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Due anni in fuga coperto dai parenti, otto arresti per la latitanza del boss Gambazza – NOMI

Ricostruita la rete di coperture che ha aiutato Giuseppe Pelle a sottrarsi all’arresto. Staffette e incontri con la moglie fino alla cattura

Pubblicato il: 10/03/2022 – 7:28
Due anni in fuga coperto dai parenti, otto arresti per la latitanza del boss Gambazza – NOMI

REGGIO CALABRIA Nelle scorse ore all’esito di articolate e complesse indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, personale della Squadra Mobile della locale Questura ha tratto in arresto otto persone dando esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunaledi Reggio Calabria. Agli indagati vengono contestati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, aggravati dalla circostanza mafiosa di cui all’art. 416 bis 1 c.p. ed in particolare di aver favorito e coperto la latitanza di Giuseppe Pelle, nato a San Luca il 20 agosto 1960, inteso Gambazza, catturato il 6 aprile 2018 a Condofuri dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.

Le persone tratte in arresto sono:

  1. Marianna Barbaro, nata a Platì (RC) il 04/04/1967, moglie di Pelle Giuseppe;
  2. Antonio Pelle, nato a Locri (RC) il 04/03/1987, figlio di Pelle Giuseppe;
  3. Francesco Pelle nato a Locri (RC) il 24/02/1991, figlio di Pelle Giuseppe;
  4. Elisa Pelle nata a Locri (RC) il 04/03/1987, figlia di Pelle Giuseppe;
  5. Giuseppe Barbaro nato a Locri (RC) il 12/05/1986, genero di Pelle Giuseppe;
  6. Antonio Pelle, nato a Messina il 19/02/1986, nipote di Pelle Giuseppe;
  7. Giuseppe Morabito, nato a Condofuri (RC) il 07/04/1961;
  8. Girolamo Romeo, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 29/03/1979;

Il provvedimento cautelare restrittivo a loro carico scaturisce dalle risultanze investigative connesse alla ricerca di Giuseppe Pelle, ritenuto esponente dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di San Luca (già capeggiata dal defunto padre Antonio), che nel mese di aprile 2016 si era sottratto all’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale di Reggio Calabria, in virtù del quale doveva scontare una pena residua di anni 2, mesi 5 e giorni 20 di reclusione per associazione mafiosa (operazione “Reale”).

Durante la latitanza lo stesso Pelle fu destinatario di un decreto di fermo di indiziato di delitto, poi tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere, per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonché per turbata libertà degli incanti ed illecita concorrenza, anch’essi aggravati dal metodo mafioso (operazione “Mandamento Ionico” della Procura di Reggio Calabria- Direzione Distrettuale Antimafia). In relazione a tali ultime vicende Giuseppe Pelle, è stato condannato, in primo grado, alla pena di 18 anni e 6 mesi di reclusione. Nello stesso procedimento è coinvolto anche il figlio Antonio Pelle (cl. ‘87), anche lui condannato in primo grado alla pena di anni 14 e mesi 8 per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. 
Protetto da una rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere familiare, Giuseppe Pelle venne catturato, dopo due anni di latitanza, in un appartamento di Contrada Pistaria snc del Comune di Condofuri, all’interno di un immobile di proprietà della mamma dell’indagato Girolamo Romeo. 

I frequenti incontri con la moglie durante la latitanza e i contatti con la figlia

Proprio grazie all’efficiente rete di protezione dei suoi stretti congiunti, Giuseppe Pelle, durante il periodo di latitanza aveva potuto incontrare frequentemente la moglie Marianna Barbaro, figlia di Francesco Barbaro (classe 1927, deceduto in data 01.11.2018), in vita ritenuto il capo dell’omonima ‘ndrina, intesi i “Castanu”, condannato alla pena dell’ergastolo. Prima della sua cattura a Condofuri, per come emerso dalle indagini, Pelle aveva trascorso la sua latitanza spostandosi tra San Luca e Platì, in un immobile non lontano da quello della figlia Elisa Pelle, con la quale era certamente in contatto. 

La “staffetta” per sfuggire alla cattura nel 2016

Proprio in occasione di uno di questi spostamenti, a settembre 2016, Pelle era risuscito a sfuggire alla cattura grazie ad un articolato servizio di staffetta organizzato dal genero Giuseppe Barbaro e dal nipote Antonio Pelle (classe 1986), mentre il latitante si trovava a bordo dell’auto con il figlio Antonio Pelle (classe 1987).  Dopo la mancata cattura, i parenti e i fiancheggiatori di Pelle adottarono condotte ancora più accorte per eludere le indagini, senza che ciò impedisse alla moglie di incontrarlo periodicamente proprio con l’aiuto dei figli e del genero. In pratica la donna veniva trasportata in orario notturno, effettuando diverse soste durante il percorso tra le località di Natile, Careri e Bovalino e cambiando, durante il percorso, l’auto a bordo della quale viaggiava. 

L’individuazione del latitante a Condofuri

Grazie ad un articolato sistema di monitoraggio messo in atto dal gruppo investigativo addetto alle ricerche del latitante si riuscì tuttavia ad individuare la località ove lo stesso poteva aver trovato rifugio, ossia l’abitato di Condofuri, ove le attenzioni investigative si concentrarono su Girolamo Romeo (classe 1979) e sul cognato Giuseppe Morabito, residente in Contrada Pistaria di Condofuri, dove attraverso telecamere appositamente posizionate, agli inizi di aprile, si accertò l’effettiva presenza di Giuseppe Pelle. Dallo stesso monitoraggio emerse che il latitante, all’alba di ogni giorno, precauzionalmente abbandonava il covo, passando la giornata all’aperto in contrada “Mazzabarone” di Condofuri dove Giuseppe Morabito e Girolamo Romeo gestivano una azienda agricola ed un allevamento di bestiame, facendo poi rientro in contrada Pistaria solo in tarda serata, per cenare e trascorrere poche ore di sonno. Anche il trasferimento dal covo alla campagna era sistematicamente preceduto da una preliminare bonifica del percorso, che Giuseppe Morabito effettuava a bordo di una Ford Fiesta, per poi trasportare il latitante a bordo del fuoristrada Defender. Acquisiti questi preziosi elementi, il 6 aprile 2018, la Polizia di Stato faceva irruzione nell’appartamento di contrada Pistaria, ponendo fine alla latitanza del boss.

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