VIBO VALENTIA Era passato dal carcere ai domiciliari, per motivi di salute, lo scorso 21 dicembre 2021, così aveva deciso la Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti di Antonio Mancuso, cl. ’38, accogliendo l’istanza presentata dall’avvocato Giuseppe Di Renzo. A pesare sulla decisione, infatti, erano state le precarie condizioni di salute di Antonio Mancuso, già condannato – in primo grado – per le estorsioni ai danni del tabaccaio Zappia, detenuto finora nel carcere di Secondigliano, a Napoli, un quadro clinico complicato per via di diverse patologie, oltre che una recente caduta che ha richiesto una stabilizzazione vertebrale. Il perito aveva però rilevato come «per l’età avanzata» e «lo stato di forzata immobilizzazione e detentivo» fosse da considerare «il rischio serio e concreto di strutturazione di uno stato depressivo» i cui rapporti «con l’instaurazione di una demenza sono ampiamente documentati» e i seri e «concreti rischi per la salute» testimoniati anche dall’ultimo ricovero urgente al “Cardarelli” di Napoli.
Qualche giorno dopo, però, il 25 dicembre, durante un controllo dei carabinieri di Nicotera, lo stesso Antonio Mancuso era stato trovato, in casa, in compagnia di altre persone: la moglie, le tre figlie Rosaria, Mariateresa e Annarita, oltre al genero, coniuge di una delle figlie. Una presenza “giustificata” dall’esigenza «di prestare al padre le cure di cui necessitava». E infatti lo stesso Antonio Mancuso era stato trovato in bagno insieme al genero mentre quest’ultimo gli teneva la flebo. La Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro aveva chiesto la sostituzione della misura dei domiciliari con il carcere, considerandola una violazione delle prescrizioni, ma rigettata subito perché la «trasgressione» appariva di «lieve e trascurabile entità».
Una decisione avvalorata anche dal Tribunale del Riesame di Catanzaro che ha rigettato l’impugnazione della Procura generale, confermando così l’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello lo scorso 31 dicembre 2021. Secondo i giudici, infatti, la presenza dei familiari nell’abitazione di Antonio Mancuso per i giudici del Tribunale di Catanzaro, «era effettivamente finalizzata all’assistenza» in ragione «della patologia che lo affligge», e non essendo stata accertata invece «alcuna diversa condotta sintomatica di un contrasto con le esigenze cautelari da soddisfare». (redazione@corrierecal.it)
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