CATANZARO Attestavano patologie in realtà mai sofferte attraverso falsi certificati di malattia che permettevano, così, di conseguire un ingiusto profitto ai danni dell’Asp di Catanzaro. La Procura di Catanzaro ha chiuso le indagini dell’inchieste denominata “Molière”, condotta dalla Guardia di finanza, nei confronti di 38 camici bianchi (sanitari, medici di base e Guardie mediche) accusati, a vario titolo, dei reati di truffa e falso commessi da pubblici ufficiali e in concorso tra loro.
Sono quattro i nomi che sono stati stralciati nella chiusura indagini: Paolo Canino, Maria Grillone, Francesco Lupia e Antonio Mario Putortì. La Procura di Catanzaro ha notificato la chiusura delle indagini a Adele Antonini; Aristide Anfosso; Antonia Arabia; Caterina Biamonte; Elisabetta Burdino; Rosetta Caristo; Grazia Polsia Caserta; Eliseo Ciccone; Maria Giovanna Costanzo; Alessandro De Rosi; Michele Di Cello; Giuseppe Foderaro; Maria Rita Foresta; Pasqualina Gargiulo; Teresa Grillo; Marcello Costantino Laface; Vincenzo Lentini; Anna Leuzzi; Emilio Leuzzi; Lucia Antonia Lucano; Emma Loiero; Francesco Mazza; Rosina Palermo; Giuseppe Parentela; Luigi Puccio; Francesco Romano; Antonio Sacco; Vincenzo Sacco; Antonio Scerra; Antonio Scuteri; Antonio Severini; Antonino Simio; Samuel Staglianò; Angela Stranieri; Domenico Alberto Tavano; Teresa Tropea; Vittorio Ventura; Bruno Giuseppe Viscomi.
Per gli inquirenti gli indagati agivano per “ritorsione” nei confronti della Commissione prefettizia alla guida dell’Aziende sanitaria provinciale del capoluogo, in seguito al taglio sull’indennità aggiuntiva ai medici del Suem 118 e, in particolare, del decreto con cui veniva sospesa l’erogazione e richiesto il rimborso con trattenuta sullo stipendio dell’indennità aggiuntiva percepita nei periodi di festività e ferie. Ma non solo.
Alcuni sanitari hanno invece deliberatamente deciso di assentarsi dal lavoro per il timore di contrarre il virus Covid-19, ovvero di trasmetterlo ai propri congiunti, sottraendosi così ai propri doveri nel primo periodo di massima diffusione della pandemia. Taluni dei medici indebitamente assentatisi dal lavoro hanno continuato ad esercitare l’attività professionale privata. (redazione@corrierecal.it)
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