REGGIO CALABRIA «La ‘ndrangheta preferisce lavorare sotto traccia». È il commento del procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, interpellato dall’Agi, riguardo ai contenuti dell’ultima Relazione semestrale della Dia sulle mafie italiane e straniere in Italia. «Un atteggiamento voluto – prosegue Bombardieri – e di questa sua scelta c’è traccia in alcuni importanti processi, come Ndrangheta stragista’, in cui è emersa la riluttanza e la contrarietà di molte delle più importanti cosche ad avallare le strategie stragiste di Cosa nostra, preferendo cercare contatti con ambienti istituzionali e aggredire le istituzioni dal loro interno con la corruzione, infiltrandole più che combattendole».
Per il capo della Procura reggina, «questa strategia ha contribuito al suo rafforzarsi e di consolidare nel tempo i propri rapporti di affari ed i propri legami, anche grazie a chi non vedeva o faceva finta di non vedere, spesso in passato, grazie a chi sottovalutava appositamente la pericolosità di questa potentissima organizzazione criminale e le sue proiezioni nazionali ed internazionali».
Secondo Bombardieri, «la grande forza economica ed il controllo capillare del territorio ha consentito alla ‘ndrangheta di affermarsi, quando non se ne è addirittura appropriata, in interi settori economici: nell’edilizia, nelle forniture, nella grande distribuzione, così inquinando fortemente l’economia legale, sino, in alcuni casi ed in alcuni territori, ad imporre le proprie regole anche per l’apertura di nuove attività commerciali imponendo una sorta di “autorizzazione” preventiva da parte dell’organizzazione criminale che tali territori controllava». Per il procuratore distrettuale di Reggio Calabria, inoltre, «la ‘ndrangheta si occupa di investimenti finanziari, di investimenti in settori dell’economia e della innovazione produttiva che aprono a mercati nuovi e internazionali. Non bisogna dimenticare – sottolinea – che in alcune indagini è emersa chiaramente la disponibilità per la ‘ndrangheta di operare con le criptovalute».
Bombardieri, spiega, poi, che le misure di prevenzione sono al centro dell’attività della Procura. «Sono strumenti fondamentali per indebolire le cosche. In particolare – evidenzia il procuratore della Dda reggina – oltre alle richieste di natura oblatoria, grande attenzione è stata rivolta ai nuovi strumenti di controllo previsti dagli artt. 34 e 34 bis D.Lgvo 159\2011, considerata la diffusione sul territorio di imprese che, pur non direttamente coinvolte nella realizzazione dei fini illeciti delle organizzazioni criminali, ne subiscono comunque il condizionamento. Per la rimozione di queste situazioni di fatto – dice – è stato ritenuto prioritario un intervento graduale mediante la richiesta al Tribunale dell’adozione di provvedimenti temporanei di spossessamento gestionale e di controllo giudiziario finalizzati a realizzare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate».
All’Agi Bombardieri spiega anche che «non bisogna criminalizzare il porto di Gioia Tauro». «La preoccupazione del mio ufficio – spiega – è sempre stata quella di non “criminalizzare” il porto di Gioia Tauro; di non far apparire il Porto stesso legato esclusivamente ai traffici internazionali di stupefacente. Il porto è una grande realtà economica che può rappresentare effettivamente il volano per l’economia legale di tutto il territorio, che proprio di queste occasioni di lavoro ha bisogno. E di questo è consapevole – sottolinea – la stessa società concessionaria che opera nel porto, che proprio in questa ottica di affermazione della legalità si è posta anche nei rapporti dei suoi vertici con l’autorità giudiziaria».
Per Giovanni Bombardieri, «non bisogna però nascondere che storicamente il porto ha costituito una porta di ingresso degli stupefacenti in Italia ed in Europa. Sin dalla sua realizzazione – sostiene – le ingerenze delle cosche di ‘ndrangheta dell’Area Tirrenica reggina sono state forti ed inquinanti, basti pensare a quanto processualmente accertato in passato. Oggi gli stringenti controlli messi a punto dalla Polizia Giudiziaria e dalla Agenzia delle Dogane con il coordinamento della nostra Direzione Distrettuale Antimafia – prosegue – hanno consentito e consentono sempre più di intercettare grosse spedizioni di stupefacente (per tonnellate e tonnellate) che dal Sud America passano per il Porto di Gioia Tauro, tanto, in alcuni casi da spingere le stesse cosche a preferire porti diversi per le loro illecite attività. Tutto ciò, è anche frutto della fiducia che la Dda di Reggio Calabria ha saputo creare, specie negli ultimi anni, intorno a sé, che la rende protagonista di continui e sistematici coordinamenti e collegamenti con le autorità giudiziarie e di polizia giudiziaria nazionali ed estere, per un nuovo metodo di lavoro che proprio nel collegamento e nel coordinamento delle indagini di diversi Uffici fonda la sua efficacia».
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