KIEV L’Ucraina entra nel 13/esimo giorno di guerra e le città stremate e sotto assedio sperano nella tregua annunciata per stamani dai russi, la quarta dopo tre consecutive cadute nel vuoto. Dopo una notte di apparente diminuzione della violenza sul terreno – ma in cui è stato colpito un centro medico radiologico, senza conseguenze -, dalle 9 locali (le 8 italiane) il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato corridoi umanitari per evacuare i civili da Kiev, Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Mariupol, suscitando qualche speranza dopo il nulla di fatto degli ultimi tentativi per i quali Mosca e Kiev si sono scambiati accuse di sabotaggio. Il Pentagono ieri ha dichiarato di aver notato pochissimo movimento nelle truppe russe sul terreno. Ma la notte si era aperta con la notizia di esplosioni a Odessa, che da giorni aspetta l’attacco russo. Come lo aspetta anche Kiev, dove i russi stanno raccogliendo le forze, in attende che scatti l’offensiva finale sulla capitale. A Mariupol l’assedio dura ormai da una settimana e le 200.000 anime che la abitano – nelle parole di Human Rights Watch – sono “intrappolati in un incubo gelato e senz’acqua né luce e vivono sotto la costante minaccia dei bombardamenti russi”.
Nella snervante attesa, il presidente ucraino, con l’ennesimo messaggio video, ha voluto ribadire di essere a Kiev: “Rimango qui, rimango a Kiev, a Bankova (gli uffici presidenziali), senza nascondermi e senza paura di nessuno. Questo serve per vincere questa guerra”, ha tuonato, accusando il nemico di usare “tattiche medievali” per punire gli ucraini.
Nel frattempo l’Aiea ha comunicato che è stato colpito un altro sito pericoloso, dopo la notte di terrore mondiale per l’incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzhya: un impianto di ricerca che produce radioisotopi per la medicina nucleare è stato danneggiato dai bombardamenti russi vicino a Kharkiv, ha fatto sapere il segretario generale dell’agenzia, Rafael Grossi, che ha però precisato che non ci sono fughe di materiali radioattivi.
Nella notte la direzione dei servizi segreti militari ucraini ha fatto sapere è stato ucciso in combattimento a Kharkiv un alto comandante militare russo: il generale Vitaly Gerasimov, 45 anni, vicecomandante della 41/a Armata russa, decorato per le operazioni nella seconda guerra cecena, in Siria e in Crimea nel 2014. Se la notizia verrà confermata – intanto l’ha confermata l’agenzia investigativa Bellingcat e l’ha rilanciata il Guardian -, si tratta del secondo generale russo ucciso dagli ucraini in una settimana. Alcuni giorni fa, infatti, gli stessi media russi hanno confermato l’uccisione in Ucraina del vicecomandante delle operazioni, il generale Andrei Sukhovetsky, anche lui vicecomandante della 41/ma Armata.
In attesa del quarto round di colloqui fra i delegati russi e ucraini, si attende per giovedì l’incontro ad Antalya, il primo dall’inizio della guerra, fra i due ministri degli esteri nemici, il russo Serghei Lavrov e l’ucraino Dmytro Kuleba. A provare la mediazione, stavolta, dopo il silenzio caduto sul tentativo del premier israeliano Naftali Bennett, è il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.
E mentre si stringe sempre più la morsa delle sanzioni sulla Russia e negli Stati Uniti potrebbe vedere la luce un accordo bipartisan in Congresso per boicottare il petrolio russo, oggi il presidente Emmanuel Macro e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – ha annunciato l’Eliseo – incontreranno in un vertice in videoconferenza il leader cinese Xi Jinping. La speranza è che Pechino, alleato strategico di Mosca, possa tentare qualcosa. Se non un’iniziativa di mediazione, che la Cina eserciti almeno la sua influenza sull’alleato russo. Forti esplosioni sono state udite in serata nella città portuale di Odessa. Lo riferisce il corrispondente della Bbc. “Abbiamo appena sentito tre o quattro forti esplosioni provenire da ovest. Ci è stato detto che era il sistema di difesa ucraino che abbatteva i missili russi in arrivo lanciati da una delle numerose navi da guerra situate al largo della costa qui”.
Delegazione ucraina giunta in Bielorussia per i colloqui Speriamo che “finalmente da domani i corridoi umanitari funzionino”, ha detto il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky, l’uomo di fiducia che Vladimir Putin ha inviato a trattare con il nemico. “Gli ucraini ci hanno fornito rassicurazioni”, ha spiegato. Dopo tre incontri in una settimana, le trattative riprenderanno “a breve”, ma senza svolte all’orizzonte. “Non ci illudiamo di ottenere risultati definitivi nel prossimo round di colloqui, è un lavoro difficile”, ha commentato gelido il negoziatore russo Leonid Slutksy, che guida la commissione Esteri della Duma. Il braccio di ferro sull’effettiva disponibilità dei corridoi umanitari era durato per tutto il giorno. Il ministero della Difesa di Mosca aveva annunciato un cessate il fuoco per l’avvio di sei percorsi sicuri: uno da Kiev a Gomel (Bielorussia), due da Mariupol a Zaporizhzhya (sud-est Ucraina) e Rostov sul Don (Russia meridionale), uno da Kharkiv a Belgorod (Russia occidentale) e due da Sumy a Belgorod e Poltava (Ucraina centrale). Ma Kiev ha subito smentito. “In violazione dei precedenti accordi, la Russia ha sabotato l’apertura dei corridoi umanitari per l’evacuazione della popolazione civile. Continua a bombardare Kiev, Mariupol, Volnovakha, Sumy, Mykolaiv, Kharkiv e altre città, Paesi e villaggi”, ha denunciato il ministero degli Esteri, solo per ricevere la nuova replica di Mosca, che ha denunciato sabotaggi di “nazionalisti” ucraini. Le parti si sono incontrate con le stesse formazioni inviate giovedì scorso, quando già mancava il negoziatore ucraino Denis Kireyev, sulla cui sorte si è aperto un giallo: Kiev ne aveva annunciato l’uccisione durante lo svolgimento di un “compito speciale”, e secondo indiscrezioni potrebbe essere finito sotto il fuoco amico per sospetto tradimento, ma Mosca ne ha messo in dubbio la morte, in una guerra di propaganda che continua parallela a quella sul campo. “Intense consultazioni sono proseguite sul blocco politico di base delle regole, oltre che su un cessate il fuoco e sulle garanzie di sicurezza”, ha aggiunto Podolyak. La Russia ha prodotto una corposa documentazione su possibili accordi mirati. Ma lo stallo resta la cifra di queste trattative, che sempre più appaiono come uno strumento per prendere tempo. Se sul terreno, nel dodicesimo giorno di guerra, l’assedio si fa sempre più pesante ed è arrivato tra i palazzi alla periferia della capitale, mentre i profughi sono ormai 1,7 milioni e i danni alle infrastrutture ammontano già a dieci miliardi, qualche spiraglio è arrivato invece dall’annuncio del primo incontro di alto livello tra le parti belligeranti giovedì in Turchia. Ad Antalya, centro sul Mediterraneo storica meta di milioni di turisti russi, da tempo trasformato nel laboratorio della diplomazia di Ankara, si incontreranno i ministri degli Esteri Serghei Lavrov e Dmytro Kuleba. Dopo la telefonata con Putin, Recep Tayyip Erdogan ha ottenuto la chance di mediazione su cui saranno puntati gli occhi del mondo. E anche la Cina si è detta disposta a dare il proprio contributo, pur senza mettere in dubbio l’asse con la Russia. Le condizioni poste da Mosca restano però draconiane: il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk in Donbass, e della sovranità russa sulla Crimea, e la “neutralità” militare da stampare nella Costituzione ucraina, insieme all’addio alle aspirazioni di adesione alla Nato. Mentre il Pentagono ha ordinato l’invio di altri 500 soldati in Europa, puntando ad arrivare ad averne 100mila, le cancelliere occidentali continuano intanto a preparare sanzioni. Ma Zelensky insiste con gli appelli ad armare l’Ucraina. “Quanti morti vi servono per mettere in sicurezza i nostri cieli? Stiamo aspettando questa decisione – ha detto – o con le forze che avete o fornendoci aerei e sistemi anti-aerei che ci diano la forza di farlo”.
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