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L’altra faccia della guerra

Medico di Locri in missione in Ucraina: «Ho scelto di guarire ferite più profonde»

Carrozza: «Nell’ultima operazione segreta ho salvato tre soldati». «Alla guerra non ci si abitua, io da pacifista non posso non aiutare»

Pubblicato il: 22/03/2022 – 14:01
Medico di Locri in missione in Ucraina: «Ho scelto di guarire ferite più profonde»

LOCRI Si chiama Vincenzo Carrozza il medico calabrese che in questo momento si trova in missione segreta in Ucraina. Originario di Locri racconta al Tgr come ha cambiato la sua vita la scelta di lasciare l’ospedale civile per operare nelle zone colpite dalla guerra: «Ho scelto di andare a guarire ferite più profonde nei posti più diversi, sono stato in Somalia, in Mali per aiutare e stare vicino a chi vive il fuoco della guerra giornalmente». Carrozza racconta le sue esperienze da medico in prima linea in diretta video a Buongiorno Regione: «Sono appena rientrato da una missione lampo, che fortunatamente siamo riusciti a portare a termine in breve tempo e con successo. Sono entrato in una zona ostile in Ucraina e ho recuperato tre soldati feriti, l’operazione è riuscita in poche ore, non è escluso che una missione segreta di questo tipo possa durare più tempo – aggiunge Carrozza – moltiplicando i rischi ai quali ci si espone». Ogni missione “medevec”, così vengono chiamate, prevede l’assoluta riservatezza proprio per tutelare la salute e l’incolumità di chi vi partecipa, non è consentito, infatti, l’uso di qualsiasi dispositivo (cellulari o macchine fotografiche) proprio per mantenere l’assoluta segretezza della missione.
«Le missioni a cui partecipo – ha dichiarato Carrozza – di solito sono progetti o della Nato o dell’Onu, che prevedono una serie di garanzie per noi sanitari che sappiamo di partire avendo un ombrello internazionale di protezione. I militari sono una garanzia per noi medici che operiamo negli scenari di guerra, anche se – ha aggiunto Carrozza -come mi è successo varie volte se si sparano dei razzi fuori dal campo sai che l’unica cosa che resta da fare è tutelarsi da soli, rifugiarsi a lavorare nei reparti blindati che ogni campo ha». Carrozza conosce bene i protocolli e il procedimento delle missioni, sono tante le zone di guerra dove è andato a lavorare ma questa volta l’esperienza è un po’ diversa perché il conflitto è vicino casa: «Tutti pensavamo che una cosa del genere non potesse accadere in Europa, soprattutto un’offesa da una potenza come quella Russa che è culturalmente vicina a noi. Dostojevski, Tolstoj e Majakovskij fanno parte anche del nostro bagaglio culturale e credevamo che la Russia stesse seguendo il percorso “occidentale” di affermazione della democrazia e dei diritti. Io credo nei valori del pensiero occidentale, quelli divulgati dalla Rivoluzione francese – ha aggiunto – mi sento francese, come americano e italiano e per questo non posso dire di no ad una missione all’estero». In conclusione Carrozza si lascia andare in una riflessione generale: «Come ci si abitua alla guerra? Io credo non sia umana, la vera domanda è come si fa a fare la guerra e come si fa ad abituarsi a queste sofferenze? Chi la subisce avrà traumi fisici e permanenti. Io sono un pacifista convinto e penso che non ci non ci si può abituare alla terra».

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