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Gli aiuti portati al confine ucraino e la moglie del vicesindaco di Mariupol a Cirò Marina

Storie di solidarietà calabrese per le vittime della guerra. Il viaggio dei volontari dalla Piana. La donna: «In Ucraina un genocidio»

Pubblicato il: 18/03/2022 – 15:18
Gli aiuti portati al confine ucraino e la moglie del vicesindaco di Mariupol a Cirò Marina

PALMI Ha ricevuto un messaggio con una richiesta di aiuto da parte di un giovane ucraino che aveva conosciuto alcuni anni fa e con cui era rimasto in contatto e, assieme alla moglie Debora e al sostegno dell’Associazione “Il mio amico Jonathan di Palmi”, ha subito allestito una raccolta di beni di prima necessità per le popolazioni martoriate dal conflitto bellico in tutta la piana di Gioia Tauro. Sono state tantissime le donazioni di beni di prima necessità, tra medicine e derrate alimentari, che Francesco Trentinella di Palmi insieme ad altri due volontari, Alessandro Iannello e Calin Teodor Mitre, detto Carlo, hanno portato a Siret, città rumena ai confini con l’Ucraina.

Dopo 38 ore di viaggio, non esente da difficoltà – neve alta, montagne, un guasto al motore – i tre volontari hanno consegnato gli aiuti umanitari e hanno potuto constatare personalmente i risultati delle atrocità della guerra come la presenza di tanti minori soli e la presenza di migliaia di profughi arrivati a bordo di auto con la scritta “bambini”. Appena rientrati a casa dopo avere portato a termine la loro missione di pace, qualcuno ha chiesto loro: perché avete fatto tutto ciò? La risposta di Francesco è stata semplice ma sincera: «Poiché Iddio ha tanto amato il mondo da dare il suo unigenito figliuolo, allo stesso modo noi abbiamo sentito in cuor nostro il desiderio di dare tutto noi stessi per poter rispondere a quella richiesta di aiuto proveniente dal popolo ucraino». 

La moglie del vicesindaco di Mariupol ospitata a Cirò Marina

Sono tante le storie di accoglienza in terra di Calabria. Una riguarda Cirò Marina, che ha accolto nei giorni scorsi la moglie e la figlia del vicesindaco di Mariupol, città straziata dalle bombe russe. Tanja Hlandkikh e Juna sono ospiti della sorella della donna, Katia. 
«Quelli che consideravamo fratelli, i Russi, stanno distruggendo tutto – ha raccontato la donna al Cirotano –. L’esercito russo, ha completamente distrutto la città  e continuano a farlo con metodica crudeltà, circondando la città da tutti i lati, non lasciando passare convogli umanitari e non lasciando uscire i civili. I vecchi e i bambini sono in trappola da settimane non ci sono le risate dei bambini ora, solo lacrime, sangue e dolore. Le case vengono distrutte. I cadaveri giacciono per le strade, tra i bombardamenti vengono raccolti dai vicini e sepolti nei cortili in fosse comuni. Cos’è questo se non genocidio. Quello che sta succedendo a Mariupol ora è l’inferno, l’inferno in Europa nel ventunesimo secolo». Tanja riesce ancora a sentire il proprio marito telefonicamente. «Lui e altri sono rimasti li ad aiutare il loro popolo. Se io e mia figlia non avessimo deciso subito di partire, dopo i primi due giorni di bombardamenti, ora saremmo seduti in uno degli scantinati, sotto l’eco del suono di proiettili che esplodono, pregando che tutto finisca. Ci consideriamo fortunati, perché anche se con il dolore e la tristezza nel cuore, non subiamo e viviamo la violenza di questa guerra, che invece vivono i nostri concittadini che ancora oggi sono sotto i bombardamenti e, tra questi, anche i miei genitori, mia madre e mio padre, che nei primi giorni di guerra riuscivano a comunicarci dal bunker di essere in vita. Oggi sono circa dieci giorni che non abbiamo più notizie, Mariupol sembra chiusa sotto una cappa impenetrabile».

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