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Appalti spezzatino a Cosenza, «nessun artificioso frazionamento di un unico progetto»

Le motivazioni della sentenza di assoluzione degli imputati. Le dichiarazioni di Foggetti caratterizzate da «assoluta genericità»

Pubblicato il: 16/03/2022 – 16:06
di Fabio Benincasa
Appalti spezzatino a Cosenza, «nessun artificioso frazionamento di un unico progetto»

COSENZA Lo scorso mese di gennaio si è chiuso il processo sugli appalti “spezzatino” attraverso i quali il comune di Cosenza, durante l’amministrazione Occhiuto, avrebbe affidato alcuni servizi. I giudici hanno assolto l’imprenditore Antonio Amato, Antonio Scarpelli (proprietario di Med Labor), Carlo PecoraroArturo Mario Bartucci, Francesco Amendola (costruttore), Francesco Rubino, Francesca Filice, Michele Fernandez, Pasquale Perri e Giuseppe Sasso.

Le motivazioni del Collegio

Nelle motivazioni della sentenza, il Collegio si sofferma sulla norma che consente l’individuazione del frazionamento di un progetto relativo ad un’opera o all’acquisto di forniture e servizi, e che presuppone la pianificazione dei bisogni e delle attività dell’Ente e la progettazione. Sulla scorta delle testimonianze rese in dibattimento, «non può affermarsi l’indispensabilità di un appalto unitario concernente tre diverse forniture». Il riferimento del collegio giudicante è agli appalti concessi a Med Labor «con tre determine ad oggetto servizi e attività diverse, sebbene tutte adottate nell’ambito della medesima manifestazione “Lungo Fiume”».
Sulla base di altre testimonianze è emerso come negli anni precedenti «l’amministrazione avesse organizzato lo stesso tipo di manifestazione, e nel 2013, Carlo Pecoraro (direttore settore infrastrutture del Comune di Cosenza) avesse richiesto un preventivo ad un’altra ditta». La stessa tuttavia, «aveva declinato l’offerta perché arrivata “all’ultimo momento” e perché era ancora creditrice nei confronti del Comune per altri servizi forniti in precedenza». La Med Labor inoltre era «l’unica impresa della zona a realizzare le luminarie con i soggetti richiesti dal committente (riportando i disegni che le venivano forniti) mentre le altre ditte del settore avevano cataloghi con decorazioni predeterminate tra cui scegliere». Secondo i giudici, «non risulta alcun artificioso frazionamento di un unico progetto/appalto». In ogni caso – sottolinea ancora il Collegio – « tali reati sono ormai estinti per intervenuta prescrizione, poiché le condotte risalgono al 13 giugno 2013 ed è decorso il termine massimo di sette anni e sette mesi». Tuttavia, «l’eventuale contrasto con i principi di economicità, efficacia, tempestività, trasparenza, proporzionalità e pubblicità ai quale l’attività della stazione appaltante deve attenersi, non ha rilevanza penale».

I lavori al canile di Donnici

Medesima situazione, il Collegio giudicante la riscontra in merito ai presunti frazionamenti degli importi relativi ai lavori effettuati al canile di Donnici e che vedevano coinvolti gli imprenditori Francesco Amendola e Francesco Rubino. «Manca la prova del dolo intenzionale – si legge nelle motivazioni della sentenza – non essendo emersi rapporti di natura particolare, ossia di amicizia, parentela, cointeressenza tra i dirigenti e tecnici dell’amministrazione comunale e le ditte beneficiarie». In ogni caso, «i reati di abuso di ufficio ipotizzati, la cui condotta si è consumata nel marzo 2012, sono ormai estinti».

La genericità delle dichiarazioni di Foggetti

Il collaboratore di giustizia, Adolfo Foggetti, ha dichiarato «di aver conosciuto Antonio Scarpelli e di aver direttamente appreso dallo stesso che “faceva l’illuminazione a Cosenza” e che per l’affidamento godeva dell’appoggio del dipendente comunale, Carmine Potestio, con il quale Scarpelli si sarebbe sdebitato». I racconti di Foggetti però si fermano al 2014, anno in cui è stato arrestato. Le due dichiarazioni, per il Collegio, risultano «caratterizzate da assoluta genericità, non fornendo elementi di riscontro rispetto ai dirigenti di settore e alle condotte descritte nei singoli capi di imputazione».

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