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le cosche nel Lazio

La ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno, le minacce alla consigliera e il «no al bavaglio»

Le reazioni dopo l’indagine “Tritone”, dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma. Cittadini in piazza per dire no alla mafia e le denunce di Lina Giannino

Pubblicato il: 29/03/2022 – 7:30
di Fabio Benincasa
La ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno, le minacce alla consigliera e il «no al bavaglio»

ROMA L’indagine nome in codice Tritone, avviata dal 2018 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma con il coordinamento della Dda della Procura capitolina, ha portato gli investigatori a raccogliere diversi elementi gravemente indiziari in relazione all’esistenza di un locale di ‘ndrangheta operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria ma con ramificazioni in Lazio, Lombardia, Emilia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e sul territorio estero (Svizzera, Germania, Canada, Australia). Organo collegiale di vertice – “la Provincia” – legata ad una articolazione operante sul territorio dei comuni di Anzio e Nettuno, “distaccamento” dal locale di Santa Cristina d’Aspromonte, ma composto in gran parte anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle.
I 65 arresti compiuti lo scorso mese di febbraio non coinvolgono – almeno per il momento – politici nonostante venga ipotizzato il condizionamento mafioso nelle due amministrazioni. «Cento voti ti dovevano dare e te ne hanno dati 90», dice un boss intercettato ad un candidato non indagato in una delle captazioni dei carabinieri riportate dal Corriere della Sera.

Le minacce alla consigliera Pd

Lina Giannino, consigliera Pd del comune di Anzio, dal 2018 ha denunciato la ricezione di diverse minacce: lettere minatorie, scritte sui muri e una busta contenente un proiettile recapitata in Comune. In consiglio comunale – come ha avuto modo di raccontare a Fanpage.it – non ha sentito la solidarietà dei colleghi: «Da vittima sono passata a carnefice solo per aver detto che l’invio di un proiettile era un segno di stampo mafioso». «Stavo dicendo che ad Anzio c’era la mafia, avevo denunciato che nel comune si spendessero troppi milioni per l’illuminazione». Ma a «disturbare il sindaco» – aggiunge è stato «l’appalto dei rifiuti da 72 milioni di euro, segnalato alla Guardia di Finanza».  Giannino si dice per nulla sorpresa dal blitz e dagli arresti operati ad Anzio. «Non fa notizia, sono da 40 anni su questo territorio». Dopo l’operazione, Giannino ha proposto all’opposizione una mozione di sfiducia al sindaco. «Siamo garantisti, ma le dimissioni sarebbero un atto di onestà». 

Lina Giannino – Consigliera comunale del Pd

«Il silenzio è mafia»

Nei giorni scorsi, in piazza Pia ad Anzio: associazioni, cittadini e giornalisti sono scesi in piazza per far sentire la loro voce dopo gli arresti per ‘ndrangheta. «Anzio e Nettuno non appartengono alle mafie», urlano i manifestanti. I cittadini si oppongono al potere dei clan. «La criminalità è insediata sul territorio come testimoniano le sentenze definitive di alcuni processi. Dobbiamo formare gli anticorpi per ristabilire la legalità», dice Giovanni del Giaccio dell’associazione della stampa romana. L’informazione è fondamentale» – aggiunge Clemente Pistilli delle Rete No Bavaglio. «In determinati territori è giusto parlare di questi fenomeni e di cosa comportano per la vita economica e per la gestione della pubblica amministrazione», continua Pistilli. Che aggiunge: «Continueremo il nostro lavoro con tutte le difficoltà del caso, ma anche con la passione di informare i cittadini».

Manifestazione “No Bavaglio”
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