GENOVA I Carabinieri del Nucleo Investigativo della Spezia hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti di una donna di 58 anni, Bombina Abossida (foto da La Nazione), originaria della provincia di Crotone, relativo a beni mobili e immobili individuati in Italia ed all’estero per un valore di circa 7 milioni di euro.
Le indagini erano nate dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che fece riferimento all’importazione dal Sudamerica di circa 800 chilogrammi di cocaina arrivati in porto a Spezia e stoccati in un garage del centro cittadino. Era l’agosto 2012: dopo poche settimane nel Crotonese uno dei soggetti che sarebbero stati coinvolti nell’importazione della cocaina, Santo Abossida, è stato ucciso con 4 colpi di pistola alla testa. Dopo l’omicidio, i Carabinieri spezzini hanno avviato indagini a carico della sorella del morto, residente a Spezia.
La donna è stata indagata anche per riciclaggio delle somme ricavate dalla vendita della droga, soldi che aveva usato per acquistare beni immobili, quote societarie, diamanti, gioielli, quadri. Parte delle somme sarebbe in parte finita su conti correnti bancari nazionali ed esteri aperti ad hoc e parte occultata in cassette di sicurezza o reimpiegata in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative in Svizzera, Romania, Capo Verde, Sao Tome e Principe e Spagna.
Gli investigatori hanno quantificato in almeno 7 milioni di euro le cifre movimentate. Il patrimonio sequestrato è da aggiungere a quello già confiscato a fine 2020 a un intermediario finanziario residente in Svizzera e originario della provincia della Spezia, condannato a luglio, a seguito di patteggiamento, a due anni di detenzione e alla confisca dell’intero patrimonio. L’uomo, ritenuto il cassiere dell’indagata e del fratello ucciso aveva costituito una società offshore in Belize, aprendo attraverso essa anche conti bancari a Lugano. Alla fine di febbraio 2022 il Tribunale di Genova ha emesso rogatoria finalizzata alla confisca dei saldi sui conti correnti bancari accesi su banche private di Lugano, di una villa sul lago di Lugano e ad altre forme di investimento per valore stimato in circa 9 milioni di euro.
Santo Abossida, secondo gli inquirenti, avrebbe custodito un vero e proprio tesoro all’estero: immobili nelle isole di Capo Verde e Sao Tomé e Principe. Un terreno da 14 mila metri quadrati nell’arcipelago delle Baleari, a Maiorca. Conti correnti in Svizzera e un esercizio commerciale di alta moda a Bucarest, in Romania. Sono dati emersi nelle inchieste dei carabinieri de La Spezia, iniziate dopo l’omicidio dell’uomo, il 14 agosto 2012. Quattro colpi di pistola che, per gli investigatori, sarebbero arrivati per un regolamento di conti. Un agguato tremendo: Abossida stava passeggiando, tenendo in braccio suo figlio, nella via principale di Torretta di Crucoli, piccolo centro del Crotonese. Gli inquirenti sospettano che Santo fosse un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta. Un omicidio realizzato con modalità mafiose, collegato dagli inquirenti a contrasti con un personaggio che sarebbe stato all’epoca organico alla “locale” di Cirò e con il quale Abossida sarebbe stato in affari.
I carabinieri ritengono che la vittima dell’agguato abbia trasportato in Italia, utilizzando barche a vela, 800 chili di cocaina all’anno. Circostanza rivelata da un collaboratore di giustizia, Antonio Femia, che nel 2010 svelò il modo in cui l’imprenditore calabrese avrebbe tirato le fila del traffico di cocaina dalla Colombia. Fu Femia a mettere gli investigatori sulle tracce del tesoro del presunto narcotrafficante ucciso. Femia – raccontò il Secolo XIX – svelò un altro retroscena: «Era stata Bombina (la sorella, ndr) ad accordandosi con i colombiani per la restituzione di 350 chili di cocaina giacente in un garage alla Spezia (in via Costantini, ndr) e di un’ingente somma di denaro pari a un milione e 200 mila euro di cui la donna aveva la disponibilità e che consegnava suddivisa in banconote dal taglio di 100 euro», scrivono i magistrati nel provvedimento.
Sul presunto tesoro la magistratura non era mai riuscita a mettere le mani per una serie di difficoltà tecniche dovute alle rogatorie internazionali. Il retroscena emerge dalle carte dell’inchiesta aperta dalla Dda di Genova sul patrimonio di famiglia. Uno degli step portò al sequestro di un quadro – un “doppio” del “Bacco” di Caravaggio trovato dai carabinieri nel caveau di un magazzino a Chiasso. La proprietà del dipinto era di una società nella quale, secondo i magistrati, sarebbero stati soci occulti due stretti congiunti di Abossida. La società prese subito le distanze, spiegando di essere estranea alla vicenda. L’ipotesi è quella che il denaro proveniente dal narcotraffico sia stato riciclato con investimenti in giro per il mondo. Nell’agosto 2017, quando i carabinieri bloccarono 5 milioni di euro, tra immobili e contanti.
Senza le barriere digitali che impediscono la fruizione libera di notizie, inchieste e approfondimenti. Se approvi il giornalismo senza padroni, abituato a dire la verità, la tua donazione è un aiuto concreto per sostenere le nostre battaglie e quelle dei calabresi.
La tua è una donazione che farà notizia. Grazie
x
x