LAMEZIA TERME Un lungo interrogatorio quello a cui è stato sottoposto il collaboratore di giustizia, Giuseppe Comito, ascoltando per la prima volta nel corso dell’ultima udienza del processo “Imponimento”, in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme. Le domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, hanno toccato diversi aspetti legati alle attività delle cosche Anello-Fruci sul litorale tirrenico, tra Pizzo e la zona industriale di Lamezia Terme, con particolare riferimento ai villaggi turistici, con dietro la regia di altri esponenti di spicco della ‘ndrangheta vibonese.
«Sono stato dentro ad alcune situazioni del villaggio di Pizzo – ha raccontato proprio Comito – quando per esempio sono state realizzate delle villette per gli inglesi. Prima di fare i lavori, però, Stillitani aveva chiesto a Saverio Prostamo di chiedere a sua volta a Nino Accorinti se le ditte scelte andavano bene, parliamo del 2006 o 2007». «Si trattava – spiega – di villette affiancate al Club Med a Pizzo, tra il Villaggio Valtur e il Garden Club. Era Emanuele Stillitani a chiedere. Ricordo precisamente che c’erano i lavori di sbancamento che non li ha fatti Nazzareno Mannella, prima uno di Vibo Marina, e prima ancora una ditta di Portosalvo, ma era Stillitani a scegliere poi una impresa di due fratelli di Pizzo». «Francesco Barba avrebbe dovuto fare i lavori, questa l’indicazione arrivata agli Stillitani tramite Nino Accorinti che decideva quali ditte dovevano prendere i lavori, era poi Barba che passava l’estorsione direttamente a Pantaleone Mancuso. Le informazioni passavano da me o da Nino Accorinti, attraverso Saverio Prostamo che era di fatto lui ad interfacciarsi con Emanuele Stillitani».
«Nel corso dei mesi poi – ha racconta ancora il pentito Comito – ci sono stati molti incontri, ma so che volevano togliere Nino Polito per la lentezza delle tempistiche, ma non è stato fatto. C’era Accorinti che legalmente non aveva alcun ruolo, ma è stato lui ad imporre che Polito finisse i lavori. Ne parlavamo spesso, anche quando andavo a mangiare a casa di Accorinti, era lui che spingeva affinché Polito non fosse cacciato, nonostante le mancanze, era evidente che Accorinti comandasse sugli Stillitani, soprattutto Emanuele che era sempre in stretto contatto con loro».
Nel racconto reso al pm durante l’udienza, il pentito parla di un sistema ben collaudato nella realizzazione dei progetti per la costruzione delle “villette inglesi” ma anche ad Acconia e Pizzo, una sorta di “copia e incolla” come lui stesso lo ha definito. Anche perché «il villaggio di Acconia è stato costruito con le stesse ditte di Pizzo – racconta Comito – ma negli accordi territoriali hanno fatto entrare delle persone di Lamezia legati al clan Iannazzo. Ricordo che c’era nell’aria di costruire questo villaggio e siccome Pantaleone Mancuso era in carcere, le ditte da sistemare erano state scelte da Cosmo Michele Mancuso insieme ad Accorinti». Sui lavori, però, gli esponenti del clan Iannazzo volevano più “peso” «chiedevano qualche lavoro in più e ricordo che una volta, all’imbrunire, hanno affiancato l’auto di Stillitani per cercare di intimidirlo, e poi effettivamente i lavori sono stati terminati da Barba e Guastalegname, insieme ai Iannazzo». Per la gestione invece «ad Acconia funzionava come a Pizzo, ma la gestione è stata affidata a Rocco Anello, ma c’erano anche i La Rosa di Tropea insieme ai Bonavota. Facciolo si occupava di tante cose, le pulizie di tutte le camere, la lavanderia e anche squadre che facevano i camerieri all’interno del villaggio, oltre alle macchine e i piccoli bus che portavano i turisti a Lamezia Terme. Era quello con più flussi all’interno del villaggio». «Della gestione del verde invece – racconta Comito – se ne occupavano gli Stillitani insieme a Facciolo, mentre il taglio delle piante era affidato a Mimmo Ciconte, che tutti conoscevamo come “Berlusconi”, era cugino di Francesco Alessandria».
E c’erano poi, oltre alle estorsioni, anche le intimidazioni. Tra le mansioni dei “guardiani” c’erano quelli delittuosi, sempre su incarico di Accorinti. «Nel primo villaggio Valtur, ancora in costruzione, siamo andati a dare fuoco alle tavole di carpenteria, – racconta Comito – nonostante non si sapesse quale ditta ci fosse dietro. Poi abbiamo saputo che era di Rocco Anello, ma il nostro è stato uno stratagemma per farlo uscire allo scoperto, e poi è finita che loro hanno continuato a fare i lavori su ordine di Pantaleone Mancuso. Era un villaggio piccolo, tra il 2003 e il 2004. E i fratelli Stillitani erano a conoscenza di tutto». «Poi abbiamo colpito i capannoni ad Acconia che erano di proprietà degli Stillitani dove una volta portavano i giornali, poi una ditta di Acconia che portava la frutta. Erano danneggiamenti che venivano compiuti quando Stillitani non voleva dare qualcosa a Nino Accorinti o non si piegava sulle richieste, succedevano questi episodi. In questo modo si sarebbe rivolto a lui per “risolvere” la questione». (redazione@corrierecal.it)
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