LAMEZIA TERME Sono trascorsi due anni dall’inizio del primo lockdown in tutta Italia, anche se la guerra in Ucraina sembra aver fatto sparire il Covid19 da tv e giornali. La comunicazione ha giocato un ruolo di primo piano nella gestione della crisi pandemica. Ripercorrere questo periodo che ha portato morti e sofferenza in Italia è utile per scongiurareil ripetersi in futuro degli errori che purtroppo sono stati commessi a livello istituzionale e non solo. Di questi temi si è discusso durante la presentazione del libro “Lo Stato in crisi, organizzata in collaborazione con l’ufficio per le comunicazioni sociali della Diocesi lametina, che analizza proprio la gestione di crisi durante la prima fase della pandemia. Un lavoro accurato, frutto dell’impegno di 35 autori di cui una è la lametina Rosaria Talarico. Giornalista ed esperta di comunicazione, Talarico ha scritto per i maggiori quotidiani e periodici italiani, vincendo premi con inchieste e reportage. Specializzata in media training e comunicazione di crisi, ha tenuto lezioni presso prestigiose università e per l’esercito, essendo anche ufficiale della riserva selezionata. Ha lavorato inoltre nella consulenza strategica e ricoperto incarichi di portavoce ministeriale. Nel libro ha curato i capitoli dedicati alla comunicazione istituzionale e di crisi, in particolare quella scientifica e l’impatto che ha avuto sulla popolazione. «È ancora sotto gli occhi di tutti il caos nato dal proliferare di scienziati e virologi in tv e sui social media: espertissimi nelle loro materie, ma completamente a digiuno rispetto agli effetti della comunicazione di massa» afferma Talarico. «A due anni di distanza le cose non sembrano essere migliorate, anzi». «Bastano 36 ore per fare il giro del mondo in aereo: un tempo inferiore al periodo di incubazione della maggior parte delle malattie trasmissibili che possono essere contratte nei vari Paesi», ha concluso Talarico. «La mobilità ha reso il mondo piccolo. Ancora meno impiegano le fake news a diffondersi (non a caso si parla di contenuti “virali”). Attraverso i social è aumentata la possibilità del singolo di diffondere anche una sciocchezza. Le notizie viaggiano rapidamente, ma purtroppo anche le fake news e lì ognuno di noi è responsabile: è un invito a fare attenzione, a perdere un secondo in più prima di condividere l’ennesima stupidaggine. Viviamo in un millennio con una quantità di informazione tale da non essere più processabile, siamo sommersi. Quello che si deve fare è selezionare ciò che è vero, da ciò che è falso. Le fake news funzionano perché sono verosimili e stimolano meccanismi psicologici naturali, talmente rapidi e istintivi da non essere mediati dalla razionalità, che è la cosa che ci contraddistingue come umani. Sarebbe il caso che a essere ben collegato fosse anche il cervello di noi tutti, comunicatori e fruitori di notizie».
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