LAMEZIA TERME A far esplodere il caso è stata la vicenda dell’Fc Lamezia Terme e la riconsegna da parte della società calcistica di Felice Saladini delle chiavi dello stadio “D’Ippolito” al Comune. Le conseguenze sono ormai note, con i gialloblu costretti a giocare “in casa” allo stadio “Granillo” di Reggio Calabria, vincendo poi contro il San Luca.
Una vicenda surreale, ma che a Lamezia Terme non ha sorpreso più di tanto, soprattutto il tifo lametino ma anche i detrattori di Saladini che lo contestano da quest’estate. Quello che riguarda lo stadio lametino riguarda tutta la città ma è allo stesso tempo la più classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, già colmo di promesse, speranze e progetti disattesi. Non è affatto un mistero che proprio a Lamezia Terme la gestione degli impianti sportivi sia forse uno dei tasti più dolenti degli ultimi anni, una matassa che incredibilmente l’amministrazione guidata dal sindaco Paolo Mascaro non è riuscita a sbrogliare, tra proclamazioni, sospensioni e ritorni in tutti questi anni.
E la situazione del “D’Ippolito” è tremendamente emblematica: anche quando imprenditori decidono di investire per ridare, o cercare di farlo, lustro allo sport cittadino, la risposta ricevuta in cambio non è mai all’altezza delle aspettative. L’esempio dello stadio “Carlei” è significativo: struttura realizzata ma mai affidata, nonostante le promesse – disattese – dell’amministrazione provinciale di Catanzaro, fino all’inserimento tra i «beni alienabili» e dunque la messa in vendita. Ma, evidentemente, imparare dalle esperienze passate e dagli errori è più difficile di quanto si immagini.
«È dallo scorso settembre – ha spiegato solo qualche giorno fa il board della Fc Lamezia Terme – che abbiamo sollecitato l’amministrazione comunale a trovare una soluzione per la situazione del campo (…) le risposte ricevute dall’Amministrazione sono state interlocutorie e nessuna azione concreta è stata fatta». Quella della società gialloblù è una denuncia precisa, dunque, e che richiama alla responsabilità soggetti specifici ma dai quali, allo stato attuale, non è arrivata alcuna risposta convincente. Tra «le azioni concrete» a cui fa riferimento il club lametino c’era evidentemente la preparazione del bando di gestione degli impianti sportivi, atto necessario quanto meno a fornire un indirizzo concreto dall’amministrazione comunale.
Eppure, a marzo 2022 inoltrato, ancora non è accaduto. E ricorda bene il consigliere comunale di minoranza, Rosario Piccioni, che l’ultimo bando in tal senso risale addirittura al periodo tra il 2013 e il 2014, quando proprio Piccioni era ancora assessore allo sport sotto la guida dell’ex sindaco, Gianni Speranza. Da allora il nulla, un unico bando poi annullato in autotutela per diverse illegittimità e la gestione che si rinnova da oltre 5 anni con proroghe infinite. Situazione analoga per gli altri impianti sportivi, tra cui il Palazzetto dello sport e il “Gianni Renda”, strutture comunali che fanno da cornice, nonostante tutto, a successi sportivi legati al basket e al volley, oltre alle serie minori calcistiche. A sollevare il caso nei giorni scorsi anche l’ex consigliere di maggioranza, ora all’opposizione, Rosy Rubino che ha sottolineato l’importanza del ruolo «di equilibrio» dell’amministrazione e non «divisorio».
Il caso “D’Ippolito” ha solo acceso i riflettori su un quadro complesso, ma che lascia perplessi per come sia stato gestito nel corso degli ultimi anni. Una situazione incomprensibile nonché una pessima figura per la città di Lamezia davanti agli occhi di una regione intera. Capire cosa si è inceppato e cosa finora non abbia funzionato è certamente la priorità, così come dare risposte chiare e tempestive alle società sportive lametine e ai cittadini. E in tempi in cui le dimissioni dal proprio incarico, nonostante gli errori marchiani, siano un’opzione lontanissima, sarebbe forse opportuno che l’assessore cittadino allo Sport fornisse delle motivazioni esaustive. (redazione@corrierecal.it)
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