BRESCIA Volevano svaligiare il caveau con 80 milioni di euro all’interno di un istituto privato di vigilanza a Calcinate, in provincia di Brescia. Ma il colpo è stato sventato, al termine di 5 mesi di indagini, da Polizia e Carabinieri, che hanno arrestato 31 persone in gran parte provenienti da Cerignola, nel Foggiano. Nell’operazione – a cui hanno preso parte un totale di 300 uomini – stati sequestrati 4 kalashnikov, 1 fucile a pompa, una mitraglietta Uzi, una pistola (con svariate munizioni), 21 bottiglie Molotov e chiodi a quattro punte. Gli arrestati, che si erano radunati ed erano pronti ad entrare in azione nella tarda serata, sono accusati di aver pianificato da tempo l’assalto al caveau, ignari di essere sottoposti ad indagini condotte, con attività tecniche d’intercettazione, dalla Squadra Mobile di Brescia, dal Servizio Centrale Operativo e dal Raggruppamento Speciale Operativo Carabinieri.
I presunti rapinatori, con precedenti penali, alcuni ritenuti collegati a clan del foggiano e cosche di ‘ndrangheta (i legami tra la mala di Cerignola e la criminalità organizzata calabrese erano già emersi nel caso del colpo al caveau della Sicurtransport a Catanzaro), nei mesi precedenti avevano rubato circa venti autovetture, furgoni e camion destinati ad essere dati alle fiamme allo scopo di isolare l’area d’interesse ed impedire l’intervento delle Forze di Polizia; nella loro disponibilità anche una ruspa che sarebbe servita per sfondare la parete blindata del caveau, che custodisce gli incassi raccolti dagli esercizi commerciali della zona.
Fra gli arrestati figurano anche due guardie giurate, dipendenti dell’istituto di vigilanza obiettivo della rapina, accusate di aver svolto il ruolo di “basisti”, riferendo ai complici che – al momento del colpo – poteva giacere nel caveau una somma in contanti di circa 80 milioni di euro.
«Ci troviamo davanti a una criminalità organizzata a trazione pugliese e calabrese, insieme» ha spiegato il sostituto procuratore Paolo Savio, titolare dell’inchiesta. «Pensiamo di aver disarcionato quasi totalmente una delle principali struttura di Cerignola specializzata in assalti a portavalori e rapine di questo genere. Riteniamo si siano appoggiati a un gruppo di ’ndranghetisti sul territorio bresciano e a uomini che si sono messi a disposizione come basisti». Alle persone fermate è stata contestata l’aggravante mafiosa, sia per il metodo utilizzato sia per aver agevolato cosche mafiose.
Gli investigatori hanno monitorato i movimenti degli arrestati dallo scorso ottobre, seguendo tutte le fasi della pianificazione del colpo, tra cui i sopralluoghi e i viaggi dalla Puglia verso il bresciano dei vari componenti del gruppo criminale; le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno rivelato, si legge in un comunicato, una «cura maniacale degli aspetti logistici, tra cui il procacciamento degli alloggi per i sodali in trasferta presso strutture ricettive che omettevano la comunicazione dei dati dei clienti, per evitare i consueti controlli della Questura».
I presunti rapinatori erano pronti ad intervenire muovendo contemporaneamente da luoghi diversi, comunicando con telefoni dedicati ed apparati radio. Un primo gruppo era pronto a muoversi da un capannone industriale ubicato a Cazzago S. Martino (dove erano stati nascosti i mezzi preventivamente rubati) mentre altri due gruppi erano pronti a partire da due “covi” situati a Gardone Val Trompia e a Ospitaletto. Le indagini, coordinate dalla Procura nazionale antimafia, hanno portato a contestare i reati di associazione a delinquere finalizzata a commettere il reato di rapina, il tentativo di rapina pluriaggravata, la detenzione di armi da guerra, la ricettazione dei mezzi rubati, con l’aggravante del metodo mafioso.
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