CATANZARO In 15 sono stati ammessi al rito abbreviato nel corso del procedimento denominato “Molo 13”, istruito dalla Dda di Catanzaro e incentrata su un grosso traffico di cocaina intrapreso, secondo l’accusa, tra il clan Gallace di Guardavalle e il Sud America. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.
Nel corso dell’udienza preliminare che si è svolta oggi davanti al gup Antonella De Simone hanno optato per il rito alternativo Agazio Andreacchio, 44 anni; Giuseppe Bava 44 anni; Nicola Chiefari 48 anni; Emanuele Fonti, 60 anni; Angelo Gagliardi 26 anni; Francesco Galati 44 anni; Bruno Gallace 49 anni; Cosimo Damiano Gallace 60 anni; Nicola Guido 37 anni; Mario Palamara 52 anni; Benito Andrea Riitano 28 anni; Francesco Riitano 41 anni; Paolo Riitano 45 anni; Andrea Samà 47 anni; Gianluca Tassone 42 anni; Francesco Taverniti 47 anni; Domenico Vitale 52 anni; Domenico Vitale 45 anni; Giuseppe Vitale 44 anni.
Per loro il procedimento proseguirà il prossimo 18 marzo con le richieste di condanne che verranno formulate dall’accusa rappresentata dal pm Debora Rizza.
Non hanno chiesto riti alternativi Domenico Vitale 45 anni; Angelo Gagliardi 26 anni; Cosimo Damiano Gallace 60 anni; Francesco Galati 44 anni. Nei loro confronti l’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio. Il gup deciderà il prossimo 18 marzo sull’eventuale rinvio a giudizio.
Secondo l’accusa, gli imputati avevano messo in atto una ramificata organizzazione criminale transazionale con lo scopo di agevolare l’associazione di stampo ‘ndranghetistico, caratterizzata da marcati profili operativi internazionali, capace di pianificare ingenti importazioni di cocaina dal Sud America (Colombia, ma anche Brasile) e di “piazzarla” in Europa (Spagna, Olanda, Inghilterra e Slovenia), Nuova Zelanda e Australia. Il clan Gallace aveva preso piede nella fascia jonica a cavallo delle province di Catanzaro e Reggio Calabria, con diramazioni nell’hinterland laziale, toscano e lombardo.
Dalle indagini è emerso che attraverso un software denominato Pgp consentiva alle organizzazioni criminali di comunicare senza essere intercettati, senza che nessuno si potesse inserire tra chiamante e chiamato. Gli inquirenti avevano identificato sul territorio di Guardavalle tutta una serie di smartphone dedicati a comunicare col server in Costarica. Questo server, assolutamente clandestino, conservava milioni di dati utilizzati da organizzazioni criminali che gestivano attività illecite. Nel collegio difensivo gli avvocati Vincenzo Cicino, Sergio Rotundo, Salvatore Staiano, Domenico Concolino, Mauro Ruga, Guido Contestabile. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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