LOCRI I terreni confiscati di Natile di Careri, nel comune reggino di Ardore saranno gestiti dal santuario di Polsi. L’idea del rettore don Tonino Saraco, parroco di Santa Maria del Pozzo ad Ardore e da cinque anni rettore del Santuario della Madonna della Montagna, è quella di avviare un progetto di riutilizzo sociale per poter dare lavoro a ex detenuti e soggetti fragili. Il simbolo di un cambio di passo oltre che ulteriore racconto della rinnovata immagine del Santuario, spesso al centro delle cronache.
La storia viene raccontata da Avvenire, che raccoglie anche le parole di don Saraco: «Sapevamo – spiega il parroco – che il Comune di Ardore aveva questo bene confiscato ma era inutilizzato e abbandonato da venti anni». L’iniziativa è stata accolta positivamente dal vescovo della diocesi di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva. «Stiamo preparando un progetto per ricostituire l’uliveto, purtroppo molto degradato, e per riutilizzare anche la casa che si trova nel terreno». Avviata l’interlocuzione col Comune anche per capire se il progetto può rientrare tra quelli finanziati dal Pnrr in tema di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.
Il parroco rivendica quello che è il messaggio principale e «la spiritualità» oggetto delle attività di un santuario «troppo spesso accostato alla ‘ndrangheta». Già a fine 2016 c’era stata l’apertura del Centro di aggregazione sociale della parrocchia ad Ardore, realizzato in una palazzina di due piani confiscata a un boss sempre di Natile, frazione di Careri. «Il Santuario – dice ad Avvenire monsignor Oliva – prende l’iniziativa di accettare questo bene confiscato perché lì si possa svolgere un’azione importante a livello anche simbolico di impegno contro la ’ndrangheta e ogni forma di mafia». (redazione@corrierecal.it)
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