi vuole chiaramente intimidirci. Ma dubito, sinceramente, che questa eventualità possa realizzarsi concretamente». (r.desanto@corrierecal.it)
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