Le due legislature regionali successive al 2010, quelle presiedute la prima da Giuseppe Scopelliti e la successiva da Mario Oliverio, si sono rivelate al minimo sindacale sul piano amministrativo e non esattamente esaltanti sul piano dell’attività legislativa. Come dire appena sufficiente l’attività della Giunta, disastrosa quella del Consiglio regionale.
Per quanto riguarda il centrosinistra e il Pd, la presenza in Consiglio nelle due legislature, passata all’opposizione la prima e in maggioranza la seconda, si è determinata, almeno nella zona centrale ma credo in tutta la regione, col trionfo di quello che da tempo mi è sembrato di poter definire neo notabilato. Niente di disdicevole naturalmente ma certamente frutto di una concezione della politica e dei partiti impostata sul consenso e sulla popolarità personale piuttosto che su un progetto politico complessivo da portare avanti. Sul piano istituzionale, ho detto, risultati piuttosto scarsi ma invece effetti disastrosi sulla struttura e presenza del partito.
Quando parlo di Partito intendo riferirmi a una forza militante e partecipativa che utilizza tutte le competenze di cui dispone per elaborare una capacità propositiva che tocca poi ai rappresentanti istituzionali di trasformare in attività legislativa e amministrativa.
Più sinteticamente gli eletti come strumento del Partito e non il contrario cioè un Partito al servizio degli eletti magari per più ambiziosi traguardi.
A Catanzaro il risultato di siffatte scelte e la contraddizione oggettiva tra questi due punti di vista ha portato all’annientamento del Partito democratico. In una prima fase addirittura l’impossibilità di giungere a definire compiutamente gli organismi dirigenti (che rappresentano il veicolo della capacità propositiva), sui quali gli “eletti” pretendevano di esercitare un forte condizionamento e in una fase successiva con una compromissoria determinazione degli organismi stessi scompaginati poi dalla definitiva decisione degli “eletti” di lasciare comunque il partito.
La rappresentazione plastica del risultato è stata l’assenza di una sede a Catanzaro e la sparizione dei rappresentanti istituzionali del capoluogo di regione in Comune e al Consiglio regionale, e una prolungata drammatica assenza del Pd dallo scenario politico.
Un tentativo di recupero dal basso in città aveva contribuito nel 2020 all’elezione di un diverso consigliere, ma quell’esperienza non ha avuto tempo e modo di poter estrinsecarsi a causa della prematura fine della legislatura.
E veniamo agli ultimi avvenimenti. Alla speranza di poter giungere a un diverso modus operandi del Pd e del centrosinistra sostenuto principalmente dai circoli della città di Catanzaro, si è reagito con determinazione e finanche con violenza. Ora errare è umano ma voler perseverare è veramente diabolico e diabolico è stato il percorso messo in atto per assicurare che il “partito degli eletti” continuasse ad esistere.
Questa volta, tuttavia, esistono due sostanziali differenze entrambe peggiorative.
I precedenti notabili hanno portato un discutibile contributo politico ma certamente voti a vagonate, ottenuti principalmente sul piano personale e con una curiosa virtuosa sinergia tra loro. Questa volta invece, il notabile è stato prima costruito e poi protetto da ogni insidia raschiando il barile dei consensi di partito e stroncando ogni possibile antagonista. Si consideri che il secondo seggio non era assolutamente prevedibile ed è scattato solo grazie a un errore “tecnico” del raggruppamento di De Magistris che ha “regalato” un paio di seggi al centrosinistra. Raggiunto il risultato si è passati con ogni mezzo all’occupazione del Partito. I fatti sono noti e trovo finanche noioso tornarci sopra, se non per una piccola osservazione su alcuni “astanti non del tutto innocenti”, quelli che hanno sostanzialmente aiutato a scrivere questa brutta pagina confondendo le vicende congressuali del Pd con le elezioni comunali di Catanzaro e quegli altri che se il coraggio non ce l’hai non puoi trovarlo al supermercato.
La seconda differenza, ancora più grave, è che questa volta l’intera operazione è stata studiata a tavolino e imposta dall’organizzazione delle oligarchie romane che hanno fatto fuggire Nicola Zingaretti e che, mi pare, Enrico Letta non stia riuscendo nella sostanza a governare. Da tempo, fin dal commissariamento quelle oligarchie hanno “consegnato” il Partito calabrese a una certa corrente, in una sorta di perversa lottizzazione, che non poteva tollerare “incidenti di percorso”.
Vedremo quel che accadrà al primo test a giugno ma di questo magari parliamo un’altra volta.
già DG AO Annunziata di Cosenza
già direttore del Dipartimento Oncoematologico dell’AO Pugliese Ciaccio Catanzaro
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