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Gestione dei rifiuti, Calabria al punto di svolta

Dopo il varo del nuovo Piano da parte della Giunta Occhiuto, restano da sanare i mali del sistema. Ma ci sono le risorse del Pnrr. Calabrò: «Priorità alla realizzazione dei nuovi impianti»

Pubblicato il: 27/03/2022 – 16:00
di Roberto De Santo
Gestione dei rifiuti, Calabria al punto di svolta

REGGIO CALABRIA Sarà una strada decisamente in salita quella che dovrà intraprendere la Calabria per recuperare terreno in tema di gestione dei rifiuti. Ma l’annuncio del governatore Roberto Occhiuto del varo del nuovo Piano è un primo importante passaggio che va nella direzione delle indicazioni della Commissione europea, che ne chiedeva la sua revisione. L’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti, infatti, rappresenta una tra le pre-condizione per allinearsi al “Nuovo piano nazionale d’azione per l’economia circolare” richiesto da Bruxelles per compiere quella svolta epocale – come l’ha definito la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – del Green Deal europeo.
Fatto questo passaggio, però, il percorso da far compiere alla Calabria per una corretta gestione dei rifiuti si presenta irto di ostacoli. La regione infatti allo stato si trova praticamente in perenne stato emergenziale su questo fronte.
Nonostante abbia attraversato ben 16 anni di fase commissariale per affrontare e – sulla carta – risolvere questa problematica, i limiti restano sempre gli stessi: raccolta differenziata ancora troppo bassa, ricorso massiccio all’utilizzo delle discariche e del trasporto dei rifiuti fuori regione. Limiti che conseguentemente comportano un aggravio dei costi per mantenere in piedi un sistema che sostanzialmente fa acqua da più parti. Soprattutto perché gli impianti tecnologici per gestire correttamente la filiera stentano ad essere realizzati e i progetti, per implementare la raccolta differenziata nei Comuni restano sulla carta. Entrambi gli aspetti sono ora al centro della revisione del nuovo Piano varato dall’esecutivo regionale che punta a recuperare terreno nella realizzazione di impiantistica.
Eppure le risorse destinate a migliorare le condizioni non sono mancate, basti considerare che nel corso dei sedici anni di commissariamento sono arrivati in Calabria ben 2 miliardi di euro. A cui si sommano i soldi destinati appunto a realizzare impianti e a correggere la rotta della gestione dei rifiuti calabresi provenienti da varie fonti finanziarie.
A partire dalle Programmazioni operative regionali che si sono succedute assieme alle misure previste con fondi regionali, nazionali ed europei. Così come le altre centinaia di milioni di euro dedicati ad implementare la raccolta differenziata dei Comuni.
Ebbene nonostante questa montagna di soldi, l’immagine che proviene dai territori – a cadenza disarmante – è quella di un film già visto più volte: cassonetti pieni di pattume nelle città, camion colmi di immondizia che stazionano in fila lungo le strade che portano alle discariche e cittadini furibondi.

La fila dei camion colmi di rifiuti per l’ultimo stop alla discarica di Bucita

L’ultimo episodio – solo in ordine cronologico – di questa interminabile soap opera ha avuto come location la Sibaritide. Dopo la comunicazione ufficiale che la discarica in contrada Bucita di Corigliano Rossano lavora a singhiozzo, le ripercussioni si sono fatte subito sentire sugli oltre trenta comuni che si avvalgono di quel sito per abbancare i loro rifiuti. 
Un problema, quello della saturazione delle discariche, che con l’arrivo dell’estate rischia come ogni anno di ripetersi con ricadute pesantissime anche sull’immagine turistica della regione. Proprio per evitare tutto questo, come ha annunciato lo stesso Occhiuto, è stato varato il nuovo Piano che fa leva su tre aspetti: l’incremento della raccolta differenziata; il potenziamento degli impianti di trattamento tecnologici esistenti sul territorio e l’ammodernamento del termovalorizzatore di Gioia Tauro.
L’obiettivo dichiarato è quello di «porre fine alla dipendenza dalla discarica» definita da Occhiuto: «una forma di gestione non più sostenibile né dal punto di vista ambientale né da quello economico».
Un obiettivo ambizioso per il governatore, visto che allo stato la Calabria presenta ancora un quadro disarmante nella gestione dei rifiuti e che la vede per questo fanalino di coda in Italia su diversi aspetti.   

Troppi ancora i rifiuti finiti in discarica e cresce l’export

Complice l’emergenza pandemica, nel 2020 la Calabria ha registrato una flessione dei rifiuti urbani prodotti che la pone al vertice in Italia per percentuale di calo: -6,7%. Dalla fotografia scattata dall’Ispra nel suo ultimo rapporto, infatti, emerge che dalle 767.270 tonnellate prodotte nel 2019 in regione si è passati a 715.976 tonnellate dell’anno successivo. Per una produzione pro capite pari a 371,3 chilogrammi l’anno contro i 405,1 di dodici mesi prima. Una produzione bassissima che pone la regione al terz’ultimo posto, dopo Molise e Basilicata per produzione di pattume in Italia. Nonostante la riduzione di immondizia prodotta in un anno e l’ancora più bassa quantità generata dai suoi abitanti, la Calabria non è capace di gestire correttamente il ciclo dei rifiuti, visto il ricorso massiccio ancora alle discariche e all’invio fuori regione.
Nel 2020 (ultimo dato disponibile) su 715.976 tonnellate di rifiuti solidi urbani prodotti ben 195.573 sono stati smaltiti nelle discariche calabresi (a cui si sommano 596 tonnellate provenienti da altre regioni) e 22.955 sono finiti ad ingrossare le discariche fuori regione. Per un totale dunque di 218.528 tonnellate di rifiuti che sono stati smaltiti negli immondezzai. Un numero che si traduce in termini percentuali di oltre 30,5 punti. Considerando il 2020, in media un calabrese ha visto finire in discarica 104 chilogrammi di quanto ha prodotto in un anno. Tra i dati peggiori in Italia.
Certo un dato migliorato rispetto a quanto succedeva precedentemente quando la percentuale d’immondizia che finiva in discarica era maggiore, ma con un aggravante: è cresciuto il quantitativo esportato. Da 13.939 tonnellate di pattume finito fuori regione nel 2019 si è passato a 22.956, cioè un incremento pari a circa 64,9%. 

Raccolta differenziata: obiettivo ancora lontano

Così come è migliorato il dato che riguarda la raccolta differenziata in Calabria. Nel 2020 il 52,2% dei rifiuti sono stati differenziati facendo registrare un balzo in avanti rispetto all’anno precedente, quando quella percentuale era ferma al 47,9%, confermando un trend di crescita della differenziata degli ultimi anni. Ma lascia comunque la Calabria al penultimo posto della classifica nazionale, che vede la Sicilia ancora una volta fanalino di coda. Così come è collocata tra le ultime, per capacità di differenziazione dei rifiuti per numero di abitanti: appena 199 chilogrammi l’anno pro capite.
Così a differenza delle altre regioni, la strada per arrivare agli obiettivi fissati dalla Commissione europea resta tutta da percorrere per la Calabria. Le norme introdotte dal Pacchetto europeo sull’economia circolare prevedono: la riduzione di rifiuti smaltiti in discarica al di sotto del 10% entro il 2035, l’incremento del riciclo dei rifiuti al 60% per il 2030 (che dovrà arrivare cinque anni dopo al 65%) e soprattutto l’obbligo di raccolta dei rifiuti organici a partire dal prossimo anno. Un impegno che dovrà comportare l’incremento di impiantistica destinata a questo scopo.

Lo stato dell’arte degli impianti

La Calabria è tra le regioni in Italia ad avere un quadro impiantistico carente e poco diversificato. Un gap infrastrutturale che è tra le principali cause dell’impossibilità di chiudere positivamente il ciclo dei rifiuti. E rispettare la cosiddetta “regola delle tre R”: ridurre, riciclare e riutilizzare. Si tratta dunque di riuscire da una parte a diminuire la massa di rifiuti prodotti e dall’altra ad incrementare al massimo la raccolta differenziata in chiave di riutilizzo del materiale recuperato. Per fare questo occorrerebbe una rete infrastrutturale completa e virtuosa da mettere a sistema trasformando i rifiuti da problema a risorsa della regione. Allo stato in Calabria, il gap esiste già in chiave di trasformazione energetica.
Ad esempio nella regione è presente un solo impianto a biogas, come chiarisce il rapporto Ispra, capace di trasformare 40mila tonnellate di rifiuti differenziati in 4,5 milioni di metri cubi di biometano e 10mila tonnellate di fertilizzante.
Per l’intera regione esiste un unico termovalorizzatore che però tratta appena l’1,2% dei rifiuti prodotti in Calabria e che tra l’altro rappresenta un paradigma delle contraddizioni calabresi: per funzionare a pieno regime deve importare rifiuti da fuori regione. Questo perché il materiale da avviare alla termovalorizzazione nell’impianto Gioiese deve prima subire una serie di passaggi che il sistema in Calabria non riesce a garantire.
Per il resto nella regione sono presenti 11 impianti di compostaggio che nel 2020 hanno smaltito 114.700 tonnellate, sei le discariche ufficialmente in funzione. A cui si aggiungono nove impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani che nel corso del 2020 hanno trattato 323.244 tonnellate di rifiuti solidi urbani, di cui la gran parte immondizia indifferenziata.

Un impianto di separazione dei rifiuti solidi urbani

Impianti che allo stato non lavorano in una logica di filiera anche per la mancanza di pezzi fondamentali per garantirne l’efficienza. Problemi che si aggiungono all’anomalia degli Ambiti territoriali ottimali (Ato) che dovrebbero sulla carta garantire il ciclo integrato dei rifiuti, ma che il mancato pagamento delle spettanze dovute dai Comuni che ne costituiscono l’ambito finiscono per accumulare debiti e diventano l’anello debole dell’intero sistema.
In tanti ora sperano – come in altri settori – nelle risorse che arriveranno dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per colmare (finalmente) il gap infrastrutturale necessario a chiudere il cerchio. Ad agosto scorso il ministero dell’Economia ha assegnato al dicastero della Transizione ecologica importanti risorse a questo fine: un miliardo e mezzo di euro per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l’ammodernamento di impianti esistenti. A cui si aggiungono 600mila euro per la realizzazione di progetti “faro” di economia circolare. Il 60% dell’intero ammontare dovranno essere spesi nel Mezzogiorno. Dunque una nuova occasione storica per dotare la Calabria di quegli impianti di cui necessita.

Calabrò: «Priorità alla realizzazione degli impianti e alla loro corretta gestione»

«Gli impianti non solo dovranno essere realizzati, ma dovranno funzionare in una logica di filiera». Paolo Salvatore Calabrò, docente di Ingegneria Sanitaria Ambientale all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria nonché al Department of Civil Engineering della “Ryerson University” di Toronto, traccia il percorso per far uscire la Calabria dall’eterno stato di emergenza nella gestione dei rifiuti in cui versa. Secondo il professore – che è responsabile del Laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale e vicedirettore vicario del Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Energia, dell’Ambiente e dei Materiali Università Mediterranea di Reggio Calabria -, «per uscire dal circolo vizioso bisogna riuscire a gestire contemporaneamente l’emergenza e l’ammodernamento del sistema». E le risorse del Pnrr potranno offrire l’occasione per vincere questa sfida.

Paolo Salvatore Calabrò, docente di Ingegneria Sanitaria Ambientale all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria

Professore cosa occorrerebbe fare per mettere in piedi un corretto piano dei rifiuti urbani in Calabria?
«La Calabria non è autosufficiente nella valorizzazione e nello smaltimento dei rifiuti raccolti, per questo motivo è non più rinviabile la realizzazione di un sistema impiantistico moderno, capillare ed efficiente, realizzato secondo i moderni principi della gestione integrata dei rifiuti urbani e, per quanto possibile, secondo il principio di prossimità, così da limitare il trasporto dei rifiuti su lunghe distanze. Gli impianti realizzati andranno fatti funzionare correttamente e gestiti secondo logiche industriali di filiera. Un esempio su tutti è costituito dal compostaggio. Se non si produce compost di qualità e se non si trova per esso collocazione nel mondo agricolo, il recupero di materia per il quale l’impianto è pensato viene totalmente meno e i costi economici e ambientali aumentano».

Si parla sempre di “discarica zero”, anche nell’ultimo Piano di gestione rifiuti regionale, ma poi si ricorre a procedure emergenziali come quella di allargare un sito esistente. La Calabria riuscirà ad uscire da questo circolo vizioso?
«Il problema non sono le discariche, ma la necessità di ridurre al minimo l’utilizzo grazie agli impianti che dovrebbero valorizzare i rifiuti (impianti di digestione anaerobica, di compostaggio, di riciclaggio, di incenerimento con recupero di energia). La discarica dovrebbe servire solo per rifiuti non ulteriormente valorizzabili che la normativa UE per l’Economia Circolare quantifica in un massimo del 10% del totale dei rifiuti urbani, entro il 2035. Per uscire dal circolo vizioso bisogna riuscire a gestire contemporaneamente l’emergenza e l’ammodernamento del sistema. È questa la vera sfida».

Perché diviene complicato individuare e poi realizzare impiantistiche legate alla gestione dei rifiuti nelle diverse aree, in Calabria?
«Esprimo su questo un’opinione strettamente personale. I calabresi non si fidano delle scelte degli Enti preposti perché troppo spesso sono stati vittime di promesse non mantenute, anche in questo campo. Inoltre, di frequente, una politica debole e miope non è riuscita a difendere adeguatamente le proprie scelte e si è piegata alle resistenze dei territori».

Cosa fare per accelerare queste procedure?
«Si tratta di procedure complesse, sotto il punto di vista sia burocratico sia realizzativo. Direi però che la qualità progettuale è un elemento essenziale».

Quali rischi comporta per la salute della popolazione una non corretta gestione del ciclo dei rifiuti?
«I rischi potenziali per la salute sono molteplici e sono legati soprattutto a forme di inquinamento dei suoli e delle acque. Si tratta spesso, purtroppo, di fenomeni che emergono nel lungo termine. Anche a distanza di molti anni».

Sul fronte della raccolta differenziata la Calabria resta sempre agli ultimi posti. Perché non si riesce a far decollare il sistema?
«La raccolta differenziata in Calabria ha delle performances a macchia di leopardo: accanto a Comuni molto virtuosi ce ne sono altri con percentuali bassissime. In moltissimi casi i Comuni non hanno da soli le risorse tecniche per progettare e implementare sistemi moderni. In tale ambito è fondamentale la cultura tecnica ed in questo il ruolo delle Università è fondamentale. Nel mio Dipartimento, per esempio, è stato attivato da poco un Corso di Laurea Magistrale Interclasse, pressoché unico nel panorama nazionale, in Ingegneria per la gestione sostenibile dell’ambiente e dell’energia».

Sono in arrivo le risorse del Pnrr di cui l’Ambiente è un pilastro. Quali potrebbero essere gli interventi prioritari per migliorare la gestione dei rifiuti calabresi?
«In estrema sintesi: spendere i finanziamenti per realizzare gli impianti di cui non possiamo più fare a meno e, dopo averli realizzati, riuscire a farli funzionare correttamente». (r.desanto@corrierecal.it)

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