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il verbale

Alibante, «45mila euro per comprare un giudice a Lamezia»

Le dichiarazioni di un imprenditore vittima di estorsione. «Macchione mi disse di avere fatto un bonifico al genero del togato che doveva decidere su una richiesta di sequestro di cambiali». Atti a…

Pubblicato il: 07/04/2022 – 6:19
di Alessia Truzzolillo
Alibante, «45mila euro per comprare un giudice a Lamezia»

LAMEZIA TERME Una somma da 45mila euro consegnata al genero del presidente del collegio giudicante del Tribunale di Lamezia Terme che avrebbe dovuto decidere sulla richiesta di sequestro di cambiali per un valore di 3 milioni di euro. È quanto emerge da un verbale redatto dai carabinieri del gruppo di Lamezia Terme, verbale che è finito nel procedimento “Alibante” e che potrebbe dare la stura a un’ulteriore indagine da parte della Procura di Salerno, alla quale gli atti sono stati trasmessi e che è delegata a indagare sugli illeciti che riguardano le toghe del Distretto di Catanzaro.
Ma procediamo con ordine.
“Alibante” è un’inchiesta della Dda di Catanzaro incentrata sul territorio dei comuni di Nocera Terinese e Falerna dove avrebbe operato la cosca Bagalà, capeggiata dall’ottuagenario capo cosca Carmelo Bagalà. Intorno agli interessi del clan avrebbero orbitato professionisti, politici, sodali di ogni ordine e grado. 

L’estorsione ad Antonicelli

Tra gli episodi ricostruiti dai militari c’è anche quello relativo a un’estorsione che vede coinvolti Carmelo Bagalà, Antonio Rosario Mastroianni e Benito Provenzano. Questi avrebbero agito, in concorso con persone ancora da identificare, ai danni di Massimiliano Antonicelli il quale aveva comprato, il 20 luglio 2003, il villaggio Bahja di Paola dalla società Covit srl di Vittorio Macchione, al prezzo di 6.817.231,00 euro. Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero costretto Antonicelli a consegnare a Macchione, a titolo estorsivo, ingenti somme di denaro che esulavano dagli accordi di compravendita del villaggio oltre a somme aggiuntive da pagare a titolo di pizzo per l’intermediazione illecita fatta dai sodali della cosca. In particolare, nel 2005 erano insorti contenziosi sull’esecuzione del contratto di compravendita. Macchione e Bagalà avrebbero rivolto minacce ad Antonicelli e al suo legale, l’avvocato Gianfranco Spinelli, intimando all’imprenditore di desistere dal portare avanti azioni legali e prorogando la validità di alcune cambiali scadute e non onorate. Inoltre, viste la difficoltà di Massimiliano Antonicelli a pagare con regolarità le somme dovute, Vittorio Macchione, nel 2016, lo avrebbe costretto a eseguire in suo favore, tramite la società Villaggi e Vacanze srl, dei bonifici dell’importo complessivo di 161.933,35 euro per lavori mai eseguiti a favore della società Rogical s.r.l. gestita da Macchione, mascherando i pagamenti emettendo fatturazioni per operazioni inesistenti. 
Nel 2018 Macchione avrebbe dato incarico a Bagalà di costringere Antonicelli con minacce a consegnargli le cifre di denaro pretese, cifre alle quali andava aggiunta la somma destinata a Bagalà quale compenso per l’intermediazione mafiosa. A questo punto Bagalà si sarebbe servito di una serie di persone per intimare Antonicelli a pagare la somma di 60mila euro all’anno. Tra queste persone sono stati identificati Benito Provenzano che avrebbe veicolato i messaggi tramite inconsapevoli conoscenti della vittima e Antonio Rosario Mastroianni, il quale in cambio di un compenso, si sarebbe offerto come mediatore tra Antonicelli e Bagalà veicolando messaggi, anche minatori, intercedendo fra i due, organizzando incontri, e rivolgendo, al contempo, minacce larvate alla vittima. Il 27 giugno 2018, Antonicelli consegnava la somma di 10mila euro direttamente nelle mani di Macchione.

«45mila euro per comprare un giudice»

Le indagini dei carabinieri di Lamezia Terme e della Dda di Catanzaro sono proseguite anche in seguito all’operazione “Alibante” del 3 maggio 2021. Il 12 agosto 2021, infatti, è stato sentito dai carabinieri l’imprenditore Antonicelli il quale ha raccontato quanto gli sarebbe accaduto nel 2003.
«A quell’epoca – racconta Antonicelli – il Tribunale di Lamezia Terme era stato chiamato a decidere su una mia richiesta di sequestro di alcune cambiali di circa 3 milioni di euro relative sempre alla vendita del Bahja». A dover decidere era un collegio giudicante composto dal presidente e dai due giudici a latere. La mattina in cui i giudici erano chiamati a decidere Antonicelli incontra Macchione fuori dal Tribunale e gli chiede di trovare una soluzione bonaria per risolvere la vicenda. In tutta risposta, afferma Antonicelli, Macchione gli avrebbe detto che aveva già vinto la causa perché aveva consegnato la somma di 45mila euro al genero del presidente del collegio giudicante, somma che sarebbe stata bonificata sul conto corrente del genero del giudice da una delle società di Macchione. Antonicelli afferma, inoltre, che il presidente del collegio giudicante votò contro di lui mentre i giudici a latere votarono in suo favore, per cui le cambiali vennero sequestrate. «Dopo tale vicenda – prosegue Antonicelli – come ho già riferito, io iniziai a subire delle pressioni e delle minacce da Macchione, mentre il mio avvocato Spinelli iniziò a subire delle pressioni e delle minacce» dal genero del giudice. In particolare il genero del giudice avrebbe minacciato sia l’avvocato che la moglie, all’epoca in gravidanza.
Parte delle dichiarazioni di Antonicelli è coperta da omissis, segno che le indagini potrebbero allargarsi ancora e dare vita a un nuovo fascicolo d’inchiesta. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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