CATANZARO Una parte della condanna è stata prescritta, ma la sanzione contabile disposta nei confronti del docente universitario della “Magna Graecia” Vincenzo Mollace resta pesante: 490mila euro. Lo ha deciso (la sentenza è stata depositata lo scorso 16 marzo) la terza sezione giurisdizionale centrale d’Appello della Corte dei conti, chiamata a discutere il ricorso dopo un giudizio – quello della sezione per la Regione Calabria – ancora più incisivo, al termine del quale il professore era stato condannato al pagamento di 971mila euro in favore dell’ateneo. Un’importo, si legge in sentenza, «risultante dalla sommatoria di due voci distinte voci di danno, entrambe conseguenti allo svolgimento, nel periodo 2011-2017, di attività extraistituzionale, incompatibile con il regime giuridico del rapporto di lavoro a tempo pieno con l’Università o, comunque, svolta in assenza della prescritta autorizzazione».
I guai contabili sono da far risalire alla riforma Gelmini, che, «nel riconoscere per i professori a tempo pieno la possibilità di esercitare liberamente la collaborazione scientifica e consulenza, tiene fermo il divieto di svolgimento di attività libero-professionale e, al contempo, assoggetta ad autorizzazione le attività di ricerca, o che comportino e gestionali, limitando l’ambito di svolgimento di questi ultimi incarichi agli enti pubblici e agli enti privati privi di scopo di lucro». Questo implica «che la consulenza, per essere liberamente esercitabile, da un lato deve essere svolta i maniera occasionale; dall’altro deve avere il contenuto di una prestazione di opera intellettuale, non caratterizzata dal compimento di attività tipicamente riconducibili alle figure professionali di riferimento, né può comprendere prestazioni a carattere strumentale o esecutivo».
La sentenza analizza una delle contestazioni alla luce di questa enunciazione. Si tratta dei compensi ricevuti da Mollace per prestazioni specialistiche nei confronti di soggetti privati non titolari di partita Iva. «La contestazione – scrivono i giudici – riguarda 479 operazioni fiscali, poste in essere nel periodo 2012-2016, nei confronti di 340 soggetti privati, non titolari di partita Iva, per compensi pari a 53.480 euro. La numerosità delle operazioni e il protrarsi dell’attività nel corso di più anni solari indicano che l’attività è stata svolta con continuità, assiduità e sistematicità, così da acquisire un carattere professionale, ancorché autonomo».
Uno dei motivi di impugnazione da parte di Mollace era basato sulla circostanza che la sezione regionale della Corte dei conti «non avrebbe tenuto conto degli elementi di vantaggio derivanti all’ateneo catanzarese dai rapporti da lui intrattenuti con l’Istituto San Raffaele srl e la H&AD srl», due delle società con le quali il docente avrebbe collaborato in circostanze dalle quali sarebbe disceso un danno per l’università. I giudici “bocciano” questa considerazione, «non risultando agli atti prova di vantaggi derivanti all’Università dagli incarichi sopra descritti». Viene accolta, invece, la parte del ricorso che si concentrava sugli incarichi per il periodo antecedente al 18 gennaio 2014.
Finiscono, così, nel calderone del danno erariale i «compensi da prestazioni specialistiche svolte in favore di privati» per oltre 53mila euro; i compensi erogati dalla Salus spa per 12.500 euro (quelli precedenti al 2014 sono coperti dalla prescrizione); i compensi della Nuova Radiodiagnostica Polifroni per 1.800 euro; le fatture pagate dalla Herbal & Antioxidant Derivates srl, per un totale di 270mila euro; i compensi erogati dall’Istituto San Raffaele srl sulla base del contratto relativo al progetto “Centro del farmaco, per 36mila euro; altri compensi erogati dal San Raffaele per il progetto “5 per mille 2012” – undici mensilità per un totale di 33mila euro; ancora 84mila euro erogati dall’Istituto San Raffaele sulla base del contatto di incarico del 30 dicembre 2015, rinnovato per il 2017, relativo al progetto “5 per mille 2012” (compenso per 24 mensilità). Un conto salatissimo. (ppp)
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