BUDAPEST Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha lanciato un appello agli ungheresi, chiedendo loro di andare a votare oggi, nelle elezioni legislative a suo dire cruciali per la scelta tra “guerra o pace”. Il controverso capo del governo si presenta come il garante della stabilità del Paese e accusa l’opposizione – che per la prima volta dal 2010 ha una chance di vittoria – di voler coinvolgere l’Ungheria nella guerra in ucraina, per la solidarietà manifestata al presidente Zelenski. “È la guerra di due grandi Paesi ed è una cosa pericolosa. Non dobbiamo lasciarci coinvolgere. I nostri rivali (politici) non considerano la gravità della situazione e le loro azioni potrebbero coinvolgere il Paese nella guerra, il che sarebbe tragico per l’Ungheria”, ha detto Orban dopo aver votato in un seggio elettorale in una zona residenziale di Budapest. Orban, che è in buona sintonia con il presidente russo Vladimir Putin, con il quale condivide politiche conservatrici, ha sostenuto le sanzioni dell’Unione Europea contro Mosca ma si è rifiutato di essere coinvolto nella fornitura di armi all’Ucraina, vietandone il transito sul suo territorio. L’Ungheria ha accolto finora circa 400.000 profughi. Di conseguenza, il conflitto è diventato una questione elettorale, con l’opposizione che ha definito Orban un “mini-Putin” per le sue tendenze autocratiche e ha criticato il suo crescente isolamento nell’Ue. Per la prima volta Orban potrebbe sentire un brivido di suspense all’apertura delle urne elettorali. Per la prima volta da dodici anni l’opposizione ha un candidato unitario per sfidare il premier magiaro deciso a conquistare il quarto mandato, ma in palio c’è soprattutto il futuro dell’uomo che dal 2010 si considera tutt’uno con il Paese che guida, e con esso un bel pezzo degli equilibri geopolitici europei. Oggi i toni sono pacifisti così come sull’onda del fragore delle bombe che cadono su Kharkiv e Mariupol potrebbero rimodellare i rapporti di Budapest nell’Ue: anche per questo nei palazzi di potere delle maggiori capitali europee in queste ore passano di mano in mano i sondaggi in arrivo dall’Ungheria. Il partito di Orban, Fidesz, segna solo un leggero vantaggio nei confronti dell’alleanza che sostiene lo sfidante Peter Marki-Zay, un conservatore che vuole mettere fine al “potere antidemocratico” di Orban per riportare l’Ungheria su “una via europea”. Marki-Zay – un outsider in folgorante ascesa – si mostra sicuro di sè: “Non ho mai vinto un sondaggio, ma non ho mai perso un’elezione”, ripete ad ogni comizio. Di contro, il premier in carica sembra costretto a reinventare la sua immagine internazionale a causa dell’Ucraina, con la vicinanza a Putin oggi più difficile da gestire nei confronti dei suoi alleati a Varsavia e nel resto del blocco conservatore dell’est europeo. Insomma, al netto delle mobilitazioni dell’ultimo minuto, la sfida è aperta.
Orban è il capo di governo più longevo di tutta l’Unione europea: presidente del partito nazional-populista Fidesz, con alle spalle un primo mandato di premier già dal 1998 al 2002, la storia di Orban è divisa in due. Nel fatidico 1989, da studente ventiseienne è in prima linea a chiedere elezioni libere ed il ritiro dell’esercito sovietico dall’Ungheria. Neanche dieci anni dopo l’ex dissidente vince le elezioni per arrivare ad essere premier a 35 anni. Sconfitto alle urne 4 anni dopo, nei suoi otto anni all’opposizione Orban inizia il suo viaggio verso posizione ultra-conservatrici sempre più marcate: nel 2010 sfida e batte i socialisti scacciandoli dal governo, ai passaggi elettorali successivi – nel 2014 e nel 2018 – grazie anche ad una riforma elettorale fatta su misura di Fidesz, così dicono i suoi oppositori, riesce a guadagnarsi una maggioranza dei due terzi, ponendosi con sempre maggiore vigore come “difensore di un’Europa cristiana” e come guardiano dei confini a fronte delle onde di migranti, con tanto di muri di filo spinato lungo le frontiere con la Serbia e la Croazia. Come sui temi del controllo dell’esecutivo sulla giustizia o con le leggi considerate anti-Lgbtq, gli strappi dell’Ungheria nei confronti dell’Unione europea, comprese le reciproche polemiche, si sono fatti di anno in anno più profondi. In politica estera le scelte di Orban, fino all’invasione dell’Ucraina, si sono fatte sempre più nette: quella di Bruxelles e Strasburgo è stata definita una “èlite tecnocratica”, mentre si sono intensificati i rapporti non solo con Vladimir Putin, ma anche con Pechino, con l’allora presidente americano Donald Trump, con il capo di Stato brasiliano Jair Bolsonaro.
È invece quello del perfetto outsider dalla carriera politica folgorante il profilo di Peter Marki-Zay: cattolico praticante padre di sette figli ed eletto nel 2018 sindaco nella cittadina di Hodmezovasarhely – fino a quel momento considerata una roccaforte di Fidesz – è riuscito a sgominare gli avversari anche alle primarie convocate lo scorso ottobre per nominare il candidato unico delle opposizioni Lui si definisce un “politico atipico”: 49 anni, economista e ingegnere, ha lavorato alcuni anni negli Usa, in Canada e in Francia, ed un tempo fu un sostenitore entusiasta di Orban, salvo attaccarlo dopo il 2010 accusandolo di voler trasformare l’Ungheria in un “regime autoritario”.
Al motto di “né a destra, né a sinistra, ma in alto”, Marki-Zay punta ad un corso più europeista e attacca con forza l’attuale premier sulla sua posizione “ambigua” sull’attacco all’Ucraina, definendolo “l’ultimo alleato di Putin nell’Ue e nella Nato”: è vero che Budapest ha votato a favore delle sanzioni contro Mosca ed ha accolto almeno 500 mila profughi ucraini, ma oppone un secco ‘njet’ alla richiesta di inviare armi e si oppone con forza ad un eventuale embargo energetico. “Marki-Zay vorrebbe spedire soldati ungheresi a morire”. Orban non manca di rispondere a tono agli attacchi, a cominciare dai manifesti con la scritta “pericoloso” che campeggia in caratteri bianchi sul ritratto dell’avversario. L’accusa rivolta a Marki-Zay è che costui vorrebbe spedire soldati ungheresi a morire in Ucraina. Lo sfidante ribatte che la sua linea è quella della Nato, che consiste nel non partecipare alla guerra e di sostenere attivamente il governo di Volodymyr Zelensky contro l’invasione russa. Difficile sbilanciarsi su come andrà a finire la battaglia elettorale. Varie organizzazioni per i diritti civili parlano di possibili brogli, tanto che oltre ai 200 ‘osservatorì dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) a vegliare sulle urne ungheresi ci saranno anche 200 mila volontari.
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