COSENZA Mancano poche settimane all’inizio della stagione estiva. L’Università della Calabria mette a disposizione del territorio le proprie competenze scientifiche in materia ambientale. E lo fa con l’attivazione di una Stazione sperimentale marina di Capo Tirone, sul mar Tirreno a nord della Calabria. Si tratta di un hub di ricerca del Laboratorio di gestione sostenibile delle risorse idriche, il cui responsabile scientifico è il professore Mario Maiolo, del Dipartimento di Ingegneria dell’ambiente dell’Unical.
«Il fenomeno dell’erosione costringe ad erigere delle difese che nel tempo evolvono: inizialmente sono pensate per difendere gli abitati e le infrastrutture e si interviene (molto spesso) in situazioni di emergenza, ricorrendo all’installazione di massi rigidi. Poi però si tenta di rimuoverli, ricostruendo gli arenili», racconta al Corriere della Calabria Mario Maiolo. Questa evoluzione ha un nome “Nature based solutions”, una serie di iniziative per favorire «il ripristino delle condizioni naturali iniziali». La stazione sperimentale marina di Capo Tirone non solo si occupa di erosione, ma di capirne l’evoluzione per progettare interventi che tendano a rinaturalizzare il territorio e proporre schemi progettuali, avviati già dalla fine degli anni 90.
Con l’avvicinarsi della stagione estiva arrivano puntuali gli appelli rivolti alle istituzioni per salvaguardare il mare dai fenomeni inquinanti. Anche il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, è intervenuto recentemente sull’argomento: «Siamo ora impegnati a intervenire sui depuratori che sono tarati ad esempio sulla popolazione invernale, più che sulla quella estiva. Siamo impegnati anche ad accelerare i lavori di collettamento. Ci sono tanti Comuni che hanno edifici o abitazioni non collettati agli impianti di depurazione. Ci sono delle procedure di infrazione per questo, e la Regione deve fare il suo dovere». Sul tema della depurazione non bisogna dimenticare il lavoro portato avanti da tre procure calabresi che hanno coordinato attività di indagine per far luce sulla mala gestio della depurazione. Inoltre, la Procura di Vibo Valentia, guidata da Camillo Falvo insieme al collega della Procura di Lamezia, Salvatore Curcio, ha ideato e messo in piedi una “task-force” per affrontare, un problema (considerato irrisolvibile), minaccia costante non solo per il territorio ma anche per il tessuto economico-turistico. «Molte volte sentiamo le ipotesi più strane in relazione al malfunzionamento della depurazione», continua Maiolo. Che aggiunge: «Noi studiamo i sistemi di depurazione, ma prima lavoriamo per comprendere meglio le dinamiche di inquinamento». Come arriva lungo la costa? Come si sposta? Quali sono le cause scatenanti? Domande necessarie per inquadrare le diverse attività responsabili del fenomeno e trovare le soluzioni più adeguate. «Non abbiamo compiti di polizia giudiziaria – aggiunge – studiamo i fenomeni e suggeriamo l’adozione di soluzioni tecnologiche». «Gli impianti di depurazione sono una delle cause di inquinamento – sostiene Maiolo – ma non bisogna trascurare gli scarichi degli autospurghi nei corsi d’acqua e la (non sempre efficace) manutenzione di quest’ultimi». L’approccio degli studiosi del Dipartimento di Ingegneria dell’ambiente dell’Unical è multidisciplinare. «Affrontiamo i temi con competenze giuridiche, fisiche, meccaniche e sanitarie: si tratta del più giovane dipartimento della nostra Università, nato dopo la riforma Gelmini e volto ad affrontare i problemi di carattere strettamente ambientale».
«Ci stiamo dotando della strumentazione necessaria a sviluppare modelli di monitoraggio continuo», confessa Maiolo. «Abbiamo a disposizione droni subacquei dotati di sonde in grado di raggiungere qualsiasi profondità, in qualsiasi zona dell’area marina calabrese e che ci consentono di acquisire dati a distanza». Non solo. «A Maggio, installeremo una boa ondametrica (la prima in Calabria e nel meridione d’Italia) dotata di sensori di diversa tipologia, frutto di una ricerca internazionale che ha coinvolto 22 centri di ricerca europei. Si tratta di sensori a basso costo per il monitoraggio che saranno testati proprio a Belvedere». Il basso costo consentirà concretamente di coinvolgere nel progetto tutta la costa tirrenica. Un’attività che sin da subito consentirà di «ricevere dati ondametrici e avere modelli di idrodinamica costiera quanto più precisi possibili». Infine, Maiolo, annuncia l’installazione a Belvedere dei «bioreef, massi artificiali, realizzati con stampanti 3d e dal peso di una tonnellata, installati sui fondali e necessari a ripopolare la fauna ittica». Gli studi sulla stazione marittima di Belvedere hanno coinvolto anche l’Università di Reggio Calabria. «Abbiamo avviato una proficua collaborazione con il laboratorio diretto dal professore Arena. Loro si occupano di idrodinamica costiera e sfruttamento dell’energia».
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