ROMA Nella settimana dal 30 marzo al 5 aprile, 38 Province registrano un incremento percentuale di nuovi casi di Covid-19 rispetto alla settimana precedente e 69 una diminuzione. Mentre, nello stesso arco di tempo, scendono da 34 a 21 le Province con incidenza superiore a 1.000 casi per 100.000 abitanti, valore importante per capire la circolazione virale. Lo rileva il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe. Le 21 Province con incidenza superiore a 1.000 casi per 100.000 abitanti sono: Avellino (1.374), Lecce (1.342), Messina (1.256), Teramo (1.250), Bari (1.200), Ascoli Piceno (1.174),
Potenza (1.166), Brindisi (1.145), Benevento (1.130), Perugia (1.115), Reggio Calabria (1.104), Chieti (1.084), Vibo Valentia (1.083), Fermo (1.080), Padova (1.069), Frosinone (1.057), Ancona (1.048), Crotone (1.040), Latina (1.031), Rieti (1.031) e Taranto (1.018).
Si è verificata una lieve diminuzione dei nuovi casi di Covid-19: sono stati 469.479, ovvero -6,9% rispetto ai 504.487 della settimana precedente. Un calo andato di pari passo con quello dei tamponi (-4,7%). Mentre i decessi tornano sopra quota mille, passando da 953 a 1.049, con un aumento del 10,1%. Lo rileva il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe. I tamponi effettuati, sia molecolari che antigenici, sono calati da 3,32 milioni della settimana 23-29 marzo a 3,16 milioni della settimana 30 marzo-5 aprile mentre la media del tasso di positività ai tamponi rimane intorno al 13%.
«Dopo la stabilizzazione della scorsa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – i nuovi casi settimanali si attestano a quota 469 mila, con una riduzione del 6,9% e una media giornaliera intorno ai 68 mila casi. Rimane tuttavia molto difficile fare previsioni, sia per l’eterogeneità delle situazioni regionali, sia perché in alcune grandi Regioni del Nord iniziano ad intravedersi segnali di risalita». Nella settimana 30 marzo-5 aprile si rileva, infatti, un incremento percentuale dei nuovi casi in 4 Regioni (dal +1,3% del Veneto al +10,4% dell’Emilia-Romagna) e un decremento in 17 (dal -1,3% della Lombardia al -18,2% dell’Umbria). Dopo la stabilizzazione della scorsa settimana torna a crescere il numero dei decessi: 1.049 negli ultimi 7 giorni (di cui 104 riferiti a periodi precedenti), con una media di 150 al giorno rispetto ai 136 della settimana precedente. «Il numero dei decessi che non accenna a scendere – sottolinea Cartabellotta – merita una particolare attenzione: infatti, accanto a fattori epidemiologici non modificabili (età avanzata, comorbidità), esistono determinanti legate al calo dell’efficacia vaccinale sulla malattia grave e al sottoutilizzo dei farmaci antivirali su cui, invece, è possibile intervenire».
Continua ad aumentare, seppure solo del 5,2% e in misura minore rispetto alla scorsa settimana, il numero dei pazienti Covid ricoverati nei reparti ospedalieri, mentre tornano a scendere quelli in terapia intensiva, che vedono un -3,3%. Lo rileva il nuovo monitoraggio Gimbe, che sottolinea come sia «mutato negli ultimi 6 mesi, il quadro degli ospedalizzati, con un incremento dei ricoverati con sintomi a cui non corrisponde un aumento di ricoveri in intensiva”. Dal 30 marzo al 5 aprile, i ricoverati con sintomi sono stati 10.246 rispetto ai 9.740 (+506), mentre i pazienti in terapia intensiva sono scesi da 487 a 471 (-16).
Importante rilevare – commenta Nino Cartabellotta, presidente Fondazione – che il quadro dei pazienti ospedalizzati è notevolmente mutato negli ultimi 6 mesi, sia per effetto delle coperture vaccinali e relativi booster, sia per la progressiva sostituzione della variante
delta con quella omicron, più contagiosa, ma meno severa». In particolare, se a fine ottobre veniva ricoverato il 3,22% degli attualmente positivi in area medica e lo 0,47% in terapia intensiva, oggi queste percentuali sono crollate rispettivamente allo 0,78% ed allo 0,04%. Inoltre, prosegue, «se il recente rialzo dei casi ha determinato in tre settimane un incremento di oltre 2.000 posti letto in area medica, in area critica al momento si osserva un plateau. Questo dimostra che si è ridotto in maniera rilevante il numero di pazienti Covid-19 ospedalizzati per polmonite severa che richiedono un ricovero in terapia intensiva – conclude – mentre vengono ospedalizzati soprattutto anziani con patologie multiple che possono essere assistiti nei reparti ordinari».
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