CATANZARO In qualche caso dissesto, in vari casi pre-dissesto, nella stragrande maggioranza dei casi «risultati di amministrazione costantemente di segno negativo». La «situazione di forte criticità» di moltissimi Comuni della Calabria torna sotto la lente della Corte dei Conti, che in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2022 ha ancora una volta delineato un’analisi molto cruda sulla (non) tenuta contabile e finanziaria degli enti locali calabresi, che poi si traduce nella difficoltà o nell’impossibilità di garantire servizi adeguati ai cittadini.
A tracciare questo quadro, ai limiti del patologico, è la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, nella relazione vergata dalla presidente Rossella Scerbo per l’anno giudiziario. «Il quadro complessivo della situazione finanziaria degli enti territoriali calabresi – scrive la giudice contabile – è preoccupante per l’elevato numero di essi che registra gravi criticità, che sono variamente graduate sino a sfociare in uno squilibrio strutturale finanziario determinante il ricorso alla procedura di riequilibrio o nell’ancor più grave impossibilità di svolgere le funzioni fondamentali o erogare i servizi indispensabili, cioè in un dissesto conclamato». Un po’ di dati citati dalla Corte dei Conti. «In Calabria, su 404 Comuni, dal 1989 al 2020 sono state attivate 193 procedure di dissesto che hanno interessato 171 comuni (alcuni dei quali hanno dichiarato il dissesto due volte). I dissesti attivi, relativi cioè al periodo 2017/2020, riguardano 31 Comuni (di cui 12 avevano già dichiarato in precedenza il dissesto). Nel 2021 hanno dichiarato il dissesto 7 Comuni (Serra San Bruno, Soveria Mannelli, Sant’Agata d’Esaro, Bisignano, Acquappesa, Casignana, Villa San Giovanni). Solo 19 delle procedure che tendenzialmente dovrebbero chiudersi in cinque anni, deliberate nel periodo 2001/2016, si sono chiuse con l’approvazione del rendiconto di gestione, in quindici casi risulta ancora aperta. Tra questi – prosegue la relazione della sezione di controllo della Corte dei Conti – vi è un capoluogo di provincia ( Cosenza) e una Provincia (Vibo Valentia). Un triste primato che la nostra regione condivide con la Campania e la Sicilia, tant’è che è in corso di istituzione presso la sezione delle Autonomie un tavolo delle criticità cui parteciperanno i magistrati delle tre sezioni all’uopo delegati». Per la Corte dei Conti inoltre «ulteriore indice sintomatico della precarietà della situazione finanziaria degli enti calabresi è l’elevato numero di essi che ha fatto ricorso alla procedura di riequilibrio;; uno strumento straordinario per consentire agli enti che versino in una situazione di deficit finanziario strutturale, non superabile attraverso gli strumenti ordinari di ripiano previsti dagli articoli 193 Tuel, di evitare la più penalizzante procedura di dissesto, attraverso la predisposizione e l’attuazione di un programma di ripiano del disavanzo con modalità, appunto, straordinarie ed eccezionali». La magistratura contabile rimarca inoltre che «la gestione finanziaria di un’elevata percentuale degli enti territoriali di questa regione è connotata da tensioni di liquidità resa ostensiva dal reiterato ricorso alle anticipazioni di tesoreria e all’utilizzo di entrate vincolate spesso non ricostituite. Altre criticità ricorrenti sono integrate dall’insoddisfacente tasso di riscossione delle entrate proprie e in misura ancora maggiore di quelle extratributarie, dal ritardo nei pagamenti dei debiti commerciali con conseguente esposizione al pagamento di interessi, dalla mancanza di cronoprogrammi di spesa che unitamente alla omessa ricostituzione dei fondi vincolati incide sulla realizzazione di opere pubbliche».
In definitiva, per la Corte dei conti si configura «una situazione di forte criticità per la quasi totalità dei Comuni dell’intero territorio regionale, evidenziate da risultati di amministrazione costantemente di segno negativo». Criticità che la magistratura contabile elenca definendole «ricorrenti»: reimputazioni dei residui attivi effettuate in violazione dei principi della “competenza finanziaria potenziata”, non corretta quantificazione del Fondo pluriennale vincolato, assenza o inattendibilità dei cronoprogrammi di spesa, mantenimento in bilancio di residui attivi e passivi vetusti che avrebbero già dovuto essere cancellati in quanto insussistenti, irregolare contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità e mancato accantonamento nel risultato di amministrazione, mancanza o inadeguatezza dell’accantonamento al fondo contenzioso o dell’indennità di fine mandato, mancato o inadeguato accantonamento del Fondo crediti di dubbia esibilità in sede di riaccertamento straordinario, percentuali basse di riscossione delle risorse, inefficienza dell’attività di contrasto all’evasione tributaria e difficoltà nello smaltimento dei residui, insufficienza delle risorse di cassa e sistematico ricorso alle anticipazioni di tesoreria; mancata ricostituzione dei fondi vincolati utilizzati per cassa nel corso degli anni e delle anticipazioni di tesoreria, presenza di numerosi debiti fuori bilancio, con particolare riferimento ai debiti derivanti da sentenze esecutive, scarsa attendibilità delle previsioni di entrata». (c. a.)
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